Le donne in crisi nella rete di Prisco di Michele Prisco

Le donne in crisi nella rete di Prisco Le donne in crisi nella rete di Prisco Felice Piemontese Ef toccato a Michele Prisco lo stesso destino di altri scrittori che hanno avuto successo: essere etichettati come autori "facili", "di consumo", o al massimo come attardati continuatori della tradizione letteraria ottocentesca. Laddove l'esperienza dello scrittore napoletano, scomparso di recente, pur affondando le sue radici in una tradizione effettivamente in gran parte esaurita, la innervava e la sostanziava di preoccupazioni e suggestioni molto più moderne. Tratte principalmente (ma non solo) da una non superficiale frequentazione di una certa zona del romanzo francese novecentesco, che ha in autori come Gide da un lato e Mauriac o Julien Green dall'altro (ma non escluderei Simenon) i suoi principali esponenti. Lui, poi, Prisco, ha fatto lungo tutta la sua camera scelte che in certo modo accentuavano il tono un po' démodé della sua narrativa: chiamando i suoi personaggi Reginaldo. Delfino, Radiana, Iris (come perfidamente notava Annamaria Ortese) e usando una lingua iperletteraria. Con un obiettivo dichiarato, che è quello di immergere il lettore nella pagina più che di dispome come d'uno spettatore, o di un collaboratore, per "restituire al lettore la pienezza della vita nella sua complessa, misteriosa ineffabilità". Di qui 'l'insistenza agli odori ai sapori e ai sopori d'un ambiente quasi sempre provinciale e borghese" e anche certi indugi e lentezze della pagina. Di una così avvertita consapevolezza delle proprie ragioni (si chiamava Le ragioni narrative la rivista che Prisco e altri scrittori pubblicarono negh Anni Sessanta, mentre incombeva la neo-avanguardia, che invitava a tutt'altre scelte) la critica più pigra non ha tenuto peraltro gran conto, tanto che Prisco, per il solo fatto di essere napoletano e di avere pubblicato i suoi primi libri negh Anni Cinquanta, si è trovato addirittura indicato talvolta come esponente del neo-realismo, da cui è stato sempre lontano le mille migha. Si tratta dunque di un altro autore che per certi versi è da riscoprire. Intanto, se ne possono leggere quattro racconti mediti pubblicati, con prefazione di Giuseppe Galasso, da un nuovo editore napoletano, Graus (deve, però, urgentemente assumere un correttore di bozze). Il libretto. La pietra bianca, raccoglie testi scritti (presumibilmente) in epoche diverse, e che forniscono, in estrema sintesi, un succinto catalogo dei motivi e delle atmosfere narrative di Prisco. In uno, il più riuscito, una donna ritoma (fuori stagione) nella località balneare in cui ha vissuto una storia d'amore infelice per riviverne i momenti più intensi prima di suicidarsi. In un altro, una coppia che festeggia le nozze d'oro scopre che i figli hanno una vita completamente diversa da quella che immaginavano, secondo le convenzioni borghesi, che incombono, tuttavia, e impongono le proprie ragioni. Né manca un tuffo nel passato, con una famiglia aristocratica che lascia Napoli mentre stanno per arrivare gli uomini di Garibaldi e sta per crollare (almeno in apparenza) il mondo di cui fanno parte (ma il figlio maggiore si sottrae alla fuga). La misura breve non è la più congeniale a Prisco, che ha bisogno di tempi lunghi per mettere a punto quel complesso dispositivo narrativo nel quale possono trovare piena ragione le ossessioni, le ambiguità, i conflitti che muovono i personaggi. Anche qui, però, l'attenzione per il mondo borghese, per figure femminili colte in un momento di crisi che è rivelatore di ancor più profondi disagi, e pronti a trasformarsi in dramma, dà vita a pagine di grande finezza psicologica e a personaggi di indiscutibile spessore umano. Michele Prisco La pietra bianca Graus pp.80.ei1 R A C C O N T

Persone citate: Annamaria Ortese, Gide, Giuseppe Galasso, Julien Green, Mauriac, Michele Prisco, Prisco Felice Piemontese, Simenon

Luoghi citati: Napoli