La comunità marocchina incontra l'inviata del re di Francesca Paci

La comunità marocchina incontra l'inviata del re AL «LIGURE» LA CONVOCAZIONE DEL MINISTRO DELL'IMMIGRAZIONE La comunità marocchina incontra l'inviata del re Una rappresentanza degli oltre 20 mila cittadini del paese nordafricano ha potuto esporre a Nezha Chekrouni, rappresentante di sua maestà Mohammed VI, i problemi che i connazionali vivono nella nostra città Francesca Paci Che volto ha la comunità marocchina di Torino? Le statistiche danno i numeri: 15.761 adulti, 4834 minori, 268 over sessanta. Per incontrare i Mustafà e le Souad che ogni giorno gareggiano con noi nella ricerca dei pomodori più sugosi ed economici al mercato di Porta Palazzo ma sfumano come fantasmi nell'indistinta folla degli stranieri, bisogna passare un pomeriggio nel foyer dell'hotel Jolly. Arriva in città madame Nezha Chekrouni, ministro dell'Immigrazione di sua maestà re Mohammed VI. Ha convocato i connazionali fuggiti dalla miseria delle periferìe di Casablanca e loro sfoderano per lei il vestito migliore. Il completo gessato da film hollywoodiano, la lunga palandrana della preghiera, il borsalino sulle ventitré. Gli invitati iscrivono il nome alla lista degli oratori e prenotare cinque minuti di celebrità davanti alla donna che nel primo pomeriggio ha visitato il Ferrante Aporti, il carcere minorile dove 9 dei 32 baby-detenuti vengono dal Marocco. «Tre ore di ritardo», sospira Mohammed rassegnato alla «concezione araba del tempo», mentre una delegazione dì bambini in abito tradizionale sciama per la sala. L'orologio ha un ritmo diverso quando vivi vent'anni lontano da casa senza prospettiva di ritomo: le porte scorrevoli dell'hotel scivolano rapide e madame Chekrouni con la fluente chioma bruna è già sul palco a raccogliere gli applausi della maggioranza laica e dei religiosi che la preferirebbero velata. Eccola la comunità marocchina, molteplice e contraddittoria come quella ospite. C'è Rachida Hamdi, 32 anni, lettrice di arabo alla facoltà d'orientalistica di Palazzo Nuovo. «Vorrei che il ministero ci mandasse libri in lingua originale e videocassette». Torino non fa abbastanza? Tutt'altro, replica lei che indossa il velo come negli atenei francesi non potrebbe fare più. «Solo che l'immigrato vive attra¬ verso la sua cultura». Sembrerà strano rispetto alle code della speranza davanti alla Questura in attesa del permesso di soggiorno. Eppure, sapete cosa domanda Souad Benkhdim, presidente dell'associazione Dìafa Al Maghreb? «La cittadinanza marocchina oltre a quella italiana per i figli dei matrimoni misti». Souad segue i minori in difficoltà e conosce i rischi della perdita d'identità. Microcriminalità, spaccio e uso di.droga, fanatismo religioso. Il ministro invita la platea di duecento persone all'unione contro il terrorismo e lo scrittore Mohammed Lamsuni, autore dei racconti «Porta Palazzo mon amour», rilancia: «Il ministero deve controllare i centri islamici in Italia, le persone per bene sono predominanti ma gli invasati urlano più forte». Per una volta, tocca a loro. La maggioranza silenziosa. Ouirhrane Abdellah, responsabile dell'unione commercianti marocchini e imprenditore tessile. Khadija Adly e Bachir Walkin, attori televisivi corteggiati anche dai serial italiani. Abderrahim Bendaoufà, interprete presso il tribunale. L'estetista Bepd Zohra e suo fratello fantino. Quelli che vanno fieri del loro passaporto troppo spesso calpestato dal qualunquismo. Hanno marciato un anno fa insieme a Mustafà Kobba, presidente dell'associazione italoaraba Futuro, chiedendo alle autorità torinesi protezione dalla criminalità dei connazionali. Kobba lo ricorda qui, al Jolly, stavolta è lui a strappare l'applauso di madame Chekrouni. A sinistra nella foto, Madame Nezha Chekrouni, ministra dell'Immigrazione marocchina, al suo arrivo al Ligure

Luoghi citati: Italia, Maghreb, Marocco, Torino