Dal 2008 autonomi in pensione a 61 anni

Dal 2008 autonomi in pensione a 61 anni NUOVI EMENDAMENTI AL PACCHETTO PREVIDENZA. FINI: PUNTIAMO ALfeé-Pf LEGA EftlJRp, Dal 2008 autonomi in pensione a 61 anni Bossi: «La riforma ci vuole, ma costa più di quello che incassa» Vanni Cornerò Il Senato continua la sua maratona per la riforma delle pensioni e oggi il governo dovrebbe presentare un emendamento alla delega previdenziale secondo il quale dal 2008 i lavoratori autonomi iscritti all'Inps potranno ottenere la pensione di anzianità una volta raggiunti i 61 anni, invece degli attuali 58, restando fermo il requisito dei 35 anni di contributi. Invece i lavoratori in mobilità per i quali sono stati conclusi accordi tra le parti sociali e quelli che usufruiscono di fondi di solidarietà di settore potranno andare in pensione con le regole attuali anche dopo il 2008. L'agenzia di stampa Radiocor nel dare queste anticipazioni, riferisce anche come i lavoratori dipendenti dal primo gennaio 2014 dovrebbero poter andare in pensione di anzianità solo al raggiungimento dei 62 anni. A meno che i ministri del Welfare e dell'Economia stabiliscano uno slittamento dei tempi per questo nuovo scalino, successivo ai 61 anni previsti dal 2010. Il differimento potrà avvenire nel caso in cui dalla verifica del 2013 emerga che i risparmi di spesa superino le previsioni. La stessa fonte d'agenzia riferisce ancore che un altro emendamento, questa volta sul Tfr, fisserebbe un termine di tre mesi al silenzio-assenso per decidere il conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi pensione. In altre parole al lavoratore sono concessi tre mesi di tempo, dall'entrata in vigore della legge o dalla sua assunzione, per esprimere la volontà di non trasferire la liquidazione ancora da maturare. Un altro emendamento riguarda la soppressione della decontribuzione per i neo assunti. A proposito dei tempi della riforma il vicepremier, Gianfranco Fini, ha detto che l'obiettivo del governo è approvare la delega al Senato nei prossimi venti giorni e non a ridosso delle elezioni europee. Parlando alla trasmissione televisiva «Porta a porta» Fini ha precisato: «La riforma delle pensioni non è un'iniziativa legata al programma elettorale, ma un dovere, un obbligo». Stando alla relazione tecnica ci dovrebbe essere sostanziale equivalenza della nuova proposta in termini di minori spese sul Pil. Gh effetti dal 2008 al 2050, sarebbero anche mighori nella prima fase (0,80Zo sul pil nel 2015 e nel 2016 contro lo 0,70Zo stimato nella precedente proposta), con un beve peggioramento in quella j intermedia e un successivo aliine- ''amenfo; Ma Umberto Bossi attacca: «La riforma delle pensioni è ineludibile, ma costa più di quello che incassa. Tremonti deve accreditarsi a livello intemazionale e lo capisco però a pagare sono sempre solo i lavoratori». Le parole del leader del Carroccio hanno acceso un fuoco di fila di polemiche. Perii segretario confederale della Cisl, Pierpaolo Baretta, le dichiarazioni di Bossi ha detto sulla riforma previdenziale «sono la conferma che si tratta di un castello di carta che non sta in piedi». Secondo il segretario confederale della Cgil, Morena Piccina «Bossi si sta rendendo conto dell'iniquità della riforma previdenziale proposta dal suo stesso ministro». Mentre il numero due della Uil, Adriano Musi, sostiene: «Se la pensa davvero così Umberto Bossi, per coerenza, dovrebbe lasciare il governo». Intanto oggi, dopo aver incassato il «sì» della Camera, va in Senato il decreto «Milleproroghe» che l'assemblea di Palazzo Madama dovrà convertire in legge entro domani, tempo massimo per evitare che il provvedimento possa decadere. Verso un termine di tre mesi per il silenzio-assenso con cui il lavoratore dovrà decidere se trasferire ai fondi pensione il Tfr ancora da maturare

Persone citate: Adriano Musi, Bossi, Gianfranco Fini, Morena Piccina, Pierpaolo Baretta, Tremonti, Umberto Bossi, Vanni Cornerò