De Villepin: bisogna tornare allo spirito dell'11 settembre

De Villepin: bisogna tornare allo spirito dell'11 settembre IL MINISTRO DEGÙ ESTERI FRANCESE SULLA MINACCIA GLOBALE DEL TERRORE De Villepin: bisogna tornare allo spirito dell'11 settembre «La comunit^hternazionaledevé realizzareiina nuova unità per combattere un virus mortale, opportunista e mutevole» intervista Francois Bonnet, Moufla Naim, Cfaire Tréan MINISTRO De Villepin, un anno dopo l'inizio della guerra in Iraq, dirà anche lei, come già Romano Prodi, che il mondo è diventato meno sicuro? «Questa è una convinzione che non ho mai smesso di esprimere. Bisogna guardare in faccia la realtà: siamo entrati in un mondo più instabile e pericoloso, dove si richiede la mobilitazione di tutta la comunità intemazionale. C'è da rispondere alle minacce e allo stesso tempo bisogna ricomporre l'ordine intemazionale. La nostra carta migliore, prima condizione di efficacia, è l'unità». E' la guerra in Iraq ad aver creato questa instabilità mondiale? «Non semplifichiamo all'eccesso una realtà complessa. La guerra in Iraq non ci ha condotto ad ima stabilità maggiore. Restiamo ai fatti: in Iraq prima della guerra il terrorismo non esisteva; oggi ne è uno dei principali focolai. Assistiamo al moltiplicarsi della violenza, contro le forze della coalizione, contro gli stessi iracheni, come testimonia l'attentato di ieri a Baghdad. Questo terrorismo tocca tutti, la minaccia è sempre presente. La tragedia di Madrid dimostra come l'Europa non ne sia risparmiata. La comunità intemazionale deve prenderne consapevolezza e migliorare gli strumenti che ha a disposizione per combattere al megho». Quello che ci sta descrivendo è un completo insuccesso dell' azione americana in Iraq. Che cosa le sembra che sia stato fatto di positivo? «Una pàgina buia della dittatura è stata girata. Ma è urgente creare le condizioni per una sicurezza e una stabilità durature, Dobbiamo fare in fretta visto che questo terrorismo, ed è una delle sue caratteristiche, non cessa di evolversi. E' un virus opportunista, mutevole, cambia e si adatta. Noi dobbiamo cercare di superarlo. La mia convinzione è che bisogna ritrovare lo slancio che aveva condotto la comunità intemazionale a mobilitarsi all'indomani dell'li settembre. L'azione militare in Afghanistan, condotta sotto la guida delle Nazioni Unite, ha raggiunto i suoi obiettivi. E' stata portata avanti nel quadro di una strategia chiara che non perdesse di vista la necessità di porre fine al regime dei Talebani, sostenitore del terrorismo. Si deve riprendere l'iniziativa e trovare nuove strategie che si adattino ad un terrorismo eclatante e mondiale, che agisce sia su piani locali sia a livello planetario». Sulla questione irachena non c'è l'unità della comunità internazionale: le dichiarazioni di Zapatero che annunciano un rimpatrio del contingente spagnolo, non hanno piuttosto ravvivato i disaccordi? «E' un processò negativo. Di fronte ad un terrorismo che cerca continuamente di dividere la comunità internazionale, la nostra arma migliore è l'esigenza di verità e azione; dobbiamo rimanere fedeli ai nostri princi¬ pi, valori e diritti. Le dichiarazioni di Zapatero sottolineano la necessità di un sussulto della comunità intemazionale, di un lavoro collettivo prima di ai^ivare alla scadenza del 30 giugno. Dobbiamo mobilizzarci tutti nel combattere il terrorismo con una cooperazione rinforzata iiéhe tocchi polizia, giustizia e informazioni. Bisogna anche proseguire nello smantellamento della rete finanziaria. La nostra determinazione è totale. Ma non ci sarà sicurezza possibile se non consideriamo la specificità di questo terrorismo, il suo nutrirsi di crisi mondiali, di umiliazione, ingiustizia e povertà. E' quindi nostro dovere cercare soluzioni politiche per le situazioni di crisi. Vale per l'Iraq come per i vicini Paesi orientali». C'è ai vostri occhi un'incertezza sulla scadenza del 30 giugno? «Tutti sono consapevoli dell'importanza di rispettare questa data. Ma è necessario un ritomo ad una vera sovranità che garantisca agli iracheni dei poteri veri. Non ci siamo ancora arrivati. Bisogna quindi accellerare i nostri movimenti». Voi avete proposto ima riunione della Conferenza intemazionale. Non è diventata una panacea per questa regione? «E' un mezzo essenziale per il dialogo e la mobilitazione. All'indomani della guerra in Afghanistan, la conferenza di Bonn