Cantant piange in aula E giura: «lo l'amavo» di Cesare Martinetti

Cantant piange in aula E giura: «lo l'amavo» A VILNIUS IL PROCESSO PER LA MORTE DI MARIE TRINTIGNANT Cantant piange in aula E giura: «lo l'amavo» I pm lituano ha chiesto una condanna a nove anni di carcere II fratello della vittima: «Quella sera lui era lucido e calmo» Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Era finita a pugni e sputi, è ricominciata a lacrime e singhiozzi. Può rifinire con nove anni di galera, come ha chiesto ieri il pubblico ministero. Se non fosse per il bel viso di Marie Trintignant che s'è spento per sempre nella notte folle di Vilnius tra il 26 e il 27 luglio scorsi sotto i colpi del suo amante, questa storia sarebbe un pettegolo e piccante fogliettone di amore, passione, cinema, musica, una bella attrice con un bel nome che si consuma per un bel cantante molto impegnato, democratico e altermondialista. E invece è una tragedia atroce che celebra ora il suo epilogo sul palcoscenico ristretto di un'aula di tribunale lituano, due famiglie come due clan che si guardano con odio e si accusano a vicenda. In mezzo l'ombra del bel ragazzo che fu il cantante ora accusato di un feroce e spietato omicidio che si difende piangendo e singhiozzando: «Amavo Marie». Bertrand Cantat ha compiuto da pochi giorni 40 anni. Era la voce e il leader di Noir Désir, gruppo di rock francese colonna sonora noglobal. Martedì mattina, quand'è comparso per la prima udienza del processo in cui è accusato di omicidio, era soltanto un ex ragazzo pallido e spaventato. Marie Trintignant aveva 41 anni quando - il primo agosto scorso - dopo cinque giorni di coma, è morta trasferita in aereo dalla Lituania in una clinica di Parigi. Era figlia di Nadine e Jean-Louis Trinti- gnant, icona vivente del cinema francese e italiano (nel «Sorpasso» di Risi faceva coppia con Gassman), era lei stessa attrice apprezzata. Bertrand ha una moglie e due figli. Marie aveva quattro figli nati da quattro uomini diversi. Da qualche mese lei e Bertrand s'erano avvolti in una passione totale. Lui ha seguito lei a Vilnius dove girava un film per la tv, «Colette» diretto dalla madre Nadine. Il processo ha più o meno ricostruito cosa è accaduto nella loro stanza dell'albergo Domi- na Plaza la notte tra il 26 e il 27 luglio. Il film era finito, sul set avevano brindato, la festa era proseguita a vodka e spinelli a casa di Andrius, il montatore lituano. Poi Bertrand e Marie sono rientrati in albergo. Alle 5,30 del mattino Marie era in coma, il suo bel viso tumefatto e deformato dai pugni di Bertrand: 19 colpi in tutto, sette al viso, quattro portati a pugno chiuso, secondo l'autopsia, con una «violenza estrema». Il naso fracassato, le ossa facciali rientrate verso l'interno, il cervello «ébranlé», scosso fino al distacco dalle funzioni vitali. Voleva uccidere, Bertrand? Certo che no, dice lui: «Marie non è morta di odio - ha sussurrato ieri nella sua prima deposizione davanti ai giudici - Io amavo Marie...» Una scena madre, con lacrime e singhiozzi. L'omicidio preterintenzionale sono sei anni di galera, quello intenzionale sono quindici e fa una bella differenza. Tutto si gioca sulla ricostruzione psicologica di quella serata. I fatti sono quelli che sono, i pugni anche e nessuno li può cancellare. Ma perché Bertrand ha colpito con tanta violenza la donna che - dice - amava alla follia? Vincent, fratello di Marie, il primo ad essere arrivato nella camera dei due, chiamato da Bertrand, ha reso una testimonianza dura: «Mi ha telefonato, mi ha chiesto di raggiungerli, m'ha raccontato che avevano litigato e che aveva dato a Maria una sberla, o due, che lei era caduta... L'ho trovata sul letto, immobile. Lui le aveva messo uno straccio sul viso, diceva che era meglio non disturbarla e lasciarla dormire. Era lucido e calmo, s'è versato un bicchiere di vino...» Sotto quello straccio era cominciata l'agonia di Marie. Ma perché l'ha uccisa? Gelosia, possessione, «vivevano una passione vampirizzante», ha detto Lambert Wilson, un attore del set di Vilnius. Quella sera il telefonino di Marie aveva trillato all'arrivo di un sms inviato da Samuel Benchetrit, regista e padre dell'ultimo figlio dell'attrice. Bertrand aveva acchiappato il cellulare e letto il messaggio: «Ma petite Janis...» Bertrand era folle di rabbia e di gelosia. «Ma non era amore, non ti amava lui, ti voleva soltanto possedere», ha scritto Nadine Trintignant in una lettera postuma alla figlia (pubblicata e diventa bestseller) che è imo spietato atto d'accusa per Bertrand. A lei Marie aveva inviato pochi giorni prima un altro messaggio sul telefonino finito tra gli atti del pubblico ministero. Un sms che finiva con questa parole: «...ta fifille battue», la tua figliolina picchiata. Bertrand s'è arrampicato sul vetro di una difesa difficile perché tutti i riscontri oggettivi sono contro di lui. L'ex moglie l'ha soccorso: «Non mi ha mai. picchiato». S'è rivolto alla famiglia di Marie, impietrita: «So quanto sia ridicolo, so che non mi ascolterete, ma condivido il vostro dolore e sono disperato». Poi ai giudici: «Quella sera non riconoscevo Marie, mi ha aggredito, mi ha insultato, mi ha colpito, persino...» Legittima difesa? No, Bertrand non è arrivato a tanto, ma - ha detto l'avvocato dei Trintignant - costruito l'unica difesa possibile. Fino ai singhiozzi e alle lacrime. Lunedì avrà l'ultima parola. Poi la sentenza. «Mi ha aggredito lei Era fuori di sé» Una storia maledetta tra gelosia e possesso L'ultima lite nella notte tra il 26 e il 27 luglio L'attrice è morta dopo cinque giorni di coma MarieTrintignant è morta dopo 5 giorni di coma Bertrand Cantant scortato dalle guardie nell'aula del processo

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