Statuto lavoratori, è scontro

Statuto lavoratori, è scontro CONFINDUSTRIA APPOGGIA IL MINISTRO: L'ATTEGGIAMENTO CONSERVATORE È SBAGLIATO Statuto lavoratori, è scontro sindacati a Maroni: le tutele non si abbassano Roberto Gìovannini ROMA Giovedì il ministro del Welfare Roberto Maroni aveva lanciato la Commissione di esperti incaricati di rivedere lo Statuto dei lavoratori seguendo la traccia delineata da Marco Biagi. E nemmeno a farlo apposta proprio ieri era in programma un convegno - a due anni dall'uccisione dell'economista autore del «Libro Bianco» - con la presenza dei leader sindacali, delle forze datoriali e di politici dei vari schieramenti. E la risposta che è giunta da Guglielmo Epifani, Savino Pezzetta e Luigi Angeletti non poteva essere più chiara: un netto e drastico «niet» a ogni operazione che riduca le garanzie di cui oggi godono i lavoratori dipendenti, sia pure - come vorrebbe Maroni - ampliando quelle dei lavoratori precari e instabili. «Quello che faremo - ha spiegato nel corso del convegno il ministro Maroni - è un aggiornamento del sistema, che garantirà maggiori possibilità a chi non ha lavoro senza diminuirne le tutele. Su questi temi si utihzzerà il metodo del dialogo sociale e del confronto con il sindacato. Mi auguro che sarà senza pregiudizi». D'accordo con la modifica dello Statuto anche il direttore generale di Confindustria Stefano Parisi, secondo il quale lo «Statuto dei- lavori» dovrà essere il nuovo Statuto dei lavoratori, ma di tutti. «Lo Statuto dei lavoratori - ha detto - è stato un pilastro del vivere civile, ma non dobbiamo pensare solo ai lavoratori ma al lavoro. Spero che nessuno voghe lasciare le cose come stanno. L'atteggiamento conservatore è sbagliato». Tesi che vengono seccamente respinte al mittente dai sindacalisti, che uno dopo l'altro bocciano la revisione «al ribasso» della legge 300 del 1970. «Mi vengono cattivi pensieri ogniqualvolta si vuol mettere mano allo Statuto», ha detto il leader Cgil Guglielmo Epifani, secondo il quale bisognerà capire le intenzioni della commissione insediata proprio oggi dal ministro del Welfare. «Non ci convince l'idea - ha insistito - che per aprire nuove tutele come è necessario fare, ci sia bisogno, come condizione, di abbassare le tutele contenute nello Statuto dei lavoratori». Per questo, secondo Epifani, sarebbe bene non adoperare lo stesso termine «Statuto», termine che è «fortemente impegnativo»: lo Statuto dei lavoratori indica i diritti che fanno capo alle persone; l'altro, quello «dei lavori», le fattispecie del lavoro. Ancora, la Cgil conferma il suo giudizio critico nei confronti della «legge Biagi»; «In una fase di rallentamento dell'economia e di crisi produttiva - ha spiegato Epifani - la legge ha determinato una flessibilità sempre più sinonimo di precarietà». Molto netto anche il segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, che ha respinto altre «rimodulazioni» dello Statuto. «Dico con chiarezza che se fare lo Statuto dei lavori vuol dire fare le tutele per coloro che non le hanno, va bene - ha puntualizzato - ma se significa rimodulare un'altra volta lo Statuto dei lavoratori, non siamo d'accordo. Bisogna dare tutele per chi non le ha, punto». Per il segretario della Cisl, lo Statuto dei lavori «deve essere integrativo dello Statuto dei lavoratori per quelle persone che non sono coperte dalla legge 300». Sulla stessa linea il numero uno della Uil Luigi Angeletti: prima di affrontare «l'omogeneizzazione» delle regole, è necessario costruire un «sistema di protezione per coloro che oggi non ne hanno. Ma la costruzione di uno Statuto dei lavori sarà molto più complicata di quanto avvenne negli Armi Settanta, perché negli Anni Novanta ci sono stati profondi cambiamenti: le regole che presiedono il mercato del lavoro determinano anche la qualità e la quantità dell'occupazione». E insomma, la «rimodulazione in presenza di un mercato del lavoro molto segmentato non è cosa facilissima», ha concluso il sindacalista. Che lo Statuto non possa essere «smantellato» è convinto anche l'ex ministro del lavoro. Tiziano Treu, il quale considera inutile un confronto sulla riforma del welfare a costo zero. In questo caso, ha sottolineato il responsabile lavoro per la Margherita, «non ci sediamo neanche. L'obiettivo deve essere la combinazione tra flessibilità, regole, servizi e welfare che favorisca buona occupazione. Noi la proposta l'abbiamo fatta con la Carta dei diritti». Il ministro del Welfare Roberto Maroni

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