Il sociologo De Masi: «Non serve, fa calare solo i consumi» di Gigi Padovani
Il sociologo De Masi: «Non serve, fa calare solo i consumi» Il sociologo De Masi: «Non serve, fa calare solo i consumi» intervista Gigi Padovani NON ci sta, Domenico De Masi, sociologo del lavoro e preside della Facoltà di Scienze della comunicazione alla Sapienza di Roma, a condividere il luogo comune che ha spesso identificato l'Italia come il paese della lunghe vacanze, dei ponti e delle baby-pensioni, al quale pare invece credere il presidente del Consigho, quando propone ai connazionah di faticare di più. De Masi, del resto, ha scritto un libro che si intitola Ozio creativo ed è convinto da tempo che oggi - visto che ormai la fatica manuale è eseguita dalle macchine - conti soprattutto essere creativi ed innovativi per produrre di più. Professor De Masi, è d'accordo con Berlusconi? Si lavora troppo poco in Itaha? «Ma no, questa affermazione non è realista perché parte da una visione industriale della nostra economia, nella quale la maggioranza del lavoro sarebbe di tipo ripetitivo e manufatturiero. Oggi la maggior parte del lavoro è di tipo ideativo, come quello che stiamo facendo io e lei. Lo stesso fanno tanti impiegati in una banca: le idee non sono proporzionali alla quantità di tempo che si passa in ufficio». Siamo già in una societàpostindustriale? «Laproduzione rione direttamente proporzionale al tempo, ma alla motivazione, che è cosa diversa». E' un luogo comune che gh itahani lavorino meno degh altri paesi? «I dati statistici non ci dicono questo. Anzi, le ultime, indagini certificano che in Italia'si lavora più che in altre nazioni europee. E poi non sono affatto d'accordo con l'economista Fiorella Padoa Schioppa, che ha recentemente proposto sul Sole 24 Ore di abolire una settimana di ferie per rilanciare l'economia, per.esempio...». Ci vuole un po' di masochismo, per accettare l'ipotesi. «Guardi, il problema non è questo. Sarebbe micidiale anche per l'economia». Perché? «Si ridurrebbero i consumi di una settimana: si spende quando si sta in ferie, non quando si sta in ufficio. Il nostro problema non è di produzione, ripeto, ma di consumi. I supermercati sono pieni di merce che la gente non compra, e non aiuta a vendere inchiodare alla scrivania i lavoratori sette giorni di più. Ma non c'è solo questo». Prego, ci spieghi. «Chiudere tutti in ufficio significherebbe ridure ulteriormente la loro motivazione al lavoro. Non abbiamo arretrati da sbrigare, come le preture o le questure: l'Italia ha il problema di non trovare sbocco per i proprio prodotti». E cosa pensa della proposta di diminuire le tasse? «Capisco che farebbe aumentare l'imprenditorialità, ma nello stesso tempo si ridurrebbero i fondi per la scuola, per la sanità, per i servizi essenziali al paese. Credo che Berlusconi non abbia ben chiaro lo stato in cui versa, ad esempio, l'università italiana. Io sono preside di Scienze della comunicazione a Roma. Abbiamo 15 mila studenti con duecento professori, di cui 133 a contratto che guadagnano duemila euro all'anno». Scusi, all'anno? «Sì, 4 milioni di lire, lorde». Torniamo alla proposta del premier: come mai insiste? «Lui fa quattro lavori, basta per tutti. Guardi, non è da quello che deriva il nostro problema». E sull'età pensionabile che pensa? «Ho un'altra idea. Dopo ì 60 anni ciascuno dovrebbe poter contrattare il momento di pensionamento con il proprio datore di lavoro. Un'età uguale per tutti è falsa. Si dovrebbe lasciare alla soggettitivà: ci sono settantenni completamenti inabili e altri arzilli».
Persone citate: Berlusconi, De Masi, Domenico De Masi, Fiorella Padoa Schioppa, Professor De Masi
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