Il popolo della pace torna in piazza: via da Baghdad di Antonella Rampino

Il popolo della pace torna in piazza: via da Baghdad Il popolo della pace torna in piazza: via da Baghdad Mussi, Bertinotti, Diliberto e Pecoraro Scanio: la nostra è ormai un'occupazione militare Antonella Rampino ROMA Fausto Bertinotti vedrebbe bene una grande manifestazione per la pace, insomma una nuova convocazione del «movimento del 20 marzo». Anche perché, spiega, «qui siamo di fronte a un dramma: oggi è evidente che l'Italia è in guerra, contro la Costituzione, e con il govemo che ha detto il falso in Parlamento, si è aperta una vera e propria crisi istituzionale». Dall'altro fronte della sinistra, Giovanna Melandri dice che «è caduta la bugia del «peoce keeping, l'illusione che l'Italia non sia nella willing coalition, come Bush ricorda continuamente a Berlusconi, e come Berlusconi quand'è in Italia nega». E ha le idee chiarissime su quel che bisognerebbe fare: «Una nuova risoluzione dell'Onu, visto che gli americani, come ha rivelato l'altroieri il Washington Post, hanno intenzione di usare la 1511 per restare in Iraq fino al 2005. E poi, una volta riportate le Nazioni Unite sul campo, accoghere la proposta del segretario della Lega araba Moussa: non più truppe d'occupazione anglo-americane, ma soldati dei paesi arabi e di quelli europei fuori dalla coalizione di Bush e Blair». In buona sostanza, la proposta di Melandri ricalca quella lanciata da Fabio Mussi, leader della sinistra della Quercia, all'inizio del drammatico sviluppo della rivolta sciita, lunedì mattina, e contenuta in una mozione parlamentare che, dice il vicepresidente della Camera, ((stiamo scrivendo e presenteremo al piùpresto». Bertinotti ieri era in piazza, per il presidio ((via le truppe dall'Iraq» convocato da Rifondazione, dai Comunisti Italiani, dai Verdi. E dalla sinistra diessina. Melandri invece non c'era: ma solo perché quando l'hanno avvisata già si sapeva che Fassino avrebbe posto il problema in Aula, chiesto la parola, cercato di accendere il dibattito. Quando l'apprendono Mussi, Salvi, Polena, Rizzo, lo stesso Bertinotti subito rientrano anche loro a Montecitorio: e il presidio di parlamentari e non di popolo si dissolve. In Transatlantico però si continua a discutere. La sinistra più radicale è per il ritiro dèlie truppe italiane, subito. «Quella è repressione contro un popolo» dicono, da ore, Giovanni Berlinguer, Alfonso Pecoraro Scanio, Oliviero Diliberto, Cesare Salvi. Paolo Cento Vorrebbe che il ministro Martino riferisse «sui nostri soldati; per¬ ché hanno sparato contro donne e bambini?». Solidarietà ai soldati italiani, certo, da parte di tutti. Ma la sinistra della Quercia fa qualcosa in più: «Noi l'avevamo detto, quella missione non è affatto umanitaria, come ci ha raccontato il govemo in Parlamento. Noi avevamo avvertito, ancora 24 ore fa: e se i nostri soldati si trovassero nella condizione di sparare?» si accalora Fabio Mussi. ((Adesso l'ambiguità è caduta», rincalza Pietro Polena, «anche contro quelli di noi che continuavano a ripetere: non possiamo lasciare l'Iraq». Il riferimento è all'ala «dura» della lista unitaria, al nocciolo duro riformista «che si nasconde dietro il lodo Zapatero». Anche se ieri era un dalemiano doc come Caldarola ad ammettere «adesso ha senso chiedere il ritiro dei nostri soldati dall'Iraq», il punto secondo Mussi e Polena è che «il vero lodo Zapatero è che cessi l'occupazione militare, in vista di un passaggio all'Onu della guida della transizione, di un successivo coinvolgimento di forze militari dei paesi arabi e non partecipanti alla guerra». Oltre al ritiro, in caso contrario, delle truppe italiane al 30 giugno. Un'ipotesi che registrerà in tutta probabilità il consenso delle altre componenti della sinistra. «Sono d'accordo: il ritiro degli occupanti, una nuova risoluzione dell'Onu e l'invio di vere truppe di peace keeping provenienti dai paesi arabi è la mia linea sin dall'inizio», dice Oliviero Diliberto. Quello che sarà veramente difficile è che quella mozione venga discussa e votata in Aula nell'immediato. Il govemo infatti ha solo disposto comunicazioni, e oggi ampliando il question time interverrà il ministro Frattini.

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