Orengo tra donne, olive e vecchi cassetti

Orengo tra donne, olive e vecchi cassetti Orengo tra donne, olive e vecchi cassetti Angelo Guglielmi M I piace immaginare cosa potranno pensare i lettori di quest'ultimo romanzo di Nico Orengo leggendolo fra cento anni e o tre (diciamo nel 2150). Naturalmente continueranno a apprezzare la leggerezza sferzante dello scrittore, già ammirata nelle opere precedenti (che pure hanno letto), la grazia ruvida, che spella accarezzando e denuda il nascosto delle cose. Ne ameranno il linguaggio scorrevole (che non chiede sforzi per essere seguito) eppure non immune da spine e spigoli come sono le cose che tocchiamo e gli oggetti in cui inciampiamo. Un hnguaggio che trovano anche in altri scrittori liguri, mettiamo Montale o Sbarbaro, che non civetta con i dialetti del luogo, come allora pure usava, e tuttavia di quei dialetti assorbe la musica aspra e la secchezza forse a riflesso dell'avarizia di cui continua a essere rimproverata la gente che vi abita. Ma cosa penseranno i lettori di questo lontano domani dei personaggi che animano il romanzo e le situazioni cui partecipano e danno vita? Non faranno fatica a riconoscere (nel senso di sentir proprio) il protagonista Scullino, professore in pensione anticipata, un uomo intehigente e vitale, amante della poesia e della buona cucina. «Sì, Scullino era stato un grande professore, uno di quelli che ti facevano amare la libertà del pensiero e le parole insieme alla possibilità quotidiana di vivere la vita in modo meno claustrofobico, tra dovere e potere». Anche fra cento (e più) anni un professore cosi non potrà non essere apprezzato e tenuto in gran conto. Ma Scullino è anche un critico letterario che recensisce le novità letterarie per un giornale locale. Biamonti, Siciliano, Mazzantini, Riotta, Mazzucco, Orengo, Cucchi, Raboni e poi Citati, Pacchiano, Belpoliti, Lepre, Mauri, Guglielmi ecc. sono i nomi e gli autori che più frequentemente ricorrono nei suoi pensieri e articoli e ricevono il suo interesse e qualche volta devozione. Come suoneranno questi nomi nelle orecchie del lettore di domani?'Male che vada se non di tutti almeno di alcuni la Garzantina (che anche allora sarà il libro della conoscenza di massa) riporterà (se pur brevemente) fasti e nefasti. E dello scandaloso Non uccidere del Paletti? Ci mancherebbe altro che fosse il solo a resistere sui banchi dei librai! Più a suo agio il nostro lettore si troverà con i riti dei premi letterari (giurie di comodo, predisposizione del vincitore di turno ecc.) giacché anche tra cento anni i premi letterari (c'è qualcuno che può dubitarne?) continueranno a essere conosciuti (e praticati) come centro di vanità e di imbroglio. Con qualche interesse leggerà l'intervista a Orengo (che pure il romanzo contiene) sul suo (di Orengo) libercolo InAlassio. Monica prepara ancora i toast? in cui di fronte all'affermazione che gh scrittori non sanno quel che raccontano («Chi conosce mai la storia che racconta? Si va avanti nel buio, si va avanti con il desiderio, come si è sempre fatto da Omero a Joyce, a Proust») rimarrà certo interdetto ma non impreparato. Se pur confusamente vi sentirà dentro qualcosa di vero. Esaurito, tra perplessità e diffidenza, il capitolo dei riferimenti letterari (che pure sono tanta parte nella vita del personaggio Scullino) il lettore del futuro (da qua a cento anni), affrontandone le altre parti e aspetti, rimarrà sedotto in particolare da due capitoh riguardanti il rapporto di Scullino con le donne e quello con il cibo e il mangiare. Le donne di Scullino gh piaceranno pazzamente; Margherita la moghe, Marisa l'amante, Lilli Longone Piva, fulminante megera, e perfino Nazzarena, la cassiera stuprata e poi donna di furto: tutte donne straordinarie che hanno superato ogni rivendicazione di parità, scavalcando l'uomo nel combinare insieme mariti e amanti, affari e tenerezza, piacere e convenienza. E Floriana e ie altre «che venivano in classe con la faccia per bene tutte a modo, ma erano pronte a infilarsi sotto la cattedra e farti un pompino o a battere, truccate e in minigonna, in fondo a qualche Lungomare»? Ma su tutte vincerà la megerissima Lilli che solo incrociando le gambe provoca l'erezione (e quel che segue) del povero Scullino ma poi lei stessa subisce l'affronto quando Scullino, provvisoriamente riavutosi, «fissa lo sguardo all'altezza dei seni di Lilli, osservando ora l'uno ora l'altro» finché lei si immobilizza inarcandosi in uno spasmo incontenibile... Ma se per le donne mostrerà ammirazione ma anche rancore per la minaccia alla virilità rappresentata dalla loro spregiudicatezza (e andrà sempre peggio) è solo entusiasmo puro che il nostro lettore del 2150 proverà di fronte ai tanti deliziosi piattini che Scullino si prepara per tutta la durata del romanzo. Lui, sempre più condannato a hamburger e cocacola, cosa potrà fare se non sbavare letteralmente di piacere (con la tanta sahva che gh cresce in bocca) leggendo di «una burnia di tordi sott'olio», di «fagioli stufati con rosmarino», di spaghetti con «grattatine di tartu- fo» (questa «pepita d'Alba»), del «profumo di coniglio arrosto cun olive», che Scullino, aspirando col naso, sente arrivare dalla finestra... «e lo sentì, quel profumo di rosolato e di lieve amaro su battuto di cipolla. Annusò più forte, era stato cucinato con erbe; rosmarino? No, timo? Si, timo, un timo giovane con influenze di limoncella». E una invincibile nostalgia lo prenderà alla gola (e non gli darà scampo) confrontando quei tempi con questi più disgraziati in cui sta vivendo dove liofilizzati e McDonald's sono diventati la regola. Ma che dico nostalgia, è rimpianto totale; e non solo per il professore Scullino, questo invidiabile personaggio che in questo duemila avanzato (ha fatto appena cento passi ed è già vecchio) non è più immaginabile. Ma anche per il libro che sta leggendo: questo romanzo di Orengo che sa raccontare con divertimento piccole sto¬ rie magari da niente ma ancora umane e per di più è fatto di pagine di carta che si possono trasportare da una stanza all'altra e mettere sul comodino a fianco del letto. Così almeno per questa volta, approfittando delle sorprese che riservano i vecchi cassetti, potrà .leggere voltando con le dita della mano una pagina dietro l'altra (prendendo possesso anche fisicamente del libro) e non dovrà limitarsi a seguire una video schermata, come ancora gli è accaduto stamattina quando andato per una ricerca in biblioteca prima ha dovuto sceghere tra tanti piccoli dischetti neri. Certo le meraviglie della civiltà immateriale non si finisce di decantarle. Ma lui non ne può più di storie ambientate sul pianeta Marte dove, dopo che cento anni fa erano state trovate tracce di acqua, oggi gli uomini sono sbarcati decisi a abitarlo. Grazie Orengo anche se non mi puoi sentire. «L'intagliatore di noccioli di pesca»: le avventure di Scullino, professore in pensione anticipata, un uomo intelligente e vitale, critico letterario, amante della poesia e della buona cucina Hma m il romanzo di Orengo assorbe la musica aspra della sua Liguria Nico Orengo Nico Orengo L'intagliatore di noccioli di pesca Einaudi pp. 372. e 18.50 ROMANZO

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