Caro figlio ti scrivo le storie del lupo da dietro le sbarre

Caro figlio ti scrivo le storie del lupo da dietro le sbarre TERZO RAGGIO DI SAN VITTORE: UNDICI DETENUTI DI UN REPARTO SPERIMENTALE SCRIVONO UN LIBRO CON UN PROTAGONISTA BRACCATO Caro figlio ti scrivo le storie del lupo da dietro le sbarre Racconti duri, intrisi di vita, di speranza e pentimento. Guidati da una giornalista di «Famiglia cristiana», gli ex tossicodipendenti si cimentano col racconto che essi stessi hanno inciso su un CD Brunella Giovata MILANO SONO favole dove c'è sempre un Lupo inseguito - «Eccoli! arrivano in gruppetti sparsi... E' me che vogliono!...» - e nessun Cappuccetto Rosso, che sarebbe figura svenevole, zuccherosa, e anche inutile. In carcere infatti ci sono solo Lupi, con la loro dignità di animali destinati alla caccia (nella parte della preda), e una qualche nobiltà d'animo (recuperata con grande fatica), che i più si ostinano a non voler vedere, per via del fatto che il naturale destino degli animali cattivi è la gabbia. Così almeno credono i più. Questo è un libro scritto in gabbia, appunto. Undici favole create da altrettanti detenuti del Terzo Raggio di San Vittore, Milano. Ex tossicodipendenti «ospiti» di un reparto sperimentale chiamato «La Nave», dove oltre al trattamento terapeutico avanzato ci si occupa molto delle persone, con particolare attenzione ai loro problemi famigliari e alle condizioni di colloquio con i figli (tutti i Lupi hanno figli e si vergognano di dir loro dove . aitano, e perché). «Quando ho pensato ad un libro di racconti scritto dai detenuti avevo in mente la coda di mogli e figli in viale Papiniano, in attesa di entrare nella sala colloqui», racconta l'ideatrice del progetto, che si chiama Emilia Patruno, è una giornalista di Famiglia Cristiana e da 15 anni fa la volontaria a San Vittore. «Pensavo alle molte volte in cui, con un misto di orgoglio e di pudore, i carcerati-papa mi mostravano le foto dei loro piccoli. Immaginavo i silenzi dei bambini e degli adolescenti, durante i colloqui, e dopo». Quel libro fatto per i propri bambini non poteva che chiamarsi Il lupo i acconta, e non poteva che contenere - in ordine sparso speranza, dolore (molto), pentimento, ma anche orgoglio, voglia di riscatto e molti altri buoni sentimenti, a dispetto del brutto proverbio che recita «il lupo perde il pelo ma non il vizio» (infatti i lupi talvolta cambiano anche il pelo, e diventano persone nuove). Sono favole vere. Gli scrittori non tacciono il loro passato, ma lo raccontano. Non si autoassolvono. Piuttosto, spiegano perché ci si può ritrovare in gabbia. «Sono il cacciatore di gallinelle più famoso della zona. Con gh armi ho affinato la mia tecnica, e anche se gh umani hanno escogitato via via impianti di difesa e di allarme sempre più sofisticati, la mia astuzia per ora ha prevalso», racconta Luca Negri. La sua è la storia d'esordio del libro, ed è la storia di un animale braccato che alla fine si arrende, «per ora». Si presenta ai cacciatori dicendo «sono un lupo, uno tra i più belli del branco. Guardatemi bene: il mio manto è lucente e nei miei occhi di ghiaccio si riflette la luna». Dice anche: «la mia fame è spietata e non conosce leggi se non quelle del destino, di cui non sono padrone». «Sono persone che hanno esplorato U lato più buio della vita umana, e questo li rende ricchi di esperienza e di cose da raccontare», dice Dario Foà, direttore del Servizio area penale e carceri della Asl di Milano. (Ascoltare il suono della voce autentica dei Lupi-interpreti può forse anche liberare in chi ascolta un piccolo talento personale e creativo, in cui finalmente ritrovarsi con un figlio». Il libro è infatti disponibile in versione CD, con detenuti-attori che si cimentano - bene - neUa recitazione (a San Vittore si fanno tante cose, tra cui anche corsi di teatro curati da Teresa Pomodoro). Alla base «c'è una sola domanda: il reciproco riconoscimento nella relazione con il padre e con la Legge. Una domanda irrinunciabile anche per chi trascorre la propria vita negandola», analizza Angelo Aparo, psicoterapeuta a San Vittore e consulente per il ministero della Giustizia. «I racconti descrivono sentieri difficili, percorsi in sahta, a volte contorti, eppure sempre capaci di lanciare una domanda cui non si può rinunciare: chi sono io per mio padre, quale funzione svolge mio padre per me?». «Figlio mio, io capisco la tua voglia di nuove conquiste, ma ricordati che sei un lupo, non un dio. Anche tu devi rispettare le regole del nostro branco, altrimenti...». E' il racconto La lacrima del lupo, di Fulvio Primerano, dove il lupo Duhka «lancia un forte ululato e grida "Io non sono come gli altri lupi. Tu non devi dirmi cosa devo fare: sono il più forte e non mi fermerò davanti a niente"». La favola finisce con Duhka che fugge, si rifugia spossato in una grotta del Tibet, e piange finalmente una lacrima. «"Potevo dar retta a chi mi voleva bene...". Si accucciò, e si spense per sempre». Febee Cuffari invece racconta che «effettivamente, quando ero più giovane, ero famoso nella mia zona per come guidavo veloce e spericolato, e fu lì che cominciarono a chiamarmi "il Lupo"...». E' una favola nella favola, che finisce con il narrato¬ re - finalmente libero - che riabbraccia i suoi bambini e «saliamo in auto, ci allacciamo la cintura, si parte. "Dai papà, corri, dacci dentro con l'acceleratore, schiaccia"...». E lui, saggio: «Ehiragazzini, qui non siamo in pista. Per strada si guida, non si corre...». Non é un banale lieto fine lacrimevole, grazie alla postilla furale, due righe più in basso: «Vorrei che fosse qui mio padre». E Francesco Ghelardini: ((Anche oggi ho fatto la mia parte nel branco, ho assolto ai miei doveri di pattugliare il territorio. E' un attimo farselo sfuggire da sotto le zampe e il ringhio feroce lo devi fare per primo, se non vuoi diventare un lupo isolato». Un giovane lupo molto aggressivo, che però confessa «mi piace così tanto allontanarmi tutte le mattine con l'autobus...». Sguardi indagatori al di là della porta di una cella

Persone citate: Angelo Aparo, Cuffari, Dario Foà, Emilia Patruno, Francesco Ghelardini, Fulvio Primerano, Luca Negri, Lupi, Teresa Pomodoro

Luoghi citati: Milano, Tibet