Le guerre e i genocidi che l'America non ha visto di Domenico Quirico
Le guerre e i genocidi che l'America non ha visto Le guerre e i genocidi che l'America non ha visto Domenico Quirico IN un momento in cui l'America è sotto accusa per una guerra che ha combattuto, può sembrare paradossale leggere un libro che raccoglie le prove (pesanti come pietre) per mandarla sul banco degh imputati per queUe che dall'inizio del Novecento a oggi non ha avuto il coraggio o la vogha di affrontare. Eppure leggere Voci dall'inferno di Samantha Power aiuta a capire gh aggrovighati giomi di oggi. L'autrice cerca di ritrovare le orme e sentire l'eco di monumentali debiti, capire perché americani, uomini e donne per bene, hanno scelto di guardare daU'altra parte mentre si violentano i loro simili. Ripassare, e con minuzioso scrupolo, i genocidi del secolo dagh armeni al Kosovo usandoli come terribile cartina al tornasole per aprire gh annadi della pohtica estera Usa riserva sconcertanti sorprese. La compassione non è il forte dell'ultimo Impero. Mentre frettolosamente i funzionari di Washington archiviavano massacri di massa nel casellario delle accuse non provate, ghenghe dispotiche in mezzo mondo procedevano al martirio dipopohetribù. Il tre maggio 1988, ad esempio, un abominevole assassino cognato di Saddam Hussein, Al Majid, scatenò contro i riottosi curdi una Hiroscima reahzzata con un impasto autarchico di sostanze chimiche. Gh aerei del vendicativo Raiss innaffiarono viUaggi e città con prodigalità criminale di gas mostarda, sarin, tabun e aflatoxin. Quell'arsenale il lugubre dittatore iracheno se l'era costruito grazie a quella che il segretario di Stato di Reagan, George Sbultz, definiva con accorto eufemismo «una forma limitata di pohtica di equilibrio delle forze»: owero, poiché il «diavolo» erano gh scorbutici ayatollah iraniani, si fornivano 500 milioni l'anno di crediti al nemico del nemico. C'era il fastidioso tramestio di vittime non rassegnate alla geopohtica, gh strilli di funzionari così ottusi da non capire gh arzigogoli della diplomazia, gh inevitabili missionari delTidealismo. Washington resistette dietro la granitica trincea: era una guerra intema, forse condotta con metodi un po' bruschi, ma in fondo uno Stato ha ben diritto di punire i ribelli! Così Saddam la passò liscia: venticinque anni dopo, quando di quelle armi funeste gh erano rimasti solo i contenitori vuoti, è stato punito con una guerra ciclopica. Perché? E' nel campo deha pohtica intema americana che in questo secolo è stata persa la battagha per impegnare la più grande potenza deha terra nella difesa pratica delle popolazioni minacciate di genocidio. Una parola, appunto, scomoda; tanto che gh Stati Uniti hanno impiegato quaranta anni per sanzionare come figura giuridica in un protocollo intemazionale. Eppure esiste a Washington una robusta tradizione che è stata definita missionaria, che rifiuta come un peccato il recitare di fronte ai guai del resto del mondo la parte dell'ipocrita gentile e bene educato. L'ha incarnata il presidente della prima guerra mondiale e della Società della Nazioni, Woodrow Wilson. In base a questo modello gh Stati Uniti hanno il dovere di esportare il modello democratico e prevenire la guerra, cinica conseguenza semmai dell'ipocrita realismo della vecchia Europa. Wilson arrivò alla conferenza di VersaiUes con la valigia stipata di utopia e diritto dei popoh. I risultati furono tragici tanto da sollevare il non ancora risolto dilemma se hanno creato più guai al mondo i cinici realisti o l'entusiasmo degh ideahsti. La bandiera wilsoniana al Dipartimento di stato e alla Casa Bianca non è stata mai completamente ammainata. Ma non riesce a vincere. Il tragico è che la strage degh armeni, la Cambogia, Srebrenica, il Ruanda, i curdi, non sono stati, dal punto di vista delle amministrazioni americane, degli insuccesi: sono state operazioni riuscite I L'America, accusata di voler occupare il mondo, in realtà ne ha paura, teme di essere risucchiata nelle sue tragedie infinite e l'opportunità di reagire in ritardo o di ignorare gh eventi intemazionali più terribili è considerato un'inestimabile regalo della geografia. Per questo si interviene «selettivamente», terribile parolai, solo quando la tragedia o il delitto incrociano interessi fondamentali e scatenano radio, tv, giornali, lobby. Anthony Late, consigliere per la sicurezza nazionale sotto Clinton, un giorno dovette fronteggiare una delegazione di attivisti dei diritti umani che gh mettevano sotto il naso le prove del massacro degh hutu in Ruanda. «Signori - rispose - è una cosa terribile ma i miei telefoni non stanno squillando!». Dagli armeni ai curdi, dalla Cambogia al Ruanda, da Srebrenica al Kosovo: le «voci dall'inferno» sacrificate alla geopolitica, che «interviene selettivamente» solo quando sono in gioco interessi fondamentali I curdi popolo senza Stato, tra le «Voci dall'inferno» di S. Power Samantha Power Voci dall'inferno. L'America e l'era del genocidio trad.diN.Mataldi Baldini Castoldi Dalai pp. 834,222.60 SAGGIO
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