Gli spagnoli divisi su come dire addìo ad Aznar

Gli spagnoli divisi su come dire addìo ad Aznar DOMENICA LE ELEZIONI: I SOCIALISTI SEMBRANO IN GRADO DI RECUPERARE CONSENSI Gli spagnoli divisi su come dire addìo ad Aznar Sul voto peseranno la contestata guerra in Iraq e la questione catalana SnHffij analisi Enric Julia na PARLARE di «miracolo» spagnolo è diventato un luogo comune in Italia. Ci sono motivi oggettivi per vederla così, anche se, al contrario degli italiani, gli spagnoli, pur appartenendo alla stessa tratUzione cattolica, credono pochissimo ai miracoli. Come ogni società che ha dovuto superare il tragico ricordo di ima guerra civile, la Spagna è poco incline al «pensiero magico». Gli spagnoli sono ragionevolmente soddisfatti del proprio paese ma, a soli quattro giorni dalle elezioni legislative, qualcosa non quadra nel paesaggio idilliaco e «miracoloso» che alcuni si ostinano a dipingere. Gli elettori che si preparano all'appuntamento del 14 marzo sono un può insoddisfatti dal governo di centrodestra e hanno voglia di cambiare, anche se forse non siamo alla vigilia di un vero e proprio terremoto pohtico. Non è una visione soggettiva. Lo confermano gli ultimi dati del GIS, l'organismo statale incaricato di svolgere indagini sociologiche: soltanto il 330Zo degli spagnoli è soddisfatto dell'attuale governo e il 600Zo diffida del presidente José Maria Aznar, il quale non si ricandida ma contìnua ad essere il principale punto di riferimento del centrodestra spagnolo. Il quadro potrebbe essere riassunto come segue: gli spagnoli sono abbastanza contenti della gestione economica del Partido Popular, ma ogni giorno si trovano più in disaccordo con lo stile pohtico deir«aznarismo», con l'atmosfera di tensione che si respira da mesi. Se in Spagna la politica è sempre un'emicrania senza fine, in questi giorni la testa sembra voler scoppiare. E ogni volta che si riaffaccia il fantasma delle «due Spagne» contro il quale ammoniva il poeta Antonio Machado durante la guerra civile, la gente perde la calma. Il Partido Popular ha ancora la vittoria a portata di mano, ma secondo gli ultimi sondaggi pubblicati dai giomah, Mariano Rajoy, il fedele successore di Aznar, si allontana giorno dopo giorno dalla maggioranza assolu¬ ta. Il 620Zo degli spagnoli dichiara ta. Il 620Zo degli spagnoli dichiara di essere favorevole a un cambiamento pohtico. La sorpresa si chiama "Bambi". Fino a qualche mese fa nessuno avrebbe dato un euro per il nuovo leader socialista José Luis Rodriguez Zapatero, battezzato dalla stampa di Madrid con il nome del personaggio di Disney a causa della sua immagine di fragilità. Rodriguez Zapatero ha avuto grosse difficoltà nel diventare il leader dell'opposizione - dirigere il PSOE non è facile, e ancor meno lo è tenere testa a un oratore «duro» come Aznar -, ma esce della campagna elettorale come «l'uomo tranquillo» della politica «l'uomo tranquillo» della pohtica spagnola, un John Kerry iberico con un programma liberal-socialista. Possiamo parlare di miracolo? No. Con Fehpe Gonzàlez ancora attivo dietro le quinte, i sociahsti sembrano aver capito lo stato d'animo della società spagnola. L'economia è molto importante, ma non è tutto. La guerra in Iraq non è sparita dalla memoria degli elettori e, a differenza degli alleati Bush e Blair, Aznar è l'unico leader occidentale che si è rifiutato di fornire spiegazioni sui falsi rapporti che hanno giustificato l'invasione militare. Forte inquietudine suscita l'aumento della tensione nei rapporti con i baschi e soprattutto con i catalani. La «questione catalana» può essere determinante per il futuro pohtico della Spagna. In questo momento il PP trionferebbe a Madrid, nelle regioni centrali (Ca- Madrid, nelle regioni centrah (Castilla-León e Castilla-La Mancha), nella Galizia (all'estremità nord-occidentale) e in parte della ricca fascia mediterranea (Valencia e Murcia). Ma perderà in Catalogna e Andalusia, due regioni importanti che ospitano 14 milioni di abitanti (un terzo del Paese) e insieme eleggono 108 deputati, ovvero, quasi un terzo del Parlamento. In Andalusia e in Catalogna vincono tradizionalmente i socialisti, che questa volta potrebbero avere uno stacco ancora maggiore. Il Paese Basco continuerà a essere fedele ai nazionalisti del PNV, ma il peso demografico dei baschi è peso demografico dei baschi è inferiore. La novità arriverebbe dalla Catalogna, dove i nazionalisti di Jordi Pujol, ritiratosi dalla prima fila della pohtica, hanno lasciato la Generahtat (il governo regionale autonomo) in mano a una coalizione di sinistra. Dal 1982 vige in Spagna un bipartitismo imperfetto et due grandi partiti «nazionali», il PP (centrodestra) e il PSOE (centrosinistra). Negh ultimi dieci anni il partito di Pujol (Convergència i Unió) ha giocato il ruolo di "terzo partito" quando nessuno dei due grandi aveva la maggioranza assoluta. CiU non ha mai avuto ha mai avuto ministri nell'esecutivo nazionale ma ha appoggiato Fehpe Gonzàlez fra 1993 e 1996 e Aznar nella sua prima legislatura (1996-2001). Cosa farebbe nel 2004 qualora i suoi voti diventassero necessari per il successore di Aznar? A quale ruolo «nazionalspagnolo» può aspirare un partito nazionalista catalano che non governa più la propria regione e il 14 marzo potrebbe contabilizzare il peggiore risultato elettorale della sua storia? Questa sarà la grossa incognita se domenica prossima Mariano Rajoy, un galiziano moderato e tranquillo che non è riuscito a imporre il suo stile a ima campagna elettorale pilotata ancora dall'energico Aznar, non riuscirà ad ottenere una comoda maggioranza. Sarebbe disponibile il PSOE a proporre una maggioranza alternativa con gh ex comunisti di Izquierda Unida e le minoranze regionali? Difficile. Per tranquillizzare gh animi Rodriguez Zapatero ha dichiarato in questi giorni che non intende formare un governo qualora se non otterrà più voti di Rajoy. Conquistare la maggioranza assoluta (175 dei 350 deputati) è diventato essenziale per un PP privo della valvola di sicurezza che gh garantiva Pujol. Questo spiega perché Aznar e la FAES (un "think thank" molto legato ai neoconservatori statunitensi) hanno scelto la strategia della tensione: «O noi o il caos». Tuttavia, non è detto che agli spagnoli piaccia così tanta tensione. Pochi giorni fa la ministra degh Esteri Ana Palacio paragonava la Spagna a una bottiglia di buon champagne appena stappata. Ma tutti sanno che non conviene agitare troppo lo champagne. Vicedirettore della «Vanguardia» (Traduzione Gruppo LOGOS) Soddisfatti per i successi economici non amano lo stile politico del governo