ha permesso alla comunità intemazionale di riunirsi per portare un sostegno ad un piano di regolazione. Nell'Iraq si dovrebbe collegare una triplice dinamica. Serve una dinamica interiore, un processo politico per far convivere gli iracheni. La seconda dinamica dev' essere regionale. Non si può garantire l'unità dell'Iraq e arrivare alla riconciliazione in questo Paese senza l'appoggio degli Stati vicini. In ultimo occorre una dinamica internazionale che coinvolga tutti i Paesi della comunità mondiale alla ricostruzione pohtica ed economica della nazione irachena. Da qui al mese di giugno ci aspettano appuntamenti importanti: il vertice tra Unione Europea e Stati Uniti; il sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia; il G8; il Consiglio Europeo; il vertice dell'Otan e infine il 30 giugno in Iraq. Lavoriamo insieme per evitare che siano i terroristi a dettare la nostra agenda». Crede che gli Stati Uniti possano cambiare qualcosa? «E' nell'interesse di tutti: degli Stati Uniti, dell'Europa come del Medio Oriente. Uno Stato, quale che sia la sua potenza, non può assicurare o garantire da solo la sicurezza del mondo. C'è necessità di decisioni collettive fondate su accordi. Bisogna affrontare oggi le questioni aperte ed etemamente rimandate a domani. E' per questo che la Francia ha proposto riunioni urgenti dell' Unione Europea e del Consiglio di Sicurezza» Quale può essere il contenuto dì una nuova risoluzione? «Il voto di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza è utile solo se definisce la strada da seguire, fissa un calendario e degli impegni e non si acconta di riconfermare decisioni già prese. Legittimità e responsabilità devono andare di pari passo. Non abbiamo più il tempo di aspettare: bisogna stabilire le modalità di desi¬ gnazione di un'autorità irachena interinale e realmente rappresentativa. Il governo che si instaurerà il 30 giugno deve beneficiare di una sovranità reale. La posta in gioco è alta. Perchè le decisioni che riguardano oggi l'Iraq e il vicino Oriente sono scelte che toccano tutti noi». L'avvento di un governo in Iraq è compatibile con il mantenimento delle forze oggi presenti anche se non si chiameranno più di «occupazione»? «La situazione sarà totalmente differente. Sarà compito del governo iracheno prendersi le sue responsabilità nell'organizzazione della sicurezza. Sarà un regime di sovranità che beneficia dell'appoggio di tutta la comunità intemazionale. In questo quadro, il mantenimento delle forze nel Paese avrà tutto un altro significato. Una forza, richiesta dallo Stato eletto in Iraq, inviata dalle Nazioni Unite e stabilita dall'accordo di tutti gli Stati della regione. troverà quindi un suo spazio». Non per i terroristi. «Non dico che tutto sarà sistemato dall'oggi al domani, lo sradicamento del terrorismo sarà un problema lungo, complicato, difficile. In ogni caso, interesse comune è fare del termine del 30 giugno un successo, partendo con il piede giusto: una sovranità irachena ritrovata che apra il cammino a elezioni libere». Molti iracheni temono che il ritiro degli americani sia poi seguito da una guerra civile. «Sfortunatamente non ci sono garanzie in questo senso. Una guerra civile può scoppiare, anche per la forte presenza militare sul terreno, la cui capacità di azione è limitata dall'insicurezza recente. Dunque l'importante è ricreare un quadro politico di legittimità e rappresentativo a cui tutti gli iracheni possano aderire». Ma ora l'amministrazione Bush deve affrontare un calendario elettorale. «In questa crisi l'interesse di ognuno si unisce all'interesse generale. Oggi anche negli Usa si è consapevoli di quanto siano fondamentali le Nazioni Unite per sbloccare la situazione in Iraq. Non è un caso se ci si rivolge a Kofi Annan chiedendogli di inviare sul posto Brahimi. Mi auguro che questo ruolo dell'Onu possa intensificarsi in un quadro definito. Per velocizzare il processo serve uri agenda incontri rinforzata». Copyright Le Monde éilfife ,n,raClS'è ^^ abbattuto un dittatore ma un paese che non esportava terrorismo è ora A(fe una minaccia 77 faLéjL La tragedia •" di Madrid dimostra che anche l'Europa è diventata un obiettivo degli integralisti. Dobbiamo dotarci di strumenti più adatti a questa temibile sfida W Il ministro Dominique De Villepin . ■.■■,-;:.v-.-;' ■v-::r-'.-. :v-r ■:.. - Un iracheno, di fronte all'Hotel Mount Lebanon devastato dalle bombe