E James Bond disse: «Agitato, non mescolato» di Gigi Mattana

E James Bond disse: «Agitato, non mescolato» RILEGGIAMO I LIBRI DI IAN FLEMING PER SCOPRIRE I GUSTI A TAVOLA E AL BAR DELL'AGENTE SEGRETO PIÙ' FAMOSO DEL MONDO E James Bond disse: «Agitato, non mescolato» Gigi Mattana Se vi chiedono quali sono in assoluto i dieci migliori libri del mondo e assegnate la decima posizione a «Il rosso e il nero» di Stendhal, è abbastanza peregrino pensare che al nono posto vogliate piazzare «007 daUai Russia con amore» di lan Fleming. Eppure questa scelta del neopresidente statunitense John Kennedy pùbblicata su «life» contribuì oltremodo alla fama dell'agente segreto inglese che letterariamente era nato nove anni prima, nel 1952, a Oracabessa, in Giamaica. Mora il suo creatore fissò sulla vecchia macchina per scrivere Imperiai il primo abbozzo di 007 in «Casino Royale». Anni e anni di quasi anonimato (campava però benissimo anche senza diritti d'autore); poi l'incontro con i Kennedy cambiò tutto, anche se un infarto felicemente superato rischiò di por fine alla carriera di lan Lancaster Fleming. Classe 1908, ricchissimo di nascita, studente mediocre, amante delle donne, dello sci, del gioco d'azzardo, del cibo e degh alcolici, Fleming smaniava perché quella sua creatura (complici anni di attivo giornalismo all'estero e di impegno nei servizi segreti) conquistasse la fama mondiale. Sapeva di essere nel giusto, ma ci riuscì essenzialmente grazie al cinema perché quando nel 1964 un secondo fatale infarto lo portò via, Bond volava nell'universo sulle ah della gloria. Bello, fedele alla regina, scanzonato e al contempo graniticamente serio, la notorietà mondiale di 007 è dovuta a un malloppo di film con vari interpreti in cui oltre ad amorazzi, scazzottate, salvataggi del Mondo Libero, Bond beve tanto champagne (nelle ultime pellicole Bollinger) e Martini e mangia poco. Fleming l'aveva concepito in altro modo, quindi rileggiamo i libri per scoprire, in maniera non certo esaustiva, i gusti veri di un agente segreto inimitabile. A tavola e al bar con lui. In «Licenza di uccidere», il primo film che uscì in Italia e creò il mito dell'agente segreto e di Sean Connery, Bond pensa più all'azione che alla tavola. In Giamaica, in un modesto ristorantino sulla spiaggia, insieme con il fido Quarrel, 007 si accontenta di gin and tonic con limone, aragosta alla griglia, bistecca e insalata. Prigioniero del Dottor No, in quel¬ la che dovrebbe essere la sua ultima cena, ordina per sé caviale, cotolette di agnello alla griglia, insalata e ostriche (complimenti al guazzabuglio!) e per Honey (ricordate la superlativa Ursula Andress sbucare dal mare con il bikini bianco) melone, pollo arrosto e gelato di vaniglia con cioccolato caldo. Ma prima di cena, mentre continua a tenere Honey a stecchetto con Coca-Cola, si esibisce: «Vorrei mezza vodka e mezzo Martini dry, con una scorza di limone. Agitato, non mescolato». «Casino Royale», pubblicato nel 1953, fu il primo libro di Fleming. E' splendido, ma in Italia pochi lo conoscono perché il film che ne è stato tratto era una sorta di (divertente) parodia. Qui James veramente non si risparmia. Comincia con il bere un Americano per concedersi poi in camera alcuni bicchieri di whisky (stranissimo, ma non si citano praticamente mai le etichette), pàté di foie gras e aragosta alla maionese. Quando conosce Felix Leiter, agente della Cia, lancia il suo biglietto da visita, il suo slogan più usato e abusato: «Tre dosi di Gordon, una di vodka, mezza di China InUet. Versate nello shaker, agitate con il ghiaccio, poi aggiungete un bel po' di scorza di limone». La prima cena con Vesper deve essere straordinaria, per cui abbondante caviale con crostini per entrambi, poi