«L'ospedale non mi cura», anziano si toglie la vita

«L'ospedale non mi cura», anziano si toglie la vita IL PENSIONATO AVEVA 75 ANNI E VIVEVA CON LA FAMIGLIA A PINASCA: DA TEMPO SOFFRIVA DI UN GRAVE DISTURBO ALLA VESCICA «L'ospedale non mi cura», anziano si toglie la vita Trovato impiccato in casa: un esposto del figlio alla procura di Pinerolo la storia - Massimo Numa QUESTA è la cronaca di un viaggio nel cuore oscuro della malattia, a bordo del folle ottovolante della sanità pubblica; una specie di film horror che scuote e piega l'animo degli uomini. Anche i più forti. Come Michele Richiardone, 75 anni, operaio in pensione, padre di due figli, nonno di Giulia, che l'altra mattina alle 8,30 s'è impiccato nella sua casa di Rinasca. Era un uomo forte, Michele. Ha lottato sino all'ultimo, sino a quando non gli hanno fatto «perdere la dignità». Così s'è ucciso. Prima ha scritto una lettera: «Cari figli, perdonatemi per questo gesto ma il male che mi affligge è diventato insopportabile. Vostro papà». Ultima riga: «Stanotte ho avuto tanto male, ho perso tanto sangue». Il figlio Riccardo, 1' 11 marzo, aveva inviato una lunga letteradiario al direttore dell'Asl 10 di Pineralo e, per conoscenza, anche al «sig. Primario del reparto Urologia». Ieri, superato lo choc, ha deciso di rivolgersi anche alla procura. Vuole un'inchiesta. Ra- Eida, se possibile. Perché la rabia è tanta, e gh interrogativi esigono risposte in tempi brevi. Il 12 febbraio scorso Michele (soffriva di una grave polineuropatia alle gambe e alle braccia e, pur non essendo paraUzzato, non riusciva quasi più a muoversi) entra al pronto soccorso dell'ospedale di Pinerolo, accompagnato dai figli, per un disturbo alla vescica. L'urologo di tumo molto gentile - gli posiziona il catetere e dice di tornare in ambulatorio il 16 febbraio. «Chiedo se è necessario portare l'impegnativa ma la risposta è "no, mi porti solo il foglio che le rilascio adesso"», dice Riccardo. La mattina del 16 febbraio eccoli lì, di nuovo in ambulatorio. Il medico «dell'impegnativache-non-serve» non c'è. Quello che lo sostituisce, secondo i familiari, «ha un tono scortese ed arrogante». L'impegnativa ci vuole, eccome. La visita? «Dura «trenta secondi, vengono disposti solo degli esami». Si toma a casa. Ma la crisi si aggrava e, alle 19, di nuovo in ospedale, di nuovo il catetere. Obbligatorio ripresentarsi l'indomani in ambulatorio per la terapia. Così accade. La parola a Riccardo: «Poco ci manca che quel dottor ci prenda a calci: "Che ci fate di nuovo qui? Mancano le analisi". Insistiamo, perché mio padre ha male, sempre più male. Allora ci dà delle pastighe». L'ottovolante scende e sale. Vola nel vuoto. Una delle analisi da fare è un'ecografia all'addome. Si va nella sede di Pomaretto con l'impegnativa ma, allo sportello, dicono che siccome l'eco è di «classe I deve essere prenotata direttamente dal medico di base». Questi, però, ribatte che lui non telefonerà proprio a nessuno. Motivo: «Non è compito mio». Altra corsa a Pomaretto. Il direttore spiega («con gentilezza») che «forse allo sportello hanno interpretato male ima circolare dell'Asl». L'ecografia si farà, ma il 18 febbraio. Il 26 febbraio il calvario ricomincia. Un medico: «Lo dobbiamo operare di corsa, per probabili polipi nella vescica, il citologico evidenzia la presenza di cellula neoplastiche, prenoto io il ricovero. E' di classe I, telefoneranno a giorni dal reparto». Il 3 marzo Riccardo toma a Urologia «per verificare che non si siano dimenticati di noi». «"E' in lista d'attesa", spiega la caposala. E il catetere? Non va sostituito ogni tanto? "Sì, ogni quindici giorni, non ve l'hanno detto? Ma lo fanno solo il mercoledì e ora è troppo tardi"». Dal «posizionamento» è passato quasi un mese. I dolori si fanno atroci. «Il 4 marzo telefono all'infermiera di Urologia, chiedo se per favore posso portare mio padre per la sostituzione del catetere. Risposta: appuntamento per mercoledì 10 marzo». Il 9 marzo il male è lancinante. Michele è piegato in due, non può muoversi. Le sofferenze sono continue. Quelli di Urologia gli suggeriscono di portarlo al pronto soccorso. Lì c'è un dottore. Il figlio se lo ricorda come se lo avesse davanti: «Ha detto testualmente queste parole: "Ma allora non capite proprio niente...". Poi prescrive delle medicine. Ma il catetere non lo toglie». Infine, l'ultima stazione della via crucis dell'ex operaio Michele. E' l'il marzo. Al quarto tentativo, un medico riesce a strappare dal corpo il catetere. Questa è un'autentica, inutile. sessione di tortura. Michele urla disperato. L'intervento non si fa, la prenotazione è andata persa. Considerazioni amare, quando ancora il padre è vivo: «Mentre scrivo mi vengono in mente i molti facili discorsi sulla malasanità. Penso che gli uomini abbiano ancora un molo e i disservizi spesso dipendano da loro; penso anche che il medico che non sa distinguere "l'utente" da un essere umano che soffre e che approfitta della sua condizione per comportarsi con arroganza, questo medico vale ben poco. Quando sai che le Uste d'attesa spesso si sciolgono come neve al sole. La rabbia si fa cieca ed impotente». Addio nonno Michele. Davvero, non meritavi di essere trattato così. ^^t Cari figli perdonatemi "^ per questo gesto ma il male che mi afflìgge è diventato nsopportabile. Vostro papà (Stanotte ho avuto tanto male e ho perso tanto sangue) SS La tragedia di un uomo che si è sentito sballottato tra reparti e ambulatori «A un certo punto ci hanno spiegato che una circolare Asl era male interpretata» A fianco, Riccardo Richiardone, uno dei figli dell'uomo che ieri s'è impiccato nella sua casa dì Rinasca: in giornata ha presentato un esposto in Procura per chiedere ai magistrati di far luce sulla fine del padre Michele Richiardone in una foto con la moglie Cesira

Persone citate: Massimo Numa, Michele Richiardone, Riccardo Richiardone

Luoghi citati: Pinasca, Pinerolo, Pomaretto, Tempo