Nel circo vivace e colorato di Fogazzaro

Nel circo vivace e colorato di Fogazzaro I CLASSICI-LA STAMPA Andrea Vitali N Nel circo vivace e colorato di Fogazzaro OMBRETTA sdegnosa del Missipipì, non far la ritrosa e baciami qui. All'incirca vent'anni fa usai la rimetta che lo zio Piero Ribera recita per il divertimento della piccola Maria, l'Ombretta della strofa. Avevo invitato una ragazza, bionda, a visitare con me la Valsolda, ripercorrendo i luoghi del Piccolo mondo antico di Fogazzaro. Certamente il mio invito nascondeva anche altre intenzioni, la giomata, alla fine, avrebbe risolto un interrogativo die mi ponevo da un po'. Ombretta sdegnosa del Missipipì, avrei detto, non far la ritrosa e baciami qui. Qui, dove, accanto a quale simbolo del romanzo avrei osato cantilenare la rima?, andavo chiedendomi, sotto un cielo ottobrino greve di nuvole veloci, spinte da quella stessa breva che accompagnal'inizio del romanzo. Dappertutto c'era un religioso silenzio che, come dire?, non permetteva di pensare alle tensioni morali, civili, sentimentali che percorrono il romanzo. Le teneva lontane, impedendomi di riportare alla mente il contemplativo protagonista. Franco Maironi, ed anche Luisa Rigey, la donna che egli sposa in spregio ai desideri ' della nonna, marchesa Orsola, vecchia e vendicativa babbiona filo-austriaca. Piuttosto ero curioso di incontrare l'altro mondo di Fogazzaro, quello veramente piccolo, dialettale, affamato e intrigante, che dalle pagine del romanzo esce, protagonista di un circo vivace e colorato, facile ancora da incontrare. Morte, oggi, le alte tensioni che percorranola storia, mi dicevo, seppeUiti sacrifici supremi, sentimenti onnipotenti, aneliti e ansiti. Non loro invece, gli umani protagonisti della favola che si ripete, non ancora: i prevostoni dalle pance importanti, i barcaioli dal naso come una vela, le servette silenziose e furtive, i pescatori silenziosi odorosi d'alga, i contadini storti come le loro viti, i burocrati del risotto, i succhiatori di vino, certi uomini che si fanno allacciare le scarpe dalle moghe, certe suocere anche, in tutto simili alla marchesa Orsola "che sapeva praticare l'arte insolente della sordità come tutti coloro che assolutamente yoghono un mondo secondo il proprio comodo e il proprio gusto". Certo non mi illudevo di incontrare il sòr Paolo, il curatone di Furia oppure il signor Controllore. Ma i luoghi, le strade, gh angoli di lago scrutati, le creste dei monti incombenti oltre le quali chissà quanti pensieri di fuga s'erano persi, quelli sì. E quella natura che Franco Marroni trasforma a sua immagine e somiglianza: l'elea fragrante, i cipressi, verbene, petùnie e portaluche. E il ficus repens, "che vestiva le muraghe verso il lago". In una chiesa trovai, annegata in un'acquasantiera, una falena: la stessa morte che fa la piccola Maria, l'Ombretta dello zie Piero. Morte emblematica per chi abita le rive del lago, dal doppie, equivoco sapore: di viaggio senza ritomo, specie quando le acque non restituiscono il corpo, ma anche di ritomo alla materia che ci ha protette e nutrito sino al momento di nascere al mon¬ do. Non comparve, purtroppo, alcun prevostone o scaccino legnoso. Nemmeno la più umile e pettegola delle beghine si fece viva per recitare un pateravegloria in memoria della farfalla nottuma. Ombretta sdegnosa, mormorai, con tono di preghiera. La compagna di quella escursione che aveva sempre più il tono del pellegrinaggio, era del tipo teutonico. Bionda, e Iho detto. DaiTocchio azzurro, dico ora: dotato di guizzi imperiosi, fulminanti. Una lucentezza di comando che, per suggestione forse?, andava sempre più facendosi simile allo sguardo che Alida Valli ha, vestendo i panni di Luisa Rigey, nella versione cinematografica del romanzo diretta da Mano Soldati. Fu pensando agh splendidi contrasti in grigio bianco e nero della pellicola che le proposi di visitare anche il piccolo cimitero di Oria, l'ultimo posto utile per porre la mia domanda. Ormai però mi sembrava di camminare accanto alla beUissima Alida, non più con lei e ancora me ne rammarico. Cavalier servente adesso, al massimo valletto. Oppure, ecco, un ragazzetto di cortile che accompagnava la bella signora alla sua barca e l'avrebbe aiutata a salire. Chi avrebbe mai osato una dichiarazione di fronte alla sua imperiale bellezza? Io, ne. Ci ponemmo davanti alla stanchezza della breva, il vento che ormai calava e non sollevava più spruzzi dall'acqua ma la costringeva ad un muto ritornello ipnotico. Era il momento magico del crepuscolo : della giomata ma anche della storia, quando nel grembo di Luisa Rigey spunta infine un "germe vitale preparato alle future battaghe dell'era nascente". Ombretta sdegnosa del Missipipì, non far la ritrosa ma baciami qui. La mia compagna non comprese che quella frase era per lei, non poteva farlo d'altronde. Infatti non mi rispose né sì né no. «Piccolo mondo antico» con La Stampa il 9 marzo: morte le alte tensioni della Storia, sopravvive la favola, quell'altro mondo davvero angusto, dialettale, affamato e intrigante Antonio Fogazzaro Piccolo mondo antico intr. dì Luigi Batdacci pp. 382. « 4,90 in edicola con La Stampa martedì 9 marzo

Luoghi citati: Oria, Valsolda