«Sette giorni di lezione per diventare kamikaze»

«Sette giorni di lezione per diventare kamikaze» I RACCONTI DI QUATTRO «SOLDATI» ARRUOLATI DAL GRUPPO ANSAR AL-ISLAM, SOSPETTATO PER LE STRAGI DEI TRENI «Sette giorni di lezione per diventare kamikaze» I giovani sono stati interrogati nel Kurdistan da inquirenti norvegesi Le testimonianze agii atti del processo contro rimam di Cremona retroscena Paolo Colonnello MILANO FECI un addestramento di 7 giorni per diventare attentatore suicida. Eravamo in 7 a partecipare. Ma in sostanza l'unico addestramento che ricevetti consisteva nel mettermi addosso dell'esplosivo e uscire... Alla fine arrivò il mullah Krekar per dirci quanto fosse cosa buona diventare un attentatore sucida... Lui ci raccontava che "i fratelli che sono disposti a compiere un'azione sucida devono essere pazienti e se sono disposti a farsi saltare in aria e trovano soltanto 10 persone sul posto, devono aspettare per farlo, devono farsi saltare quando ce ne sono di più, 20, 30 o 60, in modo da ucciderne il più possibile... Loro dicevano che era cosa buona e che era bello essere dei musulmani e uccidere dei non musulmani. Si doveva andare fieri di essere un attentatore suicida... In quel mese mi chiesero più volte se avrei compiuto quell'atto e volevano assicurarsi che l'avrei fatto. M'insegnarono come avrei dovuto.uccidere delle persone, ci mostrarono una cintura con dell'esplosivo e come si sarebbe dovuto fare». Kaler Dedar Khalid, soldato di Ansar ai-Islam, ex carrozziere, aveva appena vent'anni quando un pomeriggio di sole del 17 giugno 2002 indossò un giubbotto blu imbottito con 5 chili di tritolo, salì su un autobus gremito di persone e poi, davanti a una caserma del quartier generale del Puk, il partito comunista curdo di Saisadiq, Iraq del nord, si accasciò davanti alle guardie confessando di essere un kamikaze. La sua testimonianza, come quella di altri tre aspiranti suicidi (un contadino, due operai) tutti giovanissimi, è allegata adesso agh atti del processo che si svolgerà a Milano la prossima settimana nei confronti di Trabeisi Murad, ex vice imam di Cremoma sospet¬ tato di essere un pericoloso terrorista legato al gruppo di Ansar ai-Islam, organizzazione islamica curda legata ad Al Qaeda, inserita ai primi posti nella black list americana, e che secondo le fonti d'accusa avrebbe firmato decine di attentati negli ultimi anni. Un sospetto che si è esteso di recente anche per la strage nelle stazioni ferroviarie di Madrid. Le carte fanno parte di una rogatoria norvegese, condotta in parte dai servizi segreti di Oslo che, l'ottobre scorso, si sono recati in una prigione di Suleimania, Iraq settentrionale, per interrogare alcuni kamikaze «pentiti» sul ruolo del mullah Krekar, fino al 2003 capo riconosciuto e indiscusso di Ansar ai-Islam, predicatore, almeno in un'occasione, nella moschea di viale Jenner e inquisito anche dalla magistratura milanese. Il documento, che per la prima volta dà voce a dei kamikaze, diventa così imo spaccato della realtà terroristica islamica, una realtà fatta di poveracci mandati al macello, infarcita di concetti semphei e devastanti («bisogna uccidere tutti i non musulmani») di servizi segreti iracheni e iraniani e di qualche «cattivo maestro». Che, come al solito, vive riparato in posti sicuri: in Iran o, come nel caso di Krekar, in Europa, a Oslo, appunto. Loro, i kamikaze, sono dei ragazzini, nemmeno tanto fanatici ma molto ingenui. Come Abdul Raza, 17 anni, orfano («I miei genitori vennero uccisi dalla polizia segreta di Saddam»), incarcerato il 16 marzo del 2001 dopo essere stato fermato a un posto di blocco ad Halabja, la cittadina del Kurdistan dove Saddam Hussein fece massacrare con le armi chimiche migliaia di curdi. In tasca aveva una bomba a mano che avrebbe voluto lanciare tra ima folla di circa 2000 persone «uomini, donne, bambini». «Fu mio cugino Rouf a volere che mi facessi saltare in aria ma furono Abu Baker e il mullah Krekar che mi convinsero. Krekar ci raccontò che era cosa buona farsi saltare in aria uccidendo dei non musulmani perché voleva avere un posto dove ci fossero soltanto musulmani, come per esempio l'Afghanistan. Ci insegnava ad uccidere diceva che si dovevano uccidere tutte le persone straniere, gli americani ma anche quelli dell'Europa, sono loro il grande nemico». Gh chiedono se era importante la sua