Attacco kamikaze al porto di Ashdod Uccisi undici israeliani di Aldo Baquis

Attacco kamikaze al porto di Ashdod Uccisi undici israeliani I TERRORISTI HANNO CERCATO DI FAR ESPLODERE ANCHE DEPOSITI DI GAS Attacco kamikaze al porto di Ashdod Uccisi undici israeliani Un attentato «strategico» firmato insieme da Hamas, Jihad e Al Aqsa che ha mandato a monte l'incontro di domani fra Sharon e Abu Ala Aldo Baquis TEL AVIV Undici manovali israeliani sono morti a causa d'una incursione compiuta ieri nel porto di Ashdod (30 chilometri a Sud di Tel Aviv) da due kamikaze palestinesi a cui era stato ordinato di farsi esplodere il più vicino possibile ai deposili di bromo e di ammoniaca. «Se fossero riusciti nel loro intento - ha stimato il sindaco di Ashdod, Zvi Zilcher tutta la città ne avrebbe risentito». Un attentato strategico, sincronizzato a tavolino con un delicato appuntamento politico israelo-palestinese. Mentre i due terroristi si avvicinavano alla meta, a Gerusalemme alcuni collaboratori di Ariel Sharon stavano dando gli ultimi ritocchi alla agenda di un summit, previsto per domani con il suo omologo palestinese Abu Ala. «E'stata una sincronia perfetta», ha commentato da Gaza Abdel Aziz Rantisi, un dirigente di Hamas: perché mentre a Geru¬ salemme veniva diffuso un comunicato ottimistico e distensivo, ad Ashdod si erano appena uditi due forti boati, interpretati in un primo momento come un incidente sul lavoro. Quando sul tavolo di Sharon è giunta la rivendicazione politica della strage - da parte di Hamas, Jihad islamica e anche di al-Fatah, il movimento politico del premier palestinese - la reazione è stata immediata. «Tutti gli incontri con l'Anp sono cancellati fino a nuovo ordine», ha esclamato il premier. A nulla è valsa una successiva condanna dell'attentato da parte di Abu Ala. Gli autori di uno dei più arditi attacchi palestinesi in territorio israeliano avevano appena 18 anni ed erano entrambi originari di Jabalya, un campo profughi a Nord di Gaza. Nabli Massud, membro delle Brigate dei martiri di al-Aqsa (al Fatah), era uscito di casa la notte precedente, senza dire ai genitori quale fosse la sua meta. Ieri il padre, Ibrahim, ha avuto parole di elo¬ gio per il suo comportamento: «Rispetto ai crimini compiuti quotidianamente dagli israeliani - ha rilevato - ha fatto ancora troppo poco». Con Nabli c'era anche Muhammed Sallem un militante del braccio armato di Hamas, Ezzedin al-Qassam. Non si sa ancora come abbiano potuto raggiungere il territorio israeliano, una delle ipotesi è che per loro fosse stato approntato un tunnel. Il primo kamikaze è entrato in azione nel pomeriggio. Nel porto di Ashdod - una struttura superportetta, sia da terra che dal mare - era noto come venditore ambulante di sigarette e di bibite. Ormai non destava più sospetti. Ieri invece indossava un corpetto esplosivo di produzione sofisticata, quasi senza precedenti nel suo genere e forse procurato dai guerrigUeri libanesi Hezbollah. L'uomo, entrato nel porto dopo aver tagliato una rete di recinzione, ha chiesto ad alcuni manovali dove fosse il deposito di bromo, il magazzino 202. Fatti pochi passi, è esploso. Quasi nello stesso momento è entrato in azione il secondo kamikaze, nei pressi di una cancellata d'ingresso. Ha detto ad alcuni passanti che aveva sete, ha chiesto dove ci fosse -un rubinetto. Quindi ha attivato il proprio corpetto esplosivo. Nel porto ci sono state scene di terrore. Presto si è sparsa voce di un terzo kamikaze in procinto di entrare in azione. In cielo, elicotteri della polizia cercavano invano di dare la caccia à chi, presumbilmente, aveva portato in automobile ad Ashdod i due terroristi. Poco dopo dal Libano la televisione degli Hezbollah, al Manar, ha mandato in onda la rivendicazione dell'attentato. Un'ulteriore conferma del Uvello di contiguità maturato fra la guerriglia hhanese (sciita) e quella palestinese (sunnita). Un elemento che dovrà essere valutato dai dirigenti israeliani mentre Sharon si accinge a ordinare un ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza. Proprio questo scenario doveva essere affrontato nell'incontro (andato a monte) con Abu Ala. Secondo gli Stati Uniti è necessario evitare che a Gaza si crei un vuoto di potere che presumbilmente sarebbe sfruttato dai gruppi integrahsti di Hamas e della Jihad islamica. Occorre dunque - secondo Washington - che si verifichi un passag'io dei poteri, ordinato e graduae, da Israele verso l'Anp. Ma il fatto che la rivendicazione dell' attentato ad Ashdod sia stata sottoscritta anche da al-Fatah dimostra - secondo Sharon - che in questo momento Israele non ha alcun interlocutore valido fra i palestinesi. Hamas da parte sua ha già fatto sapere che nemmeno il ritiro da Gaza servirà a diminuire l'intensità della lotta palestinese. Al contrario. In un comunicato ha spiegato che i due kamikaze erano originari della «Palestina occupata», ossia d'Israele) e che anche Ashdod dovrà «essere liberata dai sionisti». Gli integralisti hanno annunciato che nemmeno il ritiro da Gaza farà diminuire l'intensità della lotta: tutta la «Palestina occupata» dicono, dovrà essere liberata dai sionisti Un soccorritore israeliano sulla scena dell'attentato al porto di Ashdod, 30 chilometri a Sud di Tel Aviv