Toro, un dramma l'ultimo f top di Silvia Garbarino

Toro, un dramma l'ultimo f top DOPO LA RETROCESSIONE PIÙ UMILIANTE. SI PROSPETTA UNA MANCATA PROMOZIONE PER LIMITIOGGETTIVI Toro, un dramma l'ultimo flop Ascoli specchio di un'annata piena di errori Silvia Garbarino TORINO Stagione granata al capolinea. E importa relativamente poco, se non per questioni di mero calcolo aritmetico, che manchino ancora 11 giornate al termine del campionato. La squadra che sabato sera ha raccolto un (inutile) pareggio sul campo dell'Ascoh, formazione onesta della cadetteria ma nulla più, non sembra avere i mezzi necessari per infilare d'ora in avanti successi a raffica, racimolando almeno 25-26 dei 33 i punti che restano sul piatto. O se ciò accadesse sarebbe un'inversione di tendenza clamorosa, in netta antitesi con l'andamento tutto curve palesato sinora. Le possibilità di promozione diventano perciò, razionalmente, minime. A dispetto della distanza ancora ipoteticamente colmabile, 5 lunghezze - che separa il Toro dall'ultima posizione valida per giocarsi l'accesso alla serie A, è la modalità con cui è stato ottenuto il punto contro i marchigiani a chiarire megho di ogni altro episodio precedente che il salto di categoria, al momento, è più un'illusione che una reale chanche. La Rossi band doveva assolutamente vincere per restare in corsa, un concetto chiave lampante a tutti, calciatori e staff tecnico-dirigenziale, autore in estate del progetto di rilancio. Rilancio a 360" ritenuto obbligatorio non solo, come è logico che sia, dalla piazza, già consumata e affiitta dalla peggiore retrocessione della sua storia, ma anche dallo stesso patron Francesco Cimminelli, uomo d'affari prima e (sempre) più che tifoso doc. L'incapacità di saccheggio dei granata fuori dal Delle Alpi è confermata dalle statistiche: due vittorie consecutive in settembre, il 20 a Como e il 23 ad Avellino, e poi stop. Nei sei mesi successivi mai un colpo d'ala, in trasferta. Ascoh doveva rappresentare l'infrazione del tabù, la dimostrazione concreta che il Toro aveva nella testa, ancor più che nel fisico, fiducia in sé e nell'imprescindibile obiettivo stagionale. Ad eccezione del volo d'inizio stagione, 4 vittorie nelle prime 5 partite, nel resto dell'anno i granata, però, hanno spiccato solo piccoli balzi. Anche in casa hanno assommato troppi errori, gh scivoloni con Salernitana (8 ottobre) e Napoli (21 marzo) sono solo i confini entro i quali si sono manifestati i limiti, anche caratteriali, per un Toro che ambiva a stare fra i girasoli della categoria. Prova ne siano i 4 pareggi intemi consecutivi (Triestina, Livorno, Fiorentina, Avellino) fra dicembre e gennaio. Ricorrendo ancora ai puri numeri, se i granata fossero stati una «gioiosa macchina da guerra» al Delle Alpi (23 partite in calendario, 69 punti a disposizione, la promozione la conquista chi sta sopra i 73-74 punti complessivi), di problemi gravi non ne sarebbero emersi. A questo si collega anche il fattore-uomini. La «lana» fornita a Rossi si è rivelata cotone grezzo, difficile da lavorare e da gestire se le mani non sono avvezze. Molti elementi hanno deluso le attese, altri hanno smarrito nel tempo le cpaalità con cui si erano presentati sotto la Mole. Nell'ultimo match sono persino ricomparsi Franco e Osmanovski. Il primo un attaccante che è sempre stato il punto interrogativo per la società che l'ha strapagato e per i tifosi che in questa stagione lo avevano visto in campo 6 volte per 61' complessivi; l'altro un serio professionista, che però meno dì un mese fa sembrava persino avesse firmato la clausola di rescissione di contratto e stesse per ritornare in Svezia. La loro presenza ad Ascoh era legata alle assenze forzate di Finga, Fuser e Fabbrini, ma non è un alibi sufficiente per spiegare la pochezza, tecnica e poi tattica, esibita dai granata al Del Duca ma non solo. Finga, ad esempio, quest'anno ha ricevuto più inviti a «maturare» come uomo che applausi per le sue giocate e Fabbrini non è l'ariete che si era messo in mostra a Modena. Ogni reparto ha però esibito delle magagne, a partire dalla difesa che non ha trovato mal un vero equilibrio. Salvo la crescita personale di Sorrentino e Balzaretti, una certa quadratura è sembrata arrivare da gennaio con il rientro del . «figliol prodigo» Galante, tenuto in disparte per mesi. Incompatibile con un campionato anomalo come quello cadetto lo smorzarsi, collettivo, dell'entusiasmo davanti all'insorgere delle difficoltà. Altre realtà, tipo Messina e Fiorentina, stanno dimostrando che risorgere è possibile se si hanno deUe basi sohde su cui operare. Il Toro, a primavera, le sta ancora cercando. Dopo la buona partenza guai già da ottobre I ripescaggi di Franco e Osmanovski simbolo della disperazione . Spazio per un miracolo ci sarebbe ancora, come insegnano Fiorentina e Messina, ma la squadra sembra non crederci più Un'uscita di Micillo, portiere ascolano nemmeno troppo impegnato sabato sera da un Toro che «doveva» vincere

Persone citate: Balzaretti, Del Duca, Fabbrini, Francesco Cimminelli, Fuser, Galante, Micillo, Rossi, Sorrentino