MOSCA Il complotto contro Putin

MOSCA Il complotto contro Putin ^^^■^ A POCHI GfORNr DALLE IWESira^ MOSCA Il complotto contro Putin la storia MOSCA ERA la commedia da avanspettacolo che aveva animato una campagna elettorale altri: menti quasi inesistente, la scomparsa misteriosa e la ricomparsa ridicola del candidato Ivan Rybkin. Un giallo pasticciato in cui figuravano agènti dell'ex Kgb e reginette di bellezza compiacenti, separatisti ceceni e oppositori ucraini, occhiali scuri e droghe psicotropiche, bugie e smentite, magistrati perplessi e mogli gelose. Ma quella che sembrava una farsa poteva finire in tragedia; Rybkin doveva venire ucciso per poi attribuire la responsabilità dell'omicidio pohtico a Vladimir Putin. «Qualcosa non ha funzionato», rivela Vladimir Soloviov, famoso conduttore televisivo che afferma di aver sentito con le sue orecchie da Boris Berezovskij, il «patrono» di Rybkin, il piano diabolico. E spiega di essersi deciso a parlare, a quattro giorni dalle elezioni, perché teme che «qualcosa possa succedere» agh altri candidati in lizza. E apre un thriller fantapolitico destinato a vivacizzare gh ultimi giorni della campagna elettorale. In una fredda domenica di dicembre, qualche giorno prima di Natale, un aereo privato atterra nei pressi di Londra. Qualche ora prima era decollato da Mosca, da Vnukovo-3, un piccolo aeroporto nascosto agh occhi indiscreti nei boschi intorno alla capitale russa e conosciuto solo da chi possiede un velivolo privato. Tutto è all'insegna del lusso, l'interno del jet, il cibo e i vini serviti, le hostess selezionate per la loro beUezza che cercano di allietare il volo all'unico passeggero a bordo. Alla loro cortesia professionale si aggiunge forse anche la curiosità; l'uomo che si trincera dietro all'ultimo giallo di Akunin è uno dei volti televisivi più noti della Russia, Vladimir Soloviov, lo spietato intervistatore di vip e conduttore di talk show al vetriolo della rete privata «Ntv». All'atterraggio sul suolo britannico aljet viene avvicinata la scaletta, ma il passeggero resta nel salone. A bordo sale di corsa un uomo, piccolo, calvo, si muove rapido, scattante, quasi nevrotico, parla con una fretta febbrile: «Ho in mente, chiaro, il piano di come far cadere il potere di Putin», dice. Potrebbe sembrare uno scherzo, ma detto da Boris Berezovskij - l'ex padrone occulto del Cremlino, l'uomo che ha inventato il fenomeno Putin per diventare poi il nemico numero 1 del presidente russo - non lo è. E' trascorsa appena una settimana dalle elezioni alla Duma e i partiti dell'opposizione liberale, rimasti tagliati fiiori dal Parlamento, sono terrorizzati da quello che vedono come il trionfo definitivo di Vladimir Putin, l'ultimo passo verso un autoritarismo domina¬ to dagh uomini dell'ex Kgb come il presidente. A Mosca sono trascorsi sette giorni di trattative febbrili e disperate per cercare di salvare i brandelli dei liberali, negoziati deliranti tra leader ah' improvviso emarginati dalla politica che gridano alla democrazia in pericolo e non riescono ad accordarsi su un candidato unico alle presidenziah del 14 marzo 2004. Non per battere Putin, che ormai è intoccabile, ma almeno per rendergli la vita difficile. E in 'quel momento Soloviov riceve una telefonata da Londra, da Boris Berezovskij: «Ho la soluzione. No, non possiamo parlarne per telefono». L'oligarca è ricercato in Russia e non può abbandonare la Gran Bretagna che gh ha dato asilo. Manda il suo aereo a Mosca a prendere la star tv per parlargli a Londra. Nel salone del jet insieme con Berezovskij arrivano bottiglie di vino pregiato e formaggi. L'oligarca stappa, assaggia, butta via schifato, si fa portare altre bottiglie e altri formaggi appena arrivatigli da amici in Georgia, dice, sempre con aereo privato. Mangia famelico, quasi si ingozza mentre sconvolge Soloviov con la proposta di candidarsi alla Presidenza: «Sei un genio», dice con la bocca piena, e poi chiede: «Hai paura? Non ti fidi? Quanto vuoi? Dammi un numero di conto e la tua famiglia vivrà tranquilla per il resto dei suoi giorni». Non riesce a credere che la popolarità di Putin sia davvero imbattibile, «è tutto un inganno», invoca il ritorno ai tempi di Eltsin, il ritomo al potere degh oligarchi; «Solo loro possono risoUevare il Paese». Potere, stavolta, non per interposta persona: il magnate ricercato dal Cremlino vuole tornare in patria come ministro degh Esteri di un presidente-marionetta, l'errore di Putin