Allione e Brunod, due chitarre per una «fusion» rinnovata di Marco Basso
Allione e Brunod, due chitarre per una «fusion» rinnovata LE NUOVE INCISIONI DEI MUSICISTI Allione e Brunod, due chitarre per una «fusion» rinnovata Marco Basso Tra i più svariati idiomi del jazz quello che maggiormente annaspa alla continua ricerca di un'identità e di un pubblico affezionato, sembra essere la fusion. Dopo una felicissima stagione negli Anni '70, quando la spinta innovativa è venuta meno, ha conosciuto periodi di stanca. La contaminazione con il rock è vista dai puristi con diffidenza, mentre altri la ritengono eccessivamente cerebrale, pura manifestazione di tecnica sopraffina cui viene meno lo spirito ruggente del rock. Oggi la fusion sembra esercitare nuovo interesse, grazie alla felice stagione del nuovo r&b, al maggior credito di cui gode il rap. all'incremento di funky e soul che si ascolta attualmente. Due chitarristi di nobile lignaggio, leader delle loro rispettive band, sono recentemente usciti con due notevoli ed. Si tratta di Andrea Allione e Maurizio Brunod. Il primo, con «Edgeless», è più legato al jazz per sonorità e idioma, pur manifestando una verve attuale. grazie alla felice ritmica di Andrea Raise, batteria. Luca Russo, basso, Alessandro Chiappetta, chitarra e all'apporto al sax del suo vecchio amico Andrea Ayassot. Forte dell'esperienza prettamente jazzistica di Enten Eller, gruppo la cui fama da tempo ha varcato i confini nazionali, Brunod si sbizzarrisce con «Elettrostatica» in un vocabolario di suoni che attingono da tutta la sua esperienza e passione, stimolato dal drumming di Elvin Betti, che jazzista non è, ma affronta dopo anni di militanza rockettara (da Aeroplani Italiani ad Amici di Roland passando per Rratelli di Soledad) la nuova avventura con entusiasmo e sapiente tecnica e dal basso di Guido Marchegiano: insieme stendono un possente tappeto ritmico, ricco di figure e variazio ni ammiccanti. Recentemente presentato al Gilgamesh, il Uve era arricchito dalla presenza del dj Marco Foresta e dal percussionista cubano Chiquitico Despaigne; peccato mancasse Carlo Actis Dato, col suo saggio sax, che nel disco completa, impreziosendolo, il tris d'ospiti.
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