Il governo: sulle pensioni non si può tornare indietro

Il governo: sulle pensioni non si può tornare indietro CENTRODESTRA DISPOSTO AL DIALOGO, CENTROSINISTRA IN PIAZZA Il governo: sulle pensioni non si può tornare indietro Berlusconi: avevamo dato incarico a Maroni di riconvocare le parti sociali, credo che l'invito arriverà già nei prossimi giorni Il ministro del Welfare: abbiamo accolto r80oZo delle richieste Alessandro Barbera ROMA Massima attenzione alle parti sociali, ma sulle pensioni non sì toma indietro. Mentre in tutta Italia sfilavano i lavoratori chiamati a manifestare più in generale contro la politica economica del governo (il 3 aprile ci sarà ima manifestazione nazionale dei pensionati Cgil, Cisl e Uil), il premier è a Bruxelles per un importante Consiglio europeo. E alla conferenza stampa di chiusura del vertice non mancano le domande sul nuo-i vo sciopero indetto dai sindacati il secondò in cinque mesi - e sul destino della riforma delle pensioni in discussione in Parlamento. «Avevamo dato l'incarico al ministro Maroni di invitare le parti sociali subito dopo lo sciopero, quindi penso che farà questo invito oggi o nei prossimi giorni», ha spiegato Berlusconi. Che però a scanso di equivoci aggiunge: «La I riforma delle pensioni l'abbiamo ' già disegnata, è all'esame del Parlamento e pensiamo di approvarla al più presto». Il presidente chiarisce mundi che la maggioranza non sembra più intenzionata a fare ulteriori modifiche al testo approvato nelle scorse settimane, ma semmai è disponibile ad incontrare le parti sociah per discutente dì crescita e competitività del Paese. Magari prima della manifestazione contro la riforma previdenziale del 3 aprile. D'altnfparte, aveva ribadite inr mattinata il ministro del Welfare dai microfoni di Radio Anch'io, «non si può dire che abbiamo fatto ima riforma': senza ' tener conto-' delle istanze del sindacato. Abbiamo accolto oltre l'SC/o delle loro richieste». Lo dimostra il fatto, ha spiegato il numero due leghista, die il testo è stato «ampiamente modificato» dopo il confronto con le confederazioni e «molti punti sono stati accolti». Maroni li elenca uno per uno: abolizione della decontribuztone, adoZtófie della formula del sDenzio-as^enso per il trasferimento dei trattamenti di fine rapporto nella previdenza integrativa^«che in origirifr era'Obbligatorio»), la modifica del cosiddetto «scalone» che a partire dal 2008' innalza ì requisiti per la pensione di anzianità. E poi, conclude Maroni, lo sciopero «era prima di tutto per lo sviluppo» e «non contro la riforma delle pensioni», a sostegno di una piattaforma «articolata e complessa, in 16 punti, che contiene le richieste delSindacato al govemo. E solo il penultimo è quello sulle pensioni». Anche i leader della maggioranza più attehti al dialogò èon i sindacati ora si dicono in disponibili a ulteriori aperture. Dice il ministro delle Politiche comunitarie Rocco Buttighone: «sulle pensioni non esistono più margini per cambiare posizione. Il govemo ha modificato sensibilmente la sua proposta originaria per tenere conto delle preoccupazioni del sinda¬ cato». "BUttigUone, e'eon lui il ministro dell'Agricoltura Alemanno, confermano invece la loro disponibilità ad aprire un confronto Sui temi dello sviluppo e'dellà" competitività. «Quando U sindacato chiede più scuola e mighore, più ricerca scientifica, più innovazione tecnologica, una politica dei redditi che preservì e migliori il potere di acquisto dei lavoratori, noi dobbiamo essere interlocutori attenti e disponibili», dice il ministro centrista. Aggiunge Aleman¬ no:' «C'è l'urgenza di fai' ripartire il confronto con le parti sociah per costruire una nuova fase di polìtica economica». ■~-^Ee manifestórioìndi piazza di sa, servono per rinserrare le fila. E dunque, se ieri la maggioranza parlava con una sola voce, anche l'opposizione è sembrata più unita del sohto. Dopo le divisioni sulle manifestazioni contro il terrorismo ieri tutti i leader del centro-sinistra hanno sfilato a fianco dei sindacati per chiedere al govemo di cambiare rotta. Pur se con accenti diversi, soprattutto sul tema delle pensioni. Per i Ds sono scesì in piazza Fassino e D'Alema, per la Margherita Franceschini e Letta e poi Bertinotti, Cossutta, Pecoraro Scanio. Le manifestazioni «sono la prova del fallimento della politica economica del govemo», dice Piero Fassino. «H govemo dovrebbe ascoltare questa gente, speriamo lo faccia. Un govemo saggio li ascolterebbe». Il numero uno di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti ricorda che la gente è scesa in piazza contro «l'attacco alle pensioni». «Come si dice qui a Roma, quanno ce vò ce vò». Per Dario Franceschini «il Paese non ce la fa più. Anche la classe media, quella delle famighe con due stipendi, sta scivolando verso la povertà». Pierluigi Castagnetti, che ha sfilato nel corteo di Catania, definisce lo sciopero generale «un alto grido di allarme». Per l'ex premier Massimo D'Alema, al quale la riforma delle pensioni non riuscì per la dura opposizione dei sindacati, il govemo «non può interrompere il dialogo sociale». E'Veró'che «alla fine a decidere è il Parlamento, ma qui da noi questo è sempre avvenuto sulla base della concertazione con le partì sociah. È sempre stata questa la forza del nostro Paese. Mi pare difficile che in materia pensionìstica si possa decidere prescindendo dalla volontà delle organizzazioni sindacali». Fassino: le manifestazioni sono la prova del fallimento della politica economica dell'esecutivo, adesso dovrebbero ascoltare le richieste di questa gente Franceschini: il Paese non ce la fa più, anche la classe media sta scivolando verso la povertà Il ministro del Welfare Roberto Maroni ha il compito di riconvocare le parti sociali

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