Muse, progressivi e conservatori di Paolo Ferrari

Muse, progressivi e conservatori AL MAZDAPALACE Muse, progressivi e conservatori Giovedì 25 Tunica data italiana del trio inglese Canzoni forti, immaginario biblico e antenati illustri SI celebra giovedì 25 al Mazda Palace di corso Ferrara 30 uno dei pochi veri riti rock della stagione torinese. Nella loro unica data italiana, ne sono sacerdoti isterici gli inglesi Muse, trio consacrato dal concistoro della critica quale custode del verbo chitarristico britannico, e dotato di uno stuolo di seguaci troppo vasto perché si possa parlare di setta. Non è tanto una questione di metafore, intendiamoci: l'immaginario biblico è una componente essenziale della poetica del leader del gruppo, Matt Bellamy, e nei tre album in studio fin qui pubbUcati i Muse hanno spesso creato quella suspense trascendentale e quella voglia ancestrale di riscatto globale che l'uiri&nità riversa nell'attesa della fine del mondo. Finita l'ora di religione, passiamo alla storia contemporanea: Bellamy, il bassista Chris Wolstenhome e il batterista Dominic Howard erano tre ragazzini che si rompevano le scatole in una cittadina del Devon, e come tanti coetanei si misero a suonare. La solita trafila, il nome del gruppo che cambia di continuo, concerti minori, poi una buona opportunità per il mercato indipendente. Sfruttata al megho, con il rapido pas- saggio a un'etichetta maggiore e un disco d'esordio, «Showbiz», salutato come l'avvento dei nuovi Radiohead, soprattutto a causa della voce di Matt, simile a quella di Thom Yorke. Il paragone si è protratto in occasione del secondo album, «Origin Of Symmetry», elemento scatenante del successo intemazionale sull'onda della canzone «Hyper Music». Ci voleva il terzo episodio, «Absolution», pubblicato lo scorso anno, per rendere esplicito quel che già si subodorava ampiamente in precedenza: i Muse con i Radiohead c'entrano ben poco. Sono pomposi, provocatoriamente sovraccarichi, barocchi; hanno corpo progressivo e anima conservatrice, nascondono la facoltà del brit-pop e l'agilità dell'indie rock dietro il profilo di Freddie Mercury e la sa-' goma ciccia dei II trio dei Muse Black Sabbath. Niente di più attuale, in fondo: grunge, punk e progressive oggi non sono più generi di nicchia, ma forzieri aperti da cui ciascuno preleva quel che gh serve. Non chiunque, però, lo può fare con successo; occorrono canzoni forti, e il trio sale sul palco con le spalle coperte da «Plug In Ba¬ by», «Feeling Good», «Muscle Museum», «Showbiz», «Hyper Music», «Citizen Erased», «Time Is Runnig Out». E poi, «Hysteria» e «Megalomania», mica titoli casuali. Tira aria di megashow, insomma, il venticello (ai tempi venato di lacrimogeni) che ci accarezzava fuori dal vecchio Palasport ai tempi dei tour dei Genesis. L'appuntamento è alle 21,30, gruppo di spalla gh irlandesi Future Kings of Spain. Il biglietto costa 25 euro, cui si aggiungono i diritti di prevendita, attiva presso il Box Office di piazza Cln e il sito www.ticketone.it. Organizza il Barrumba, informazioni allo 011/8194347 e in rete all'indirizzo www.barrumba.com. Paolo Ferrari II trio dei Muse, nuove star del rock inglese. Tira aria da megashow, giovedì 25 marzo al Mazda Palace

Persone citate: Bellamy, Chris Wolstenhome, Dominic Howard, Freddie Mercury, Kings, Muse, Thom Yorke