Un giorno di guerra per gli italiani: dodici feriti di Giuseppe Zaccaria

Un giorno di guerra per gli italiani: dodici feriti LE MILIZIE DELL'IMAM SADR HANNO ATTACCATO I BERSAGLIERI A NASSIRIYA Un giorno di guerra per gli italiani: dodici feriti Negli scontri sono morti quindici iracheni, tra cui una donna e due bambini Giuseppe Zaccaria inviato a NASSIRIYA Alle sette e mezzo di una giornata tesissima, Moqtada Sadr, l'uomo che in Iraq sta aizzando le sue milizie sciite contro gli americani a Baghdad e gli italiani a Nassiriya, stava progettando di andarsi a rifugiare nella moschea di Najaf. È da lì che, più tardi, avrebbe girato l'ok ai suoi uomini in rivolta a Nassiriya: va bene il cessate il fuoco, «ma per quarantott'ore». Senza «il ritiro delle truppe straniere dalle zone urbane, la fine delle operazioni militari, il rilascio di diecimila detenuti, la situazione continuerà così o peggiorerà». «Allah-u-akbar» intonavano a quell'ora i fedeli nella placida preghiera della sera. Ma chi arriva qui a Nassiriya, dopo la caduta del dittatore Saddam, .avverte subito che la giornata di ieri tutto è stata meno che placida. Alla fine restavano sul campo quindici iracheni e un autista bùlgaro vittiiìfe di un altro agguato alla periferia della città. Dodici bersaglieri italiani sono stati feriti negli scontri violentissimi del primo mattino, a tarda sera si trovavano nell'ospedale da campo della Brigata, a «Camp Mittica», a una ventina di minuti dalla città. La notizia buona, dice il colonnello Giovanni Cavallo, è che «le loro condizioni sono in progressivo miglioramento». Quella cattiva era l'interrogativo sulla tenuta di una tregua perla quale il contingente italiano ha lavorato usando fino a quando è stato possibile le armi della dissuasione e del controllo del territorio. A metà pomeriggio gli uomini di Sadr avevano annunciato un primo cessate il fuoco di due ore: più che una proposta di mediazione, un tentativo di ricatto. «Vogliamo dare agli itahani il tempo di andar via», aveva spiegato il portavoce del leader sciita. Nel frattempo uno dei guerriglieri del Mahdi, la milizia di Sadr, a non più di tre chilometri dal quartier generale italiano informava minaccioso: «Abbiamo rapito due operatori umanitari sudcoreani e non li rilasceremo fino a quando le truppe italiane non se ne saranno andate». I due volontari sudcoreani sono stati rilasciati subito, ma tutti gli eventi concitati accaduti all'alba ammoniscono che quella non era un'offerta di dialogo, era una minaccia a militari delle forze della Coalizione. Come si è arrivati allo scontro, certo il più grave dopo l'attentato al contingente italiano del 12 novembre? Un iracheno che vive a meno di un chilometro da uno dei tre ponti sull'Eufrate per il quale s'è scatenata la rivolta sciita, racconta di aver visto la sera dell'altro ieri gli uomini di Sadr prendere possesso dell'imboccatura del ponte. Con loro c'erano anche dorme e bambini. L'uomo è andato a dormire ma s'è svegliato presto: erano passate da poco le due quando dice di aver sentito dei colpi di pistola o di fucile, poi «armi più pesanti», nella direzione del ponte. In città, ammettono anche fonti irachene, «c'erano ancora gruppi che non avevano aderito all'invito di lasciare liberi i ponti». Il nocciolo della rivolta sciita s'era asserragliato lì. E da lì ha cominciato a sparare. Gli italiani? «Hanno risposto solo», informa il generale Chiarini. L'«esercito» di Moqtada al Sadr, il giovane al quale la gente di questa città già attribuisce il titolo di marja (cioè di autorità cui è «obbligatorio» obbedire), dispone di una pericolosa potenza di fuoco in queste zone. Ieri i miliziani sciiti hanno utilizzato lanciagranate e mortai da 60 e 80 mm, ma anche altre armi: donne e bambini come scudi (alla fine tra i morti iracheni ci sono due bambini e una dopna). Poi, ,ppcp. dopo lo scontro per i ponti, hanno attaccato la sede della Cpa, l'Autorità provvisoria della Coalizione. Uifassalto rèspin- ' to grazie alla difesa dei bersaglieri. La gente di qui resta perplessa, molti non simpatizzano con i miliziani ma hanno paura. Nessuno si fida di nessuno e la via dei colloqui, l'unica per uscire dal vicolo cieco, è stata trovata a fatica. Il generale Chiarini e Barbara Contini, la governatrice italiana di Nassiriya, hanno trattato a lungo con i leader religiosi locali, compreso lo sceicco Aus Al-Kharfaji, rappresentante del movimento di Sadr a Nassiriya, per metter fine alle ostilità e consentire alla popolazione di disarmare i rivoltosi. Alla fine ce l'hanno fatta, ma nessuno ha fretta di sperimentare quanto solida sia questa tregua di quarantott'ore. Un bersagliere del contingente impegnato nei duri scontri a Nassiriya

Luoghi citati: Baghdad, Iraq