I leader insieme nella cattedrale L'Europa vuole ripartire dal lutto di Pierangelo Sapegno

I leader insieme nella cattedrale L'Europa vuole ripartire dal lutto I leader insieme nella cattedrale L'Europa vuole ripartire dal lutto retroscena Pierangelo Sapegno MADRID COM'ERA capitato in altri momenti della sua storia, sotto il segno tragico del dolore e della morte, l'Europa sembra ritrovare nel silenzio composto e sofferente, quasi irreale, della cattedrale dell' Almudena, i fili di un sogno che insegne dai secoli delle divisioni che l'hanno costruita: quello dell' unità. Lo si vede nel saiuto che Jacques Chirac e Luis Rodriguez Zapatero si consegnano al termine della funzione per commemorare le 190 vittime dell'I 1 marzo, quando il presidente della Repubblica francese e quello del nuovo governo spagnolo si stringono con i sorrisi e gli sguardi di due innamorati che stanno andando a nozze, ma lo si vede anche nella sfilata dei leader che raccoglie la chiesa di Madrid, da Gerhard Schroeder a Tony Blair, da Carlo Azeglio Ciampi a Juan Carlos, a Neil Kinnock, e a tutti gli altri che si sono ritrovati qui insieme davanti alla tragedia del terrore. E lo si capisce ancora dagli incontri che li rimette di fronte prima e dopo la funzione, aspettando quello di oggi a Bruxelles, tutti baci e abbracci, promesse e progetti, sogni e speranze. Solo con Tony Blair i toni sono stati freddi e staccati. Ma Londra non sta oltre la Manica, ancora al di là dell'Europa? Manca il popolo a questa Messa, è vero, perché fuori sul sagrato non ci saranno che 800 persone e dentro sono soltanto 1500 ordinatamente disposte sugh scranni della cattedrale, e mancano molti parenti delle vittime, che non hanno voluto venire perché, come ha detto qualcuno, sarebbe parso tutto così «patetico, mostruoso, strano. Come vendere il simbolo del nostro dolore». C'erano i potenti, non quelh che hanno perso l'unico potere che hanno: la vita, l'amore. Eppure dietro a questa contraddizione, può darsi che si nasconda un'altra verità. Forse questa non è stata la cerimonia di una fine. E' stata quella di un inizio. E la folla magari è stata tenuta lontano anche dall'imponente servizio di sicurezza che ha blindato Madrid in questa giornata di cielo grigio e di frastaglie, con le barriere che si allungavano per chilometri attorno alla cattedrale dell'Almudena, con le strade del centro quasi tutte bloccate e con centinaia e centinaia di poliziotti che fermavano e controllavano tutto e tutti. Molti cameràmen e fotografi e molti ragazzi con zaini e sacchi sono stati perquisiti e rimandati indietro. Dentro, nel conclave di questa cerimonia funebre, c'erano i rappresentanti di oltre 50 nazioni. Il primo ad arrivare è stato il re Juan Carlos che si è messo assieme alla regina Sofia in imo spazio separato, a lato dell'altare, di fronte a un grande telo bianco sul quale era cucito un grande nastro nero. Accanto a loro sono arrivati i tre figli, Felipe con la fidanzata Letizia Ortiz, Elena e Cristina. Poi c'era il Segretario di Stato Usa, Colin Powell, in seconda fila, a sinistra, guardando dall'altare, il presidente francese Jacques Chirac, prima fila in centro, e vicinp a lui il presidente della Repubbhca Carlo Azeglio Ciampi, e poi Tony Blair e Gerhard Schroeder, il principe Carlo d'Inghilterra, in seconda fila, il premier ceco Vladimir Spidia, quello polacco Leslek Miller, l'irlandese Berthie Ahem, il vicepresidente della Commissione europea Neil Kinnock, e poi Alberto di Monaco, il principe del Marocco Mulay Rachid, Haakon di Norvegia e Filippo del Belgio, e anche Feisal Ben Al Hussein