No dei Ds a una fuga «precipitosa» di Fabio Martini

No dei Ds a una fuga «precipitosa» L'OPPOSIZIONE Si DIVIDE ANCORA SULLA MISSIONE «ANTICA BABILONIA». MELANDRI CHIEDE «UNA NUOVA RISOLUZIONE DELLE NAZIONI UNITE» No dei Ds a una fuga «precipitosa» Fassino: il comando torni all'Onu e il governo riferisca subito retroscena Fabio Martini ALLE cinque della sera le bandiere al vento sono tante, le persone pochine. Sul filò delle sanguinosa deriva irachena, da qualche ora il passaparola della sinistra intransigente sta ripetendo: alle 17 «presidio a Montecitorio». Ma all'ora prefissata davanti alle transenne che proteggono la Camera dei deputati, i manifestanti per il «ritiro immediato delle truppe italiane dall'Iraq» si possono contare a vista d'occhio: ci sono cinquantasei persone e quarantuno bandiere. Del Pdci, dei Verdi, di Rifondazione, dei Comitati di base. Nessuno prende il megafono e del Pdci - che ha promosso il sit-in - non c'è neppure il segretario Oliviero Diliberto, trattenuto ad una registrazione di Sky. In compenso c'è l'onnipresente Marco Rizzo che dice la sua davanti ai pochi microfoni: «Stiamo danzando sull'orlo di un vulcano». E Fausto Bertinotti: «Un govemo che ha sostenuto che questa non era un'azione di guerra, adesso dovrebbe davvero dimettersi». Negli stessi minuti, mentre il cartello della sinistra intransigente cerca di animare il sit-it, a pochi passi da lì, dentro il Palazzo, il segretario dei Ds Piero Fassino, debuttando come portavoce della Lista Prodi, interviene in aula e con parole veemeenti chiede che, davanti alla «precipitazione drammatica», il govemo riferisca «in maniera tempestiva, anche in serata» sugli scontri di Nassiriya. E così, davanti all'improvvisa, cruenta svolta della missione italiana in Iraq, l'opposizione non ha perso tempo a dividersi di nuovo. Come per un riflesso condizionato è tomata a spaccarsi in due: da una parte il collaudato cartello pacifista (Rifondazione, Pdci, Verdi, Correntone ds e Cgil) che si è ritrovato unito e compatto sotto la bandiera del «ritiro immediato»; dall'altra la Lista Prodi, attestata su una versione riveduta del lodo Zapatero: ritiro delle truppe italiane entro il 30 giugno se non interviene l'Onu, ma anche una pressante richiesta al govemo italiano di prendere subito l'iniziativa. Persino la Lista Di Pietro-Occhetto, appena nata, si è già divisa. Nel pomeriggio Antonio Di Pietro fa sapere: «Diamo anche noi il termine del 30 giugno come data massima entri cui passare la mano al popolo iracheno sotto la guida dell'Onu». Ma qualche ora più tardi arriva ima dichiarazione di Giuliette Chiesa: «E' urgente che le truppe occupanti siano sostituite, in tempi rapidi. E' urgente dichiarare, senza mezzi termini, che l'Italia ritirerà i propri militari». Un mese fa, in un momento di sincerità, il verde pacifista Paolo Cento aveva ammesso: «Diciamocelo: dopo la marcia della pace del 20 marzo la Lista unitaria ci chiuderà tutti gli spazi...». E invece sull'onda della tragica vicenda irachena e a poche settimane dalle elezioni europee, è ripreso il duello a sinistra. Per domani è stata convocata una riunione del comitato "Fermiamo la guerra" che raccoglie parlamentari del cartello pacifista e non è escluso che siano lanciate nuove mobilitazioni di piazza, stavolta per il ritiro dei soldati italiani. Tanto è vero che in una giornata così drammatica, davanti a notizie ancora frammentarie e con un Iraq sull'orlo della guerra civile, l'opposizione non si è limitata a dividersi: è tornata a scambiarsi accuse. Dice Fabio Mussi, leader del Correntone ds: «Fassino è stato insufficiente. Bisogna darsi una mossa, qui c'è un bagno di sangue e invece si contano solo i morti della coalizione». Dice Tana de Zulueta: «E' inutile, in queste condizioni, come fa Fassino, invocare una svolta radicale». E anche un personaggio misurato come il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, intervendo agli Stati generali dei Ds, non si limita ad esporre la propria posizione, favorevole ad un «ritiro immediato», ma chiede «a Fassino e a D'Alema che i Ds assumano una limpida posizione di govemo, altrimenti si corre il rischio di andare al rimorchio di posizioni altrui». Le accuse sono partite tutte da sinistra contro la Lista unitaria che, grazie anche alle telefonate di Prodi, ha tenuto una unica linea e per il momento si è limitata a tenere la propria posizione, senza contrattaccare. Dice Massimo D'Alema: «Bisogna stringere il govemo perché si assuma fino in fondo le sue responsabilità», mentre un ritiro immediato «sa¬ rebbe una fuga precipitosa, rischiosa e pericolosa». Ma il ds Peppino Caldarola, ex direttore dell'Unità e battitore libero di area dalemiana, corre: «Dobbiamo prendere atto che la situazione sul campo è radicalmente cambiata, le truppe sono impegnate in un'azione di guerra, il tema del ritiro diventa attuale». 'WW? Massimo D'Alema e Piero Fassino durante gli Stati generali dei Democratici di sinistra di ieri

Luoghi citati: Iraq, Italia