TROPPI RISCHI TRA VELENI E RITARDI

TROPPI RISCHI TRA VELENI E RITARDI TROPPI RISCHI TRA VELENI E RITARDI Franco Bruni DOBBIAMO, fino a prova contraria, avere fiducia nella magistratura anche se ha iscritto Antonio Fazio fra gli indagati per un grave reato di favoreggiamento di truffa che non riusciamo ad assodare alla sua personalità umana e professionale. Dobbiamo credere che si tratti di «atto dovuto» e che, di fronte a denunce che potranno rivelarsi infondate, non vi fossero tem^i e modi diversi per provvedere né per controllare la pubblicità dell'avviso. Dobbiamo sperare sia uno dei più gravi fra i tanti costi economico-istituzionali degli scandali finanziari, in un'inevitabile fase di disorientamento, durante la quale il potere giudiziario, come quello esecutivo e legislativo, cerca di capire che cosa è veramente successo e che cosa va fatto. Una fase dove chi dice di avere le idee chiare è o uno sciocco o un ipocrita. La fiducia e la speranza sono però limitate da qualche cautela. Intanto perché abbiamo il doloroso ricordo di quanto successe a Baffi e Sarcinelli. E poi perché sono stati troppi, negli ultimi mesi, i comportamenti die hanno avvelenato il clima nel quale si dovrebbero concepire i giusti provvedimenti gestionali e legislativi. La politica non ha resistito alla tentazione di cercare demagogicamente il consenso dei risparmiatori impauriti e colpiti dagli avvenimenti. Le autorità di vigilanza, compresa la Banca d'Italia, hanno difeso il loro operato e il loro ruolo nell'assetto esistente, senza contribuire alle istanze di riforma. Se l'avviso che ha colpito il Governatore è solo un atto dovuto d auguriamo che egli rimanga al suo posto. Ma avrebhe potuto agire da protagonista nel promuovere il cambiamento di alcuni aspetti delruolo e dell'organizzazione della Banca d'Italia, compresa la lunghezza del suo mandato che ad alcuni pare in contrasto addirittura col Trattato Uè. Si è invece chiuso in difesa e ciò ha nuociuto al clima del quale adesso potrebbe risultare vittima. Anche alcune banche hanno peccato di eccesso di autodifesa. In questo clima il disegno di legge sulla riforma della tutela del risparmio ha tentato di essere sereno e bipartisan, ma è stato reso affrettato e disordinato anche da qualche suo intento inopportunamente punitivo. E c'è u pericolo che, proprio per questo, in Parlamento si incagli anziché migliorarsi. Con esso tarderebbero anche i provvedimenti più ui-genti, che riguardano la govemance delle banche e delle imprese, le funzioni di controllo interno e di certificazione estema. Qual è il rischio di condurre male l'intera vicenda, alimentando la sfiducia? Un tempo si sarebbe detto quello di una crisi finanziaria, la fuga dai depositi, l'inceppamento del sistema dei pagamenti. Forse le cose sono cambiate e il vero problema è più subdolo, solo apparentemente meno grave. Sono in pericolo la funzionalità e l'efficienza del sistema creditizio, con gravi conseguenze di diverso tipo. Un aumento dell'avversione al rischio (finanziario e giudiziario) delle banche e dei mercati può portare a un pericoloso razionamento del credito. Paradossalmente può succedere anche il contrario: che i banchieri divengano più esitanti nel ridurre il credito a chi scoprono non esseme più degno, per non venir accusati di usare informazioni privilegiate per sfuggire dai rischi. Può bloccarsi l'innovazione finanziaria perché ogni sofisticazione viene messa nel calderone degli imbrogli. Tutti, secondo il loro ruolo, esecutivo. Parlamento, magistratura, burocrazia finanziaria, opinione pubblica, devono contribuire ad evitare che un'occasione, drammatica ma preziosa, di ripensamento e di riforma delle regole e del governo della finanza, si trasformi nell'implosione del mercato dei capitali al grido di «dagli all'untore». franco.bruni@uni-bocconi.lt

Persone citate: Antonio Fazio, Franco Bruni, Sarcinelli