KOHL Settant'anni di Germania

KOHL Settant'anni di Germania L'EX CAMCELUERE HA PRESENTATO A BERLIMO IL PRIMO VOLUME DELLE SUE MEMORIE -— ■■■■; - KOHL Settant'anni di Germania personaggio * Francesca Sforea corrispondente da BERLINO NON è un saggio di storiografia, «è la raccolta di considerazioni soggettive su alcuni eventi, osservati da una prospettiva molto personale». Ma il corso della storia e i ricordi personali, per uomini come Helmut Kohl, coincidono malgrado le dichiarazioni di intenti. E il suo libro di memorie, uscito ieri in Germania per la casa editrice Droemer, è allo stesso tempo un diario e un fatto storico. «E' vero, avevo sempre rifiutato di scrivere i miei ricordi - dice il vecchio cancelliere ai giornalisti durante la presentazione del libro all'Hotel Hilton di Berlino - ma da quando ho lasciato la presidenza del partito, dopo la sconfitta alle elezioni federali del 1998 e dopo tutte le diffamazioni di cui sono stato oggetto, ho deciso che era arrivato il momento di scrivere sul mio tempo, su come io l'ho vissuto». Oltre mezzo secolo in un solo libro? «Sarebbe stata un'illusione», dice Kohl mentre si fa strada con decisione tra i fotografi e le telecamere, come ai tempi in cui era tra gli uomini più inseguiti d'Europa. «Per quello ho deciso che sarebbero stati due volumi». Uno che va dal 1930 al 1982, anno della sua prima elezione a cancelliere della Repubblica federale, e l'altro che proseguirà sui temi della riunificazione, sulla costruzione della «casa Europa» e sulle tante amicizie personali intrattenute con i grandi della politica mondiale. «Voglio che il secondo volume sia pubblicato in occasione del mio 75" compleanno, il 3 aprile del 2005». Helmut Kohl nasce a Ludwigshafen, nella Renania-Palatinato, tre anni prima dell'ascesa al potere di Adolf Hitler. Troppo piccolo per entrare nelle file del partito nazionalsocialista, troppo grande per non ricordare come la guerra cambiò il volto del suo paese: «Mio fratello aveva quattro anni più di me si legge nei «Ricordi» - e avevamo un rapporto molto stretto. Il momento in cui l'ho salutato per l'ultima volta fa parte delle immagini decisive della mia vita. Stava per andare in guerra, e io l'avevo accompagnato la mattina presto alla fermata del tram, a cinquanta metri da casa nostra. Prima di salire si è voltato di scatto e ha detto all'improvviso: "Abbi cura di te, non ritornerò. E soprattutto bada alla mamma"». Il padre era infatti anziano e malato, aveva partecipato alla guerra anche lui e quando tornava in licenza dal fronte raccontava ai suoi amici le cose tremende che aveva visto in Polonia: «Mio fratello ed io dovevamo lasciare la stanza- scrive ancora Kohl Ci mettevamo a origliare dietro la porta ma non capivamo nulla di quanto si dicevano. Ricordo solo una frase di mio padre, il cui senso per noi bambini rimase allora oscuro: "Che Dio ci aiuti, se un giorno dovremo scontare questi delitti"». Chi vuole capire cosa è stata la vita di Helmut Kohl deve cominciare dall'inizio: «L'infanzia in una famiglia felice, il Terzo Reich, e l'esperienza di un bambino che dopo i bombardamenti scavava tra le macerie e trovava solo cadaveri». La politica, è cominciata solo dopo, nel 1947, quando il giovane Kohl sposò la causa dei cristiano democratici e partecipò, prima a livello regionale e poi a livello federale, alla grande ripresa economica e politica della Germania. «Ma tutto sarebbe andato diversamente - dice Kohl ai giornalisti - se non avessi avuto la fortuna di essere nato più tardi. Non è un merito morale della mia generazione quello di non essere stati coinvolti nella col- pa. Il caso della nostra data