Berlusconi rinuncia al decreto sul calcio: non si può fare

Berlusconi rinuncia al decreto sul calcio: non si può fare ANCHE I DEPUTATI «NORDISTI» DI FORZA ITALIA HANNO FATTO SAPERE AL CAVALIERE DI NON ESSERE D'ACCORDO. IL NO DECISIVO E' STATO QUELLO DI TREMONTI Berlusconi rinuncia al decreto sul calcio: non si può fare Mei governo solo Fini ha appoggiato il premier. Prodi: no agli aiuti di Stato Ugo Magri j^rjT Molto a malincuore (e testardamente convinto che aveva ragione lui), Silvio Berlusconi ha preso atto che un decreto legge sul calcio non sì può fare. Per dissuaderlo si è resa necessaria una lunga discussione in Consigho dei ministri, dove praticamente tutti gli intervenuti si sono detti contrari a un provvedimento spalma-debìti per ì club in crisi, e poi un colloquio pomeridiano con Giulio Tremontì sull'aereo che recava entrambi a Bruxelles per il Consiglio europeo. E' stato solo nella capitale belga che il premier, finalmente, ha riconosciuto davanti ai cronisti: ((Allo stato attuale sono piuttosto negativo sulla possibilità che il governo sia in grado di fare qualcosa». Magari più in là nel tempo, non certo entro il 31 marzo, quando scadono i termini Uefa per l'iscrizione dei club alle coppe europee: «Francamente ere- do che per quella data sia molto difficile trovare una soluzione... coppe europee: «Francamente credo che per quella data sia molto difficile trovare una soluzione... Non c'è una situazione che consenta un intervento quale quello che sembrava auspicabile... All'Olìmpico sono successi degli incidenti gravi e il mondo del calcio deve guardare dentro se stesso... Stamane in Consìglio dei ministri abbiamo parlato della vicenda, ma non c'è stata una risposta convìncente...». Dalla riunione di governo era emerso un Bobo Maroni tutto trionfante (il fronte del no l'aveva guidato lui): «H governo ha saggiamente deciso di non adottare alcun provvedimento. Il decreto spalma-debìti è stato accantonato, spero definitivamente. L'unica cosa che la Lega è disposta a spalmare è la Nutella», aveva aggiunto in chiave di buonumore il ministro del Lavoro, portando a casa l'immagine di uno che sa dire no al Cavaliere nonostante la stessa fede calcistica rossonera. Ma stavolta Berlusconi non può pren- dersela troppo con il Carroccio e neppure con ì centristi, che a certe stavolta Berlusconi non può prendersela troppo con il Carroccio e neppure con ì centristi, che a certe condizioni avrebbero detto sì al decreto. Le cattive sorprese per luì sono state An (solo Gianfranco Fini s'è ritrovato ad affiancare il premier, laddove Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Gianni Alemanno hanno marcato le distanze) e la sua stessa creatura pohtica, cioè Forza Italia, dove un folto gruppo di deputati del Nord ha fatto giungere al Cavaliere la propria sommessa ostilità a un intervento in favore di Roma e Lazio. Giulio Tremontì ha interpretato questo maldipancia al più alto livello. In aereo il titolare dell'Economia ha fatto notare a Berlusconi che nessuna banca è disposta a mettere la mano sul fuoco per certe società di calcio, ma in assenza di fidejussioni una dilazione dei debiti con lo Stato diventerebbe una barzelletta. Che la situazione fiscale di alcuni club è una tragedia, «non hanno neppure presentato domanda di con- dono». Che molte società non sem- club è una tragedia, «non hanno neppure presentato domanda di condono». Che molte società non sembrano in grado di rispettare un eventuale ((tetto» agli ingaggi dei giocatori introdotto per decreto. E che comunque il provvedimento non è necessario per garantire ai nostri club la possibilità di iscriversi alle coppe Uefa: circostanza in grado di chiudere da sola la discussione. .Ma c'è dell'altro. Fini ha elencato inpubblicotreulterioriostacoli.il primo viene da Bruxelles, dove il Ma c'è dell'altro. Fini ha elencato in pubblico tre ulteriori ostacoh. Il primo viene da Bruxelles, dove il presidente della Commissione, Romano Prodi, ieri ha ammonito che «se sì tratta di aiuti di Stato, la mìa risposta è no, no, no». Il secondo ostacolo sta «nel dovere morale dì non penalizzare le società virtuose». Il terzo «nel rispetto per l'autonomia del mondo sportivo», certi interventi spettano alla Figc o alla Lega calcio, cosa c'entra il governo? Ecco perché, ha spiegato il vicepremier, il Consigho dei ministri non poteva calcio, cosa c'entra il govemo? Ecco perché, ha spiegato il vicepremier, il Consigho dei ministri non poteva che prendere atto dell'«impossibilità di intervenire con un decreto». Asgretolare le difese berlusconìane hanno contribuito tutti questi argomenti. Uno in particolare: lo scontato no della Commissione Uè a un decreto in favore delle sole società dì calcio. «Certe facilitazioni non possono trovare autorizzazione in Europa», ha con che sogna un ìnt tutte le imprese Europa», ha convenuto il Cavaliere, che sogna un intervento a favore di tutte le imprese, dì calcio e no, in difficoltà col fisco, ma Tremontì ha subito trovato gh argomenti per riportarlo coi piedi per terra. Alla fine, dunque, Berlusconi s'è dovuto rassegnare: niente decreto spalma-debìti. Rimane convinto che la ritirata strategica sia tutta colpa degli incidenti alTOlimpico, per effetto dei quali l'opinione pubblica «si è rigirata contro il provvedimento», come dimostrano i suoi «focus group» riservati. I dettagli tecnici del decreto sì sarebbero potuti, a suo avviso, chiarire con un po' più di buona volontà. Però il premier si consola, secondo il suo portavoce Paolo Bonaiuti, con l'approvazione della legge sull'emittenza e delle riforme costituzionali: «Ha segnato due successi in due giorni, la maggioranza si è mostrata compatta, questo è ciò che conta davvero». Fini: la scomparsa di alcune società che hanno storie centenarie potrebbe suscitare reazioni violente da parte dei tifosi Si tratta di un problema sociale Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, con il premier Silvio Berlusconi

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