Non basterà cantare come Michael Jackson nella Algeri dei barbuti di Silvia Ballestra
Non basterà cantare come Michael Jackson nella Algeri dei barbuti Non basterà cantare come Michael Jackson nella Algeri dei barbuti Marco Aime SI chiamerebbe Méziane, Moussa Massy, cantante emergente di un' Algeri trendy. Méziane appunto, ma "dove vuoi andare con un nome così?". E allora cambia il suo nome in Moussa Massy, sperando che sui poster dei suoi futuri concerti diventi solo Massy, la stella di Algeri. Quella bianca Algeri dei primi Anni Novanta, dove la musica va forte e i cantanti celebri diventano star. Lui viene dalla Cabilia, da quelle montagne che sempre si oppongono al dominio arabo, è berbero, ma non gli importa di cantare la musica tradizionale. A Moussa piace Michael Jackson, si ispira a Prince, roba americana, vuole sfondare, uscire da Mer et Soleil, il quartiere slabbrato in cui abita, da quella realtà familiare di "quattordici persone in tre stanze". Aziz Chouaki oltre a essere uno scrittore è anche un musicista jazz ed è una scrittura nervosa quella con cui ci racconta le giornate di Moussa, spezzettata, ricca di spostamenti repentini di persona. Un ritmo da rapper che stride con le immagini che Moussa incontra quando esce di casa. Scene quasi immobili, di giovani immobili, di barbe e di tuniche che bazzicano sempre più spesso attorno alle moschee e che passano le giornate appoggiati al muro in attesa di un lavoro. Un muro che è il totem del quartiere: "viva il Fis, abbasso il Fin, Sassia ti amo. Allah, viva Mouloudia, morte ai cabili, Barcelona mon amour". Moussa li sfiora, non ama quel fervore islamico, ma non vuole nemmeno pensarci troppo: lui è lanciato verso una fulgida camera musicale che lo porta a esibirsi al Triangle, il locale più trendy della capitale. "Moussa guarda la gente, tuniche, barbe, bandierine del Fis, versetti del Corano. Non sanno neanche godersi il mare, oh dovrebbero vivere nel deserto, le oasi e tutto il resto, come i beduini. E' così, bisognerebbe dargli il deserto, perfetto per loro, che ci facciano il loro cazzo di stato islamico e ci lascino in pace". Così Moussa, marcato a vista da quei barbuti per i suoi abiti vistosi, il suo gel nei capelli, i suoi profumi griffati. Algeri è in un momento di transizione, ma non lo sa. E' una città vivace, i giovani della società bene si atteggiano a occidentali, locali, piscine, bar, vino, liquori, spiagge assolate. Affacciata dal lato Sud del Mediterraneo Algeri si specchia in quell'Europa che le sta di fronte, esalta la sua vocazione occidentale. Dimentica di essere capitale di un paese che ha i piedi piantati nelle sabbie sahariane del Sud. Ogni specchio ha un suo retro, quello, per esempio, dei matrimoni combinati. E' così che per Fatiha, la ragazza amata da Moussa, i genitori hanno pensato a un cugino, ingegnere, più affidabile di un cantante come genero. Crisi nera di Moussa, che impreca contro un mondo da cui vorrebbe uscire. Fuori da Algeri soffia il vento della berberità, la rivendicazione dei discendenti di quelle genti che erano lì prima dell'arrivo degli arabi islamici. Un dibattito mai sopito. Moussa rischia di diventare un'icona cabila, berbera, senza averlo scelto. Gli piace sentirsi parte di un movimento di idee, ascoltare le discussioni degli intellettuali, anche se non le capisce fino in fondo. A lui interessa la musica, per emanciparsi, per uscire da quel quartiere, per assicurare a lui, ai fratelli, alle sorelline un'abitazione e un futuro migliore. Ma non sono le aspirazioni berbere a mettere in crisi Algeri e l'Algeria di Moussa. E' la vittoria elettorale del partito islamico Fis, la sua successiva esclu- sione da parte del governo che spingerà il paese in un baratro di violenza e fanatismo. Un romanzo che, con il suo ritmo incalzante, diventa un spaccato pulsante di una città e di una" ■ gioventù a cui i fallimenti delle politiche governative hanno tolto j tutte le belle speranze del post-indipendenza spingendoli tra le braccia degli integralisti. Globale e locale si intrecciano continuamente in questo racconto che infilza il protagonista con i fatti della storia recente, tragica, di un paese che dopo aver duramente lottato per liberarsi dai francesi si è ritrovato a vivereuna guerra civile tra integralisti del Fis che, dopo aver vinto le elezioni, si sono visti mettere fuori da un governo che ha precipitato l'Algeria in una crisi economica gravissima. L'integralismo ha vinto non solo perché si è presentato come ultimo rifugio dei diseredati, ma anche perché sottovalutato dagli altri, che non sono andati a votare imiiiaginando che non avrebbero mai potuto vincere le barbe, le tuniche... Nemmeno Moussa ha votato "convinto che le elezioni sarebbero state truccate come sempre, 99,990Zo per il Fin, la leggendaria "Continuità nel cambiamento"". E invece vittoria totale, in tutto il paese, anche in Cabilia. Le piazze sono invase da manifestanti che inneggiano ad Allah. Mousse si fa prendere per un istante dall'ansia dì cosa accadrà, poi toma in camera: "guarda il poster di Michael Jackson e il suo, uno accanto all'altro, calmarsi, sì, che se ne vadano al diavolo, sbattersi, sbattersi, resistere, la musica". Non basterà. Aziz Chouaki, jazzista e scrittore, guarda con gli occhi di un giovane musicista berbero la difficile transizione del suo paese, stretto fra integralismo islamico e seduzioni occidentali Aziz Chouaki La stella di Algeri trad. di Silvia Ballestra Edizioni e/o, pp. 181, E 14,50 ROMANZO
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