Riforme, bracdo ti ferro tra Polo e Ulivo sui tempi di Antonella Rampino

Riforme, bracdo ti ferro tra Polo e Ulivo sui tempi I LEGHISTI CHIEDONO IL VOTO FINALE IN SENATO ENTRO DOMANI Riforme, bracdo ti ferro tra Polo e Ulivo sui tempi Approvate le norme sui poteri del premier. Il centrosinistra: «Cosi il nostro Paese uscirà dai sistemi parlamentari, diventerà plebiscitario» Antonella Rampino ROMA Con molto disincanto, per non dire stanchezza, e sotto l'occhio vigile della Lega presente in Aula con Calderoli e poi anche con Castelli, la riforma costituzionale avanza, verso il traguardo di giovedì: voto finale in tempo per il Consiglio federale padano del 28, così come voleva Bossi. Alcuni, i capitani di lungo corso della politica, sperano che il testo della Costituzione riformata sia inviato alla Camera senza ordini del giorno o raccomandazioni finali o lettere d'accompagnamento. Ma intanto, e sia pure solo in primissima lettura, c'è nero su bianco la modifica all'articolo 94, per la quale il futuro premier potrebbe mandare a casa la Camera che non gli vota un provvedimento ritenuto essenziale per il programma di governo. Una sorta di «voto bloccato» alla francese, ma all'ennesima potenza. In più, una particolare «norma antiribaltone»: nel giro di dieci giorni, la stessa maggioranza uscita dalle urne può mettere nero su bianco una mozione con la quale si «nomina» un altro premier. Una norma, osserva in buona sostanza il centrosinistra, che potrebbe essere interpretata, da parte del premier, di fatto «costringendo» Camera e Capo dello Stato al ricorso alle urne. Premier che potrebbe avere, grazie all'articolato varato ieri, anche la facoltà di nomina e revoca dei ministri. Premier che si insedia ritenendo implicita la fiducia della Camera: come in Francia, quel voto è presunto. Il che, è l'obiezione prevalente tra i costituzionalisti, può permettere un'ipotesi di scuola paradossale e nefasta; la nascita di governi di minoranza. Chiosa Franco Bassanini, costituzionahsta e senatore diessino: «Una forma di governo che non solo ci fa uscire dal sistema parlamentare, ma che ci pone fuori dalla categoria dei sistemi democratici, e che ci pone a rischio di derive peroniste o plebiscitarie». La maggioranza, con pochissime eccezioni tra le quali quella del costituzionalista di An e vicepresidente del Senato Do- menico Fisichella, difende a spada tratta la rifonna. Ieri, da un ennesimo vertice dei «saggi», è uscita la «norma anti-panico» per le Regioni: ovvero, in caso di morte o impedimento del governatore; non decade il Consiglio regionale. E poi, tra le norme sul federalismo, viene reintrodotto il principio dell'interesse nazionale. Una modifica, questa, all'articolo 120 che può diventare come dice un'esponente del centrodestra - «un'autostrada per il centralismo». Oppure, se si vuole ascoltare il diessino Villone, «che consente allo Stato di intervenire, ma con la logica dei pompieri». Proprio provocando ripetuti polemici interventi (ieri, tra i più forti, quelli di Domenico Nania e di Guido Compagna) l'opposizione cerca di allungare i tempi. Stamattina, a Palazzo Madama arriveranno Fassino, Rutelli e Boselli. Ma prima, i capigruppo dell'opposizione avranno spul¬ ciato tra le maghe del rigido regolamento del Senato. L'idea è che, al momento del voto e possibilmente in diretta televisiva, tutti i senatori del centrosinistra si alzino per pronunciare l'unica frase capace di violare il contingentamento dei tempi: «Io sono contrario». Ma si ricupererebbe al più una manciata di minuti. La tattica di far mancare il numero legale, continuamente attuata, ieri ha «funzionato» ben quattro volte: ma era martedì mattina, ed è normale fisiologia di inizio settimana, come sa benissimo anche il leghista Calderoli (che però ha protestato). Infine, si potrebbe ricorrere all'articolo che dà al presidente del Senato la facoltà di rinviare di un giorno l'approvazione di un provvedimento per dare il tempo di mettere in atto il «coordinamento formale», ovvero il controllo di conformità, la limatura anche lessicale, la correzione di eventuali sviste e disomogeneità dell'articolato. Una cosa inevitabile, sempre per il regolamento di Palazzo Madama, specie se il provvedimento è stato bersaghato da molti emendamenti: e in questo caso non solo da quelli, vista la quantità di sub-emendamenti presentati dalla stessa maggioranza. Questo sarebbe per l'opposizione solo un modo per mettere in imbarazzo il presidente del Senato, visto che poi si riuscirebbe ad allungare i tempi di un giorno solo. Certo, calendario alla mano il tutto potrebbe slittare a martedì prossimo, scavallando il consiglio federale della Lega di domenica 28. Ma si tratta di poco più che un sogno. Molto più probabilmente, le riforme vedrebbero la luce al più tardi venerdì 26. L'opposizione continua ad usare la tattica di far mancare il numero legale e ieri ha funzionato ben quattro volte Oggi a Palazzo Madama ci saranno anche Fassino Rutelli e Boselli r" *# mi v NORD LIBERO La manifestazione dei Giovani padani davanti al Senato e alla Camera il 17 marzo con l'ultimatum agli alleati

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