di Giordania. Zapatero era in centro accanto a Alfonso Rajoy, il suo sfidante alle ultime elezioni, mentre Aznar, il leader del Ppe uscente, era assieme alla moghe un poco più in là. Le lacrime del re Juan Carlos che si stringe il volto tra le mani per nasconderle alla tv e alla gente, e le parole dell'arcivescovo di Madrid Antonio Maria Rouco Varela, «rispondete con la forza dell' amore alla violenza dell'odio», racchiudono solo in parte il senso di questa Messa solenne. Il resto, quello che conta, sta tutto in questa foto di gruppo dei Grandi e negh incontri che si sono susseguiti dalla mattina di ieri fra Zapatero e gh altri leader del mondo, in questo embrione d'Europa che sembra suggellarsi sull'alleanza tra Francia, Spagna e Germania. Il resto sta negh entusiasmi di Chirac, nella soddisfazione di Schroeder. Il neopresidente del Consigho spagnolo ha visto prima Tony Blair e Leszek Miller, e poi, nel pomeriggio, Chirac, Schroeder e Colin Powell. Al Segretario di Stato americano (che, guarda caso, rappresentali partito delle colombe statunitensi) ha ribadito che il dialogo con gh Usa continua, ma, «se non ci sarà uri cambio radicale nel mandato dell'Onu», la sua posizione sull'Iraq rimane inamovibile: ritiro delle truppe per l'estate. Powell, da parte sua, ha chiesto di poter incontrare al più presto il prossimo ministro degh Esteri per vagliare insieme «nuove proposte sul ruolo dell'Onu». Non è un caso che tutt'e due abbiano parlato di incontro cordiale. Certo, tutt'altri toni da quelli usati da Jacques Chirac, che non riusciva nemmeno a nascondere il suo sorriso. «Mi aspetto con Zapatero un rapporto stretto, molto stretto», diceva il presidente francese a qualche cronista dell'entourage. «Lavoreremo insieme, Francia e Spagna, per ima visione ambiziosa e condivisa della costruzione europea». A voler sottolineare meglio questa unità d'intenti, le fonti diplomatiche di Parigi hanno definito questa riunione «cortese e molto calorosa». Poi s'è detto soddisfatto pure Schroeder, che si era lamentato dopo 1' 11 marzo con l'intelligence di Madrid e di Aznar: «Potremo migliorare i rapporti bilaterali e i flussi di informazioni dei servizi segreti», in un momento così particolare come quello della lotta al terrorismo. L'unico che resta fuori da questo abbraccio generale è Tony Blair, e anche questo forse non è un caso. A lui Zapatero ha solo ribadito chiara e netta la sua posizione: «A giugno togliamo le truppe. Non retrocedo di una virgola». Dentro, c'è finito pure Colin Powell, che non è detto che sia poi così scontento del ribaltone spagnolo, e al quale Zapatero ha ricordato quello che stanno scrivendo in questi giorni i giornali iberici, che il Psoe aveva votato a favore dell'intervento a Kabul e che Madrid potrebbe togliere le truppe dall'Iraq ma rinforzarle in Afghanistan, «perché lì dove è evidente e necessaria la lotta contro il terrorismo, il nostro governo è pronto ad assumersi le sue responsabilità». A Baghdad non c'era Al Qaeda, non era quello il nemico. Era la posizione di Chirac e Schroeder. Oggi forse comincia a essere anche quella dell'Europa, nata dentro a questa cattedrale barricata e dentro a questa città barricata, tutti sospesi in quest'incubo che il cardinale evoca ricordando le parole del Vangelo, «tuo fratello risorgerà», con i potenti sotto le volte del paradiso disegnato sul soffitto, e fuori nessuno. In un giorno di cielo grigio, piangendo dei morti, riprovano insieme. Particolarmente caloroso l'incontro del nuovo premier spagnolo con Chirac e Schroeder che acquistano un alleato contro la guerra in Iraq