ORA SERVE UNA NUOVA STRATEGIA di Gian Enrico Rusconi
ORA SERVE UNA NUOVA STRATEGIA ORA SERVE UNA NUOVA STRATEGIA Gian Enrico Rusconi L' IRAQ sta andando fuori controllo militare e politico. E' in piena guerra intema. Questo cambia drasticamente le ragioni della presenza dei soldati italiani ovvero del loro rientro. Non siamo davanti a tentativi di bloccare la «transizione democratica» da parte di gruppi violenti e terroristi da combattere e isolare - come dicono i portavoce americani. La rivolta sciita smentisce la latenza di una società civile e politica che, sia pure faticosamente, si appresta ad accettare, se non a gestire, la transizione democratica. Al contrario si fa sempre più concreta l'ipotesi di una guerra interna che ha come obiettivo la cacciata di tutti gli stranieri e l'annientamento dei «collaborazionisti». Tali infatti sono considerati gli iracheni ben disposti verso il nuovo ordine democratico, sostenuto anche dall'Onu. Lotta intema tra etnie religiose e guerra agli occupanti si intrecciano e si rafforzano reciprocamente, spiazzando tutti gli occidentali. Questo intreccio mette in pericolo coloro che si dichiarano pronti a partecipare alla gestione di un «dopo-guerra» in funzione pacificatrice. Ma non risparmia neppure i pacifisti che vorrebbero sostituire le truppe armate con uomini e donne in missione puramente umanitaria sotto la bandiera dell'Onu. Infatti il messaggio che viene dalla rivolta sciita e dalle contrapposte fazioni armate irachene è: «Stranieri andatevene, lasciateci fare i conti da soli secondo le nostre regole. Anche con il sangue». E il corollario è: «Non abbiamo bisogno dell'Onu». A questo punto è inutile ripetere le accuse all'America di Bush che ha portato a questa situazione. Chiediamoci che cosa può fare chi da noi dopo avere invano messo in guardia dalle conseguenze dell'intervento armato - non chiede l'immediato e incondizionato ritomo a casa dei nostri soldati, ma esige un'autentica soluzione politica. A questo proposito, rispetto al dibattito di alcune settimane fa, c'è stato il profondo coinvolgimento solidale dell' Europa con la Spagna ferita dagli attentati di Madrid. Ma paradossalmente proprio quel rinnovato impegno comune per la lotta al terrorismo ha acuito alcuni interrogativi sull'Iraq. Qual è il rapporto tra la violenza in quel Paese (che usa anche forme terroristiche) e il terrorismo intemazionale puro e semplice? Qual è il nesso tra Nassiriya e Madrid? E' penoso fare queste domande, ma è necessario quando si sente ripetere che siamo in Iraq per combattere il terrorismo, mentre il problema principale è diventato l'ordine pubblico e civile. E' dalla sua degenerazione che nasce anche il terrore. Il governo italiano è paralizzato su posizioni che ha assunto in circostanze differenti posizioni che non sono più adeguate ai nuovi sviluppi. L'opposizione del centro-sinistra si è data l'appuntamento del 30 giugno (inizio della fase di autogoverno iracheno) per ripensare la sua linea. Ma quanto sta accadendo le impone una seria rielaborazione di proposte e strategie, articolate a livello politico e militare, che comprèndano sia l'Onu che l'Europa. Lo sta facendo o si prepara a deresponsabilizzarsi a fronte di una situazione diventata insostenibile?
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