Il salotto buono della città è scomodo

Il salotto buono della città è scomodo Il salotto buono della città è scomodo La fotografìa scelta per la locandina di «Meditazioni urbane. Una Torino scomoda in venti immagini», la mostra di Sergio Gioberto che s'inaugura sabato sotto i portici di piazza San Carlo 182/196, ritrae una madre, un padre, una bimba e una donna che dialoga con loro. L'ambiente è una soffitta. Si vede l'inclinazione del tetto, si coglie come lo spazio sia interamente occupato da un letto e da pochi mobili. La donna è una volontaria e la mostra allestita nel salotto buono della città, dove il sabato si va con il cuore leggero e gli occhi nelle vetrine, è dedicata all'impegno dei 58 Gruppi torinesi di Volontariato Vincenziano: un sorta di «servizio sociale» parallelo, che con i servizi sociali comunali collabora strettamente, fatto di 915 volontari effettivi, 204 collaboratori, 21 religiose, 3 missionari, 5 obiettori. Gente che sostiene 768 famiglie italiane e 482 straniere, che nei centri di ascolto incontra 14.800 persone, che ne ospita 210 nei centri di accoghenza (per lo più madri con bambini, donne sole, giovani straniere che hanno denunciato i loro sfruttatori). Non è tutto, ma tanto basti a rendere l'idea della dimensione. Gente che crede nell'espressione di Raoul Follereau «Vivere è aiutare a vivere». La fotografia della soffitta così angusta è forse più di altre - la mensa, il centro di ascolto, l'ambulatorio rappresentativa della realtà. «Una famigha di quattro persone vive in 19 metri quadrati da anni. La bimba più grande va a scuola e ha cominciato a manifestare disturbi. Come si può crescere in modo equilibrato se non si ha lo spazio minimo per muoversi? Anche la madre non ce la fa più», raccontava una suora vincenziana pochi giorni fa, dopo la notizia della coppia che vive in auto a causa di uno sfratto. Due adulti e due bambini costretti in 19 metri quadrati non se la passano meglio. Certo, nella graduatoria delle disgrazie conclamate non possono comparire: hanno un tetto vero sulla testa. E' con gh esseri umani che possono contare su 19 metri quadrati (e anche meno) che lavorano i volontari. «Le visite a domicilio - racconta Luisella sono l'aspetto più difficile del nostro impegno. Bisogna essere preparati psicologicamente, saper dialogare, conquistarsi la fiducia». Nelle case i volontari vanno per portare aiuto, per sostenere gh immigrati quando l'inserimento è difficile. «In 15 anni la povertà è molto cambiata», dice Luisella. E pronuncia la parola «miseria» che riporta ad altri tempi. Solo che parla di oggi. Maria Teresa Martlnengo

Persone citate: Maria Teresa, Raoul Follereau, Sergio Gioberto