rognone alla griglia e patate, fragole di bosco con molta panna per la ragazza e un toumedos molto cotto con un fondo di carciofo e mezzo avocado per 007. Che si beve? Bond propone uno champagne Taittinger del 1945, ma il sommelier, pur dicendo che è un vino perfetto, si permette di suggerire il Blanc de Blanc Brut 1943 della stessa marca. «E' incomparabile». E James, preso in castagna, ruffìanamente dice: «Non è molto conosciuto, ma probabilmente è il migliore champagne del mondo». E allora perché non l'avevi ordinato tu? Per non smentirsi al night club accompagna le uova al prosciutto con una bottiglia di Veuve Clicquot. «Erano le otto quando M., seguito da Bond, varcò le soglie dell'alta porta...». Siamo al massimo della gourmanderìe bondiana, quella cena al Blades insieme con M (un serio M, non quello/a dei film attuali, la pur brava attrice JudyDench, Oscar per «Shakespeare in love» che si spupazza whisky in quantità ), un capolavo- ro dello sbafamento fleminghiano, anche se collocato in un hbro, «Il grande slam della morte» piuttosto noiosetto e, caso credo unico per 007, con un po' di vogha di sesso ma non estrinsecata. Al club Blades il cameriere Porterfield si sente chiedere da M se c'è ancora caviale. Avutone l'assenso, l'ammiraglio conferma la «comanda» e, «à suivre», rognone ai ferri, una fetta del vostro squisito prosciutto affumicato con contorno di piselli e patate noveUe. Per finire fragole al kirsch. Inutile dire che in Italia nel 2004 una cena simile varrebbe da parte di un serio direttore di sala almeno qualche perplessità sulla sanità mentale del cliente. James ci dà sotto. Dopo il confessato debole per il salmone affumicato, sceghe cotolette d'agnello con pa¬ tate e piselli, poi, visto che si è in maggio (oh meraviglia di 50 anni fa, i cibi che seguono le stagioni) asparagi con salsa béamaise e una fetta di ananas (che non c'azzecca nulla con il menu). Ma M, il golosone, non sa resistere alla tentazione, dopo le fragole, di un bell'ossobuco proposto da Porterfield. Arriva Grimley, il sommelier, ed M propone a Bond di accompagnare il salmone con l'autentica vodka Wolfschimdt di Riga anteguerra (mai sentita, ma certo è una mia manchevolezza). L'ammiraglio, beato lui, si cucca ima mezza bottiglia di «chiaretto», che è in realtà un Mouton Rotschild del 1934 (al di là della loro eccelsa qualità, caro Fleming, non potevi normalmente scegliere vini un po' più giovani?). Bond, «of course». punta sullo champagne, ma pur propendendo per il Taittinger, lascia la scelta al sommelier che suggerisce Dom Perignon del 1946. Tanto? Troppo? Come i grani di pepe nero versati nella vodka e labenzedrina agitata nello champagne per preparare la «mise en place» coniugata a mazzolare a carte queh'mfamone di Hogo Drax. Bello, frizzante, non apprezzato come merita, «Una cascata di diamanti» ci propone uno 007 negh Stati Uniti con il ritrovato Felix Leiter che gh squaderna al tavolo un Martini con scorza di limone. State attenti a Passione! Bond sentenzia che è «il mighor Martini che abbia mai bevuto», ma è fatto con Cresta Bianca, una nuova marca di vermouth californiana. Seguono «Brizzola», tene¬ rissima carne passata allo spiedo, modesto salmone affumicato e (ancora!!!) mezzo avocado. Tiffany Case, una dehe creature più sexy di Fleming, si sbafa con Bond ima beUa quantità di caviale e champagne (ma quali?), mentre alle corse ippiche di Saratoga Bond innaffia una sontuosa bistecca con bourbon (ancora marca sconosciuta) allungato con acqua di sorgente (un parere di chi scrive: l'acqua di Saratoga, bevuta trent'anni dopo il Nostro e in bottighetta è comunque superba). Tutto molto wasp, tutto molto perfetto, ma dopo la vincita al casinò il Principe dei Giocatori con il doppio zero