Un trionfo di M. Mo.

Un trionfo Un trionfo Conquistati nove Stati sui 10 in palio dal corrispondente a NEW YORK «Sono un combattente e combatterò». Con questa promessa il senatore John Kerry ha salutato migliaia di sostenitori in Massachusetts al termine di un Super-Martedì che gli ha garantito una messe di vittorie e di delegati che gli assicura praticamente il successo nella convention che si terrà a Boston alla fine di luglio. Ha conquistato nove Stati su dieci, ovvero tutti tranne il Vermont - che ha votato a sopresa per l'ex govematore Howard Dean - incluse le roccaforti liberal di New York e della California. Volando oltre quota 1200 delegati la nomination democratica è oramai in cassaforte anche perché l'unico serio rivale rimasto in lizza - il senatore del North Carolina John Edwards - non essendo riuscito a conquistare neanche uno Stato ha gettato la spugna con una conferenza stampa ieri pomeriggio nel proprio collegio elettorale, assicurando che sarà al fianco del candidato-presidente «per rendere l'America un posto migliore». Nel discorso pronunciato martedì sera Kerry si è rivolto per la prima volta all'intero Paese annunciando che la sfida a George W. Bush è iniziata: «Per oltre 30 anni sono stato in trincea e in prima linea nella difesa dei valori dell'America, giuro di dire la verità su ciò che avviene nel nostro Paese e di battermi per restituire alla nazione il futuro e le sue speranze». Ed ai ranghi del partito ha ammesso che sarà una campagna dura, dove non vi sarà esclusione di colpi: «Di fronte a noi abbiamo lunghi mesi di sfide e sforzi, siamo consapevoli che la macchina da guerra repubblicana ci attaccherà come ha fatto in passato ma so anche che, uniti, saremo all'altezza del compito». Il nemico da battere è Bush «che ha curato gli interessi dei facoltosi e dei privilegiati, che si è alienato gli alleati e che ha diviso l'America». Ed il richiamo è a Bill Clinton. «Voglio essere il secondo presidente nero», ha detto Kerry richiamandosi alla definizione che la scrittrice Toni Morrison diede dell'ultimo democratico che ha guidato la Casa Bianca. Il riferimento a Clinton ha fatto circolare a Washington voci sulla possibilità che possa essere lui il vicepresidente. Kerry ha messo al sicuro la nomination con voti plebiscitari in Maryland, Connecticut, Rhode Island, Massachusetts, California e New York prevalendo anche -in Ohio, Minnesota e nella Georgia, dove Edwards aveva sperato di vincere fino all'ultimo. Negli ultimi 40 anni solo ad Al Gore era riuscito a diventare candidato-presidente dopo il Super-Martedì. Adesso «SuperKerry» - come è stato ribattezzato dalla tv Cbs - guarda ai prossimi otto mesi come ad una maratona disseminata di ostacoli e di insidie. A volere una gara-maratona sono stati i vertici del partito democratico, convinti che Bush sia «forse un buon presidente ma certo un pessimo candidato», incapace di resistere a pressioni e confronti per un lungo periodo. A segnare l'inizio del duello è stata ima inattesa telefonata del rivale Bush che, una volta acquisiti i risultati, gli ha telefonato facendogli le congratulazioni per le «vittorie decisive» e dicendosi sicuro che la campagna darà vita ad un «dibattito vivace». Fino ad ora Kerry ha goduto i frutti della scelta di Bush di restare ai margini delle primarie, da oggi i repubblicani inizieranno la campagna di spot tv e la campagna entrerà nel vivo. [m. mo.]