di nascita ci ha risparmiato di dover scegliere fra conformismo e complicità da un lato e il destino di martiri dall'altro. Non abbiamo motivi di fierezza, ma di responsabilità». Quando la narrazione dell'esperienza politica entra nel vivo, il ritmo dei diari si fa più serrato: Kohl mostra di ricordare per filo e per segno conversazioni, incontri, scambi, retroscena dei congressi di partito e dettagli di votazioni al parlamento. Non c'è nostalgia, ma l'osservazione lucida di chi considera quella storia ancora viva e presente: «Adenauer sbagliò a non precipitarsi a Berlino quando gli uomini della Sed decisero di costruire il muro. Un errore che forse gli è costato la rielezione a cancelliere, e che ha invece consacrato Willi Brandt - per primo sulla breccia, a rassicurare i berlinesi sotto choc tra i grandi della politica tedesca». Per Willi Brandt, Kohl ha un affetto particolare, non incrinato dal fatto che si trattò di un rivale politico: «Non dimenticherò mai il giorno in cui Brandt, malato, mi chiamò a casa sua - ricorda ancora Kohl - Malgrado si muovesse a fatica si alzò dal letto, e quando gli dissi che non doveva alzarsi per me, lui rispose: "Quando viene il mio cancelliere non rimango a letto"». Se c'è nostalgia, nei ricordi di Kohl, c'è per un modo di fare politica che a suo avviso non esiste più, «quando gli oppositori politici usavano le armi della politica, non la menzogna o la diffamazione». Il libro è dedicato a Hannelore, la moglie, morta suicida nel maggio del 2001 dopo 53 anni passati al suo fianco. Helmut Kohl non riesce a nascondere un profondo senso di inadeguatezza nei confronti di quella enigmatica fine. Si capisce dalla pazienza ossessiva con cui, quasi a ogni pagina, si preoccupa di annotare che «Anche Hannelore la pensava così», «Anche lei amava Berlino», «Come me provava una grande simpatia per la Francia», «Mi aiutò nella stesura di quell'importante discorso», «Era sempre contenta di presenziare a eventi pubblici». Ma è come se a ogni precisazione, la figura di Hannelore si facesse più inafferrabile e distante, vero lato oscuro della vita del marito, sempre sotto i riflettori della grande politica. Tutti sanno che la signora Kohl soffriva la solitudine, al punto da rinchiudersi in quella volontaria cecità che ne segnò la fine. Una volta, in una rara intervista, dichiarò: «Ho imparato dal mio cane, che è capace di avere fiducia nel mio ritorno per tantissime ore. E spesso è su di lui che sfogo la mia tristezza, e la mia rabbia» .11 fatto che oggi Kohl ricordi Hannelore come la compagna e la complice della sua vita suona come un tardivo risarcimento, non come la verità. Ancora una domanda, «Alt Bundeskanzler»: nel prossimo volume si tratterà anche della storia dei fondi neri della Cdu? E verranno finalmente fuori i nomi delle persone che finanziarono illegalmente il partito? «Sì, affronterò anche la questione dei fondi neri ammette impassibile il vecchio cancelliere - ma i nomi no, non li feci allora e non li farò in futuro». «Mio fratello morì in guerra quando ero bambino. Una volta mentre raccontava le imprese naziste in Polonia sentii mio padre bisbigliare "Che Dio ci aiuti se un giorno dovremo scontare questi delitti"» «Non è un merito morale della mia generazione quello di non essere stati coinvolti nella colpa Non abbiamo dovuto scegliere tra complicità o martirio. Non abbiamo motivi di fierezza ma di responsabilità» L'ex cancelliere alla presentazione del suo libro di memorie a Berlino Un uomo guarda al di là del Muro, verso la porta di Brandeburgo. Nel suo libro Kohl critica Adenauer per non essersi opposto più fieramente alla sua costruzione