Tutto l'Iraq in fiamme, uccisi venti americani di Paolo Mastrolilli

Tutto l'Iraq in fiamme, uccisi venti americani UNA BATTAGLIA INTORNO ALLA MOSCHEA DI ALI PER CATTURARE AL SADR SCATENEREBBE L'INSURREZIONE Tutto l'Iraq in fiamme, uccisi venti americani Morti almeno 100 iracheni. L'imam ribelle si rifugia a Najaf : «Pronto al martirio» Paolo Mastrolilli NEW YORK Si combatte in tutto l'Iraq, con morti e feriti tanto nelle zone sciite quanto in quelle sunnite. La rivolta contro l'occupazione sta incendiando l'intero Paese, anche se il governatore americano Bremer dice che (da situazione è sotto controllo» e i militari garantiscono di mettere presto le mani sul leader religioso ribelle Muqtada al-Sadr. La battagha più sanguinosa di ieri è quella avvenuta a Ramadi, nel ((triangolo sunnita». Qui la guerriglia ha teso un agguato ai marines che facevano la guardia al palazzo governativo. In questo attacco sono morti almeno dodici militari americani. Secondo una fonte del Pentagono, citata da Sky News e non confermata, i morti americani sarebbero stati addirittura 130. Altri scontri sono avvenuti nella stessa zona, a Falljua. Dopo aver circondato la città, ieri mattina le truppe americane sono entrate nelle strade per l'operazione «Vigilant Resolve», che ha lo scopo di colpire i responsabili del linciaggio di quattro civili avvenuto la settimana scorsa e ristabilire il controllo Usa. Il capo del Pentagono Rumsfeld ha detto che «possediamo le foto di molti criminah, e abbiamo cominciato a fare degli arresti». Ma la guerriglia sunnita, probabilmente legata al vecchio regime di Saddam, ha reagito. Almeno cinque marines sono stati uccisi tra lunedì sera e ieri nella provincia di Al Anbar, dove si trovano sia Falluja, sia Ramadi. Le perdite irachene invece non sono note, ma testimoni locali parlano di almeno 100 vittime, tra le quali donne e bambini. L'operazione è ancora in corso e in serata, dopo aver riaffermato il loro controllo su parte della città, le truppe americane si sono ritirate nella periferia. Sul fronte sciita, invece, gli scontri più letali sono avvenuti ancora a Baghdad, nei quartieri in cui domenica era cominciata la rivolta fomentata da Al Sadr. Qui almeno tre soldati americani hanno perso la vita, anche se il Pentagono non ha potuto confermare la matrice degli aggressori. Gh sciiti, oltre ad attaccare gh itahani a Nassiriya, hanno combattuto anche a Kut, nella zona orientale del Paese, dove hanno assalito un convogho ucraino uccidendo un soldato e ferendone cinque. Altri scontri con le truppe britanniche sono avvenuti tra le città di Passera, Samawa e Amara, nel Sud del Paese, dove Londra ha contato 12 iracheni uccisi nelle ultime 48 ore. Circa 500 soldati giapponesi che ricostruivano le strade vicino a Samawa sono stati costretti a rinchiudersi nel loro campo, mentre anche la Coahtion Provisionai Authority americana ha ordinato ai suoi dipendenti di restare nella sede fortificata di Baghdad. Al Sadr ieri ha lasciato la moschea di Kufa, dove si era rifugiato, ed è tornato nella città sacra di Najaf. «Io - ha dichiarato - ho preso l'impegno a non consentire che venga vernata una sola goccia di sangue, eccetto il mio. Temevo che la santità di una moschea gloriosa e stimata fosse violata dalla feccia dei maligni. Gh americani non avrebbero rimorsi a condurre simili azioni. Io, invece, sono pronto a versare il mio sangue per ciò che mi è sacro». Quindi il giovane religioso, che ha 30 anni e un mandato di cattura sul capo, ha sfidato gli americani emettendo due condizioni per fermare la rivolta: primo, le. truppe devono ritirarsi dai centri abitati; secondo, devono liberare tutti i prigionieri. Il Pentagono deve decidere come agire e quando cercare di arrestarlo. «Se ciò accadesse - ha detto il portavoce di Al Sadr, Qays al-Khaz'ali - il maestro otterrebbe il martirio. Ha già detto di credere che il suo destino sia l'assassinio o l'arresto». Lo spostamento a Najaf ha stupito gh analisti, perché quella città è dominata dall'ayatollah Al Sistani, religioso più moderato e rivale del padre di Al Sadr. Finora Sistani, pur invitando la popolazione alla calma, non ha condannato il comportamento di Muqtada, e alcuni osservatori temono che l'Iran li stia manovrando entrambi per mettere in difficoltà Washington. Al Sadr ha una milizia di almeno 12.000 uomini, di cui 3000 fedelissimi infiltrati da Teheran. Ieri avrebbero preso il controllo dei punti chiave di Najaf, e l'ufficio di Muqtada si trova a pochi metri dalla moschea dell'Imam Ah, imo dei luoghi più sacn per gh scuti in Iraq. Andarlo a prendere laggiù potrebbe scatenare la reazione della maggioranza etnica del Paese, trasformando Al Sadr in un martire o nel nuovo leader politico. Gh americani sono convinti che la maggior parte degh scuti non sia con lui, ma devono trovare la maniera di arrivare a una resa dei conti che non cambi l'equazione del potere nella comunità locale a loro sfavore. Il governatore Paul Bremer ieri ha detto: «L'Iraq è sotto il nostro controllo, nonostante l'apparente caos. Abbiamo problemi, non c'è modo di nasconderlo. Ma il Paese resta sulla strada giusta per realizzare il tipo di Iraq che la gente e gh americani vogliono, cioè un Iraq democratico. La data per il passaggio dei poteri resta il 30 giugno». Quindi Bremer, che ha rimandato un viaggio a Washington per gestire la crisi, ha rigettato i paragoni col Vietnam fatti dal senatore Ken- nedy: «E' un confronto totalmente inappropriato. Le due situazioni non hanno nulla in comune». Gh americani considerano Al Sadr un problema isolato nella comunità senta e pensano di poter riportare la calma eliminandolo. Ma per evitare ricadute potrebbero avere bisogno di più truppe. In realtà il numero dei soldati Usa in Iraq è già risalito a 135.000, perché il rientro di 24.000 uomini è stato sospeso. Il gen. Abizaid sta studiando i piani per i rinforzi e ieri Rumsfeld ha detto di essere pronto ad accoghere le sue richieste. Un miliziano dell'imam Muqtada Sadr spara contro i marines durante i combattimenti a Falluja, dove gli americani sono entrati per catturare gli autori del linciaggio della scorsa settimana