ritira tre banconote da cinquemila dollari e le spedisce a Londra, Regent's Park. Avete mai sentito parlare di un tagho simile? Io no. «Missione Goldfinger» fu il film che fece esplodere la «Bondmania», ma James, pur dotato.dei meravigliosi marchingegni di «Q», a tavola e al bar scivola parecchio. D'accordo che la compagnia con Dupont non paia il massimo, ma bourbon con ghiaccio e martini vodka non sono superlativi prodromi a granchi di scoglio con burro fuso e toast accompagnati da champagne Pommery 1951 rosé servito in coppe d'argento. Credo che Herr Riedel e monsieur Baccarat stiano ancora piangendo. Goldfinger è uno dei personaggi più odiosi inventati da Fleming, ma almeno dà modo al nostro supponente albionico principino di sedersi a tavola «comme il faut». Pasticcio di gamberi e riso accompagnato da Piersporter Goldtroepfchen del 1953 (ah, che meraviglie queste chicche poco conosciute della MoseUa...), poi arrosto di anatra (che vorrà dire, anatra arrosto?) con un Mouton Rotschild del 1947 che, già come M al Blades, anche il supereroe definisce «chiaretto». Poi soufflé di formaggio, un abominio dopo gh altri piatti, e caffè. Spazia per il mondo il nostro 007 in «Solo per i tuoi occhi», libro di racconti di Fleming, alcuni superbi, alcuni modestini. In «Paesaggio e morte», visto che è seduto al Fouquet, Bond si appresta a disquisire sul primo bicchiere della serata. Whisky, gin e vodka non si prestano a un debors francese (d'accordo); un quarto di champagne ne chiede altri, quindi non va; il Pemod va bevuto in compagnia (ma chi lo dice?). Quindi «la meno offensiva di queUe bevande musicali», cioè un Americano: Bitter Campati, Cinzano, una larga fetta di scorza di limone (vistone l'uso Bond non sarebbe mai stato a rischio di scorbuto) e acqua Perrier. Nel racconto «Rischio» quel gran marpione di Fleming parla addirittura del Caso Montasi e di sue possìbili implicazioni intemazionali. Bond è in Italia e dopo aver fatto un esordio romano con un Negroni («Ma con il Gordon's, per piacere»), cena con il signor Kristatos che gli propone tagliatelle con il pesto («Inverosimile miscuglio di basilico, aglio e pinoli»; ma c'è anche qualcos'altro, vero amici genovesi?) mentre l'attesa serve al sovrano degh sciupafemmine a spazzolare un panino coperto di burro giallo («delizioso solo in Italia e Francia», grazie). Peccato che poco più in là una ragazza grassoccia lo trovi molto attraente, anche se con una crudele faccia da spia, mentre un piccolo boss locale si netta la bocca dalla salsa dì pomodoro e rutta vistosamente. Ma siamo in Italia. Ancora un appunto su M. Il capo di Bond pranza come d'abitudine al Blades da solo. Sogliola di Dover alla griglia e una porzione di Stilton superstagionato. E annaffia la frugale colazione con «quell'orribile vino rosso algerino chiamato l'Infuriatore» che, dice Porterfield, non compare sulla carta ma viene tenuto solo per fare un favore al capo dei Servizi. «Operazione tuono» è un gran libro e il film non è da meno, specie nella prima versione dove Sean Connery era affiancato da un superbo Adolfo Celi. Connery ne fece poi un remake inferiore molti anni dopo, ma c'erano Kim Basinger e Barbara Carrara belle da rincretinire. In un pranzo con Domino e quel fetentone di Largo, James ordina Veuve Clicquot rosé e caviale Beluga e finalmente fa un dono all'Italia. Uscito dalla clinica di disintossicazione dove stava per lasciarci la pelle sogna «un bel piatto di tagliatelle italiane con una generosa dose di aglio pestato e un fiasco del più ordinario Chianti». Quando il gioco si fa duro, caviale e champagne sono per educande. Bond pensa in grande. m Sean Connery e Ursula Andress in «007 licenza di uccidere», il primo film della serie che usci in Italia