Il cowboy che sconfisse Bin laden

Il cowboy che sconfisse Bin laden «HIDALGO». RITRATTO DI UNA AMERICA CHE PIACE A BUSH E CHENEY Il cowboy che sconfisse Bin laden Negli Usa esce un film d'azione manifesto dei conservatori retroscena corrispondente da NEW YORK QUANDO durante il braccio di ferro all'Orni sulla guerra in Iraq venne chiesto in tv al vicepresidente Dick Cheney se si rendeva conto che molti in Europa accusavano l'America di comportarsi da cowboy, lui rispose: «Non vedo cosa ci sia di male nell'essere un cowboy». Per capire cosa aveva in mente Cheney per cowboy bisogna vedere «Hidalgo», il film di ultima uscita che racconta di predoni sgominati, donne che scoprono i loro diritti e sceicchi che accettano di stringere la mano dell'Occidente. Nei cinema dell'America immersa nella campagna elettorale «Hidalgo» è l'epopea di un cowboy del West che sceglie di mettersi alla prova nei deserti d'Arabia, portando sullo schermo quei valori e simboli dei neoconservatori di George Bush che analisti e critici liberal considerano grossolani e superficiali. Siamo nel 1890 e Frank Hopkins (al secolo Viggo Mortensen ovvero l'Aragom che si batte nelle forze del bene nell'ultimo episodio del Signore degh Anelli) è il «Ragazzo Blu», un cowboy nato dall'amore fra un bianco ed una sioux a Laramie nel Wyoming, lo Stato del vicepresidente Cheney. Hopkins attraversa il West con il suo pezzato e selvaggio mustang nelle vesti di ponyexpress della cavalleria agh ordini dei generali Miles e Crook. Mezzosangue, sempre coperto di polvere, compagno di caccia di Buffalo Bill, amante delle donne e del bere, Hopkins, è l'incarnazione del West ed equipara l'intelligente e resistente mustang a George Washington come simbolo dell'America. La sua abilità con i cavalli selvaggi durante un rodeo colpisce l'inviato di uno sceicco d'Arabia che lo sfida a cimentarsi con beduini e principi arabi nella corsa più terribile: «Oceano di Fuoco», quasi cinquemila chilometri di sabbia e sole dallo Yemen alla Siria, attraversando la penisola arabica e l'Iraq fra tempeste di sabbia, temperature proibitive ed ondate di cavallette giganti. La geografia è quella della guerra al terrorismo lanciata da Bush dopo l'I 1 settembre in risposta agh attacchi terroristi di Al Qaeda e quanto avviene nelle due ore del film - realizzato dal regista Joe Johnston sulla base di una storia realmente accaduta assomigha ad una miniatura dei rapporti fra Stati Uniti e mondo arabo visti con gli occhi dei neoconservatori. Il cowboy all' inizio, sebbene sia stato invitato ed abbia pagato una lauta somma per partecipare, non è affatto benvenuto. Viene irriso da alcuni beduini che lo ritengono un debole ingenuo e minacciato da altri che lo vogliono uccidere. L'aiutan¬ te che gli viene affidato lo implora di «rinunciare e tornare indietro per evitare il peggio» con un vocabolario simile a quello usato da alcuni leader arabi per scongiurare l'attacco all'Afghanistan prima ed all'Iraq poi. Tutti considerano il cowboy un infedele e lo sceicco interpretato da Omar Sharif - che porta il nome della capitale saudita Riyadh diffida di lui al punto che non vuole neanche toccarlo per timore dell'impurità e di perdere il potere di indovinare il futuro. Ma durante la sfida nel deserto i valori del determinato cowboy che parla a voce bassa e rispetta le usanze altrui, lentamente si impongono. E' lui che scopre un complotto contro lo sceicco e che rischia la vita correndo a liberare dai predoni la figlia Jazira - interpretata da Zuleikha Robinson - con un assalto a cavallo sostenuto dai beduini più fedeli, che ricorda da vicino la prima immagine dell'attacco all'Afghanistan: il soldato americano delle truppe speciali che cavalca con i miliziani dell'Alleanza del Nord contro i taleban del mullah Omar. La vittoria contro gh intrighi e gh agguati che gh vengono tesi nel deserto dell'Iraq conquistano al cowboy la fiducia dell'anziano sceicco, che alla fine vince ogni reticenza, accetta di stringere la mano all'infedele e gioisce quando l'americano taglia per primo il traguardo con il mustang sanguinante. Ma è la bella Jazira che con i suoi comportamenti descrive più d'ogni altro il cambiamento d'ap-. proccio verso l'Occidente. Obbligata dai costumi tribali a vivere da reclusa ed a nascondersi dietro il velo, trova in Hopkins un interlocutore a cui narrare la propria solitudine e svelare il desiderio di una vita più libera, dove le può essere concesso eli cavalcare e di mostrare il volto. La sconfitta dei predoni - con scene che voghono essere una via di mezzo fra Indiana Jones e Lawrence d'Arabia - coincide con la decisione dello sceicco di chiedere al cowboy di «restare» esprimendo gratitudine per quanto ha fatto per la sua famigha. Qualcosa di simile a ciò che alcuni esponenti neoconservatori - come Richard Perle e Paul Wolfowitz - si erano auspicati avvenisse in Iraq come esito della deposizione di Saddam. Ma il cowboy rifiuta. «Ho ima mia casa» risponde, tornando nel West come stanno facendo in queste settimane marines e fanteria impegnati nella più vasta rotazione di truppe avvenuta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Assieme ai predoni - imo dei quah con fattezze che ricordano Osama bin Laden - l'altra sconfitta è una donna bianca che si sente a proprio agio nel deserto ma si svela presto regina degh intrighi, somma dei difetti che alcuni nell'amministrazione Bush rimproverano all'approccio post-coloniale degli europei. t Il protagonista alla fine U no dei predoni dell'800 sfida gli sceicchi assomiglia al capo in una terribile corsa a di Al Qaeda. E la bella cavallo e li batte Jazira ama lo yankee Due sequenze del film con Viggo Mortensen, Omar Sharif e Zuleikha Robinson