giovane età e lui, risponde candido: «Dato che sono molto giovane nessuno avrebbe creduto che io sarei stato capace di una cosa del genere. Il mullah Krekar utilizzava gente giovane per questo tipo di azioni. Era per vincere una battaglia contro il nemico». Il giorno prima di mettersi in tasca una bomba, andò dal barbiere e si comprò una camicia nuova: «Era per passare inosservato» E pregò a lungo: «Per Osama bin Laden e laJihad». Ed ecco il racconto di Dedar Khalid, terzo di 7 fratelli, per 6 mesi soldato di Ansar ai-Islam e che aveva vent'anni quando diventò kamikaze. «Il giorno prima di dover compiere l'attentato ero certo che l'avrei fatto, ma quando arrivai sul posto dove doveva avvenire mi fu chiaro che non sarebbe stato così. Passarono solo 20 minuti tra il momento in cui indossai il giubbotto pieno di esplosivo e il posto dove dovevo eseguire l'azione... Quel giorno, di prima mattina presi una macchina di proprietà di Ansar ai-Islam. Con questa andai da Kurmal a Sisiq. Poi andai alla casa di Omed Abdullah. Ero stanco e volevo dormire. Quando mi alzai erano le 15. Omed disse: "Dai, Dedar, facciamo questa azione". Io indossai il panciotto. Omed disse che era ora di andare. Ci recammo in una stazione di autobus, aspettammo qualche minuto poi salimmo su un bus. Sorpassammo il quartier generale del Puk. Omed mi disse che quello era il mio "bersaglio". Io non dissi a Omed che non volevo più compiere l'attentato. L'autobus si fermò giusto dopo il quartier generale. Io avevo paura ma andai fino alla porta dello stabile e lì c'era una guardia. Io dissi alla guardia che avevo addosso del tritolo. Fu tutto quello che dissi. La guardia mi prese per le mani, poi arrivarono altre guardie. Mi tolsero il giubbotto. Mi portarono alla prigione dove ora sono incarcerato. Penso che ci fosse una guardia all'entrata e almeno 25 guardie dentro al portone. C'erano molti civili lì intorno, all'incirca a 6 metri dall'entrata». Gh ordini, spiega Dedar, li ricevette da Abu Abdullah Safihi, attuale capo di Ansar ai-Islam, e Abu Baker Tohid; «Mi raccontarono che avrei dovuto introdurmi in una folla di persone e poi "depositare" la bomba». Il luogo era Saisadiq, dove c'è il quartie generale del Puk, nemico storico di Ansar. «Quando scesi dall'autobus c'erano circa 35 persone». Chiede l'agente norvegese: pensi che sarebbero rimasti uccisi tutti? «Non so, comunque sopra il tritolo era stata montata una piastra di metallo, inoltre c'erano circa 200 frammenti metalhci tra gh esplosivi, sia davanti sia dietro». Il mullah Krekar vi disse cosa avresti dovuto fare nel caso vi fossero stati civili quando tu dovevi farti saltare in aria? «Il mullah Krekar ci raccontò che il lavoro che avremmo fatto era un'opera santa e che Dio ci avrebbe perdonati. Krekar disse anche che sarebbero morti dei civili, uno o più, ma che questo è perchè Dio era signore delle loro vite». Ti hanno somministrato alcolici o droghe il giorno dell'attentato? «Penso che quel giorno ci fosse qualcosa nel cibo, perchè mi sentivo spossato e volevo dormire, e mi sentii così anche due o tre giorni dopo l'arresto». C'è stata qualche cerimonia quando indossasti il giubbotto? «Si, fui ripreso, però non so dove si trovi adesso il film Mi diedero un foglio di carta, vi scrissero su qualcosa e mi chiesero di leggerlo ad alta voce. Lessi quella lettera due giorni dopo la fine del corso e 28 giorni più tardi era il giorno in cui avrei dovuto compiere l'attentato. Mi ripresero con la telecamera, indossavo il mio sohto abbigliamento e imbracciavo un kalashnikov. Durante la ripresa lessi quello die stava scritto sul foglio. Fu lo stesso per quelli che avevano fatto l'addestramento insieme con me». Tutti giovanissimi: «Eravamo tutti della classe 1982-83, tranne uno del 1979». Era importante la fascia d'età? «No», risponde Dedar. Ma non esclude nemmeno che tra i kamikaze possano essere arruolati «dei bambini di 10 anni». «L'unico addestramento consisteva nel mettermi dell'esplosivo addosso Il mullah Krekar, il capo del gruppo, ci diceva: farsi saltare e uccidere i non musulmani è bello» «Mi filmarono con il giubbotto esplosivo il kalashnikov e un foglio di carta che dovetti leggere. Ma all'ultimo non me la sentii e mi arresi» L'attentato suicida del 31 gennaio scorso contro una stazione di polizia a Mossul, nell'Iraq settentrionale: morirono nove persone