non si deve più ripetere. «Putin è per lui un vero chiodo fisso - ci racconta oggi Soloviov lo considera una sua creatura che gh si è ribellata, ne parla in modo talmente ossessivo da far pensare a qualcosa di freudiano. Se fossi la signora Berezovskij sarei geloso». E' un delirio, e il conduttore rifiuta quella che gh sembra una proposta ridicola. Allora Berezovskij tira fuori la sua carta segreta, gh dice di avere un piano, ma non vuole parlarne sull'aereo. Soloviov non ha il visto britannico, ma scende e sulla pista d'atterraggio l'ex uomo più potente della Russia confessa: «Abbiamo bisogno di una vittima sacrificale». E poi spiega il suo progetto: non può trattarsi di Putin perché, ucciso, diventerebbe un'icona nel nome della quale si consoliderebbe il regime. «Deve essere qualcuno popolare e riconoscibile, un personaggio che con la sua morte macchierebbe il potere di una colpa indelebile». Sembra un romanzo di fantapohtica, il magnate che in incontri segreti complotta omicidi e calcola se sia conveniente uccidere il padrone del Cremlino piuttosto che un pohtico minore, operando dal suo esilio attraverso una rete di agenti oscuri. Ma due mesi dopo Ivan Rybkin, candidato alle Presidenziah apertamente appoggiato da Berezovskij, scompare dopo clamorose dichiarazioni antiputiniane, e Soloviov ha il sospetto che, non avendo trovato altri «candidati», l'oligarca in esilio abbia deciso di trasformare in vittima sacrificale il suo pupillo; «Rybkin era scomparso in modo troppo "giusto", dopo una campagna indirizzata tutta all'Occiden- te e non ai russi, faceva di tutto per apparire un personaggio scomodo e, se gli fosse successo qualcosa tutti avrebbero pensato che dietro c'era il potere". E da alcune indiscrezioni Soloviov intuisce che, se avesse accettato di candidarsi, il ruolo dell'agnello sarebbe toccato a lui. Si decide a parlare: «Corro un rischio e non nascondo di avere paura, sono una persona normale, temo per me e per la mia famiglia». Ma allora perché si è deciso a rivelare quella conversazione londinese? «Perché temo che in questi ultimi giorni di campagna possa succedere qualcosa a Irina Khakamada o a Serghej Glaziev». Secondo lo stesso schema che il magnate aveva illustrato al conduttore; appoggiare e finanziare in segreto un candidato apertamente antiputiniano che si fa tentare dai soldi e dai mezzi dell'oligarca, per poi ucciderlo. La prima è liberale filoccidentale, U secondo (legato secondo alcune voci all'oligarca) è della sinistra nazionalista, ma Soloviov - che ha lavorato neUa tv di Berezovskij e lo conosce bene - non vede contraddizioni: «Non è un confiitto ideologico, è una questione pragmatica, tutta la "famiglia" di Eltsin è fatta così, l'aspetto morale del problema non esiste». Un racconto che ricorda il film «Oligarca», in cui il protagonista (Berezovskij appunto, anche se sotto altro nome) muove miliardi e politici in un gioco di scacchi dove le pedine muoiono. Alla campagna presidenziale piatta mancava un complotto per elettrizzare gh elettori, e dopo due anni di esilio la reputazione del magnate rifugiato a Londra rimane diabolica e la sua onnipotenza non viene messa in dubbio: «Ogni Paese ha bisogno del suo piccolo Mefistofele», commenta Soloviov, e descrive il suo ex boss come un uomo in delirio di onnipotenza, convinto di poter comprare vita e morte, una figura quasi tragica. Difficile accostare questo personaggio ormai più teatrale che reale allo scialbo Rybkin, i cui consensi ruotavano attorno allo zero nonostante la sua violenta critica della «dittatura di Putin)) e la cui morte difficilmente avrebbe scosso le fondamenta del potere. Ma la campagna elettorale è agh sgoccioh e il conduttore televisivo - membro della Commissione per i diritti umani e star dell'unica tv semiindipendente - non nasconde le sue simpatie per il padrone del Cremlino come alternativa aU'«internazionale degh oligarchi». Dice soddisfatto di aver fatto quello che sentiva giusto fare; «Anche se ora mi dovrò prendere deUe guardie del corpo». «Il deputato Rybkin candidato alla presidenza sparito e poi riapparso misteriosamente dopo veementi dichiarazioni contro lo "zar", doveva essere ucciso: la colpa dell'omicidio sarebbe stata addossata al capo dello Stato. L'oligarca Berezovskij mi ha illustrato il suo diabolico piano» In alto, il presidente russo Vladimir Putin, qui sopra una veduta aerea del complesso del Cremlino, il cuore del potere moscovita Il magnate Boris Berezovskij