Un'altra globalizzazione è possibile

Un'altra globalizzazione è possibile NECESSARIA (SEBBENE NON SUFFICIENTE) PER RISOLVERE I PROBLEMI DELLA POVERTÀ: PURCHÉ SIA GOVERNATA Un'altra globalizzazione è possibile Joseph S. Nye STA diventando difficile per . le organizzazioni economiche intemazionali incontrarsi senza attrarre folle che protestano contro la globalizzazione. Alcuni capi dei no global, come Lori Wallach, attribuiscono metà del proprio successo al concetto espresso al Wto del novembre 1999 a Seattle per cui «filosoficamente non è né necessario né accettabile che la democrazia scarseggi nell'economia globale». Quando le venne fatto notare che il Wto era composto da governi eletti democraticamente, la Wallach replicò: «Tra qualcuno che è stato eletto effettivamente e il direttore generale del Wto c'è così tanta distanza che di fatto lui e il suo staff non rispondono a nessuno». Alcuni sottolineano al contrario che il Wto è un'organizzazione debole, con un piccolo budget e un piccolo staff, altro che governo mondiale. In più, le istituzioni intemazionali tendono a essere molto condizionate dai governi nazionali, che sono la vera fonte della legittimazione democratica. Altri dicono che la questione della democrazia è irrilevante, perché le organizzazioni intemazionali sono solo strumenti per facilitare la cooperazione tra Stati. Sospetto che questi argomenti non siano abbastanza in un mondo di politica intemazionale in cui la democrazia è diventata l'unica fónte di legittimazione. Anche se queste organizzazioni sono deboli, le loro risorse possono avere effetti potenti. E i no global hanno ragione nel dire che mancanza di trasparenza e rappresentatività spesso indeboliscono la legittimità. Bisogna davvero pensare a norme e procedure per governare la globalizzazione. La globalizzazione è guidata da due forze: una è la tecnologia e l'altra le decisioni pohtiche. Quindi è reversibile? La risposta è «sì» in un senso, «no» nell'altro. La tecnologia è iireversibile, le decisioni pohtiche no. Ci sono stati periodi in cui la globalizzazione ha fatto marcia indietro: il livello di integrazione economica del 1914 non fu più raggiunto fino al 1970. La prima guerra mondiale fermò la globalizzazione del XIX secolo, e a ciò contribuì anche la crisi degli anni 20 e 30. Karl Polanyi, nel libro La grande trasformazione, sostiene che quello che è davvero successo con la globalizzazione del XIX secolo è che l'economia ha surclassato la politica. Nel senso che il «laissez faire» economico aveva creato disparità sociali talmente grandi da dare origine ai grandi disagi sociali del XX secolo e a fascismo e comunismo, che entrambi contribuirono grandemente allo smantellamento del- la globalizzazione economica. Non che io mi aspetti oggi la stessa reazione, certo però il precedente è inquietante. Io credo che la globalizzazione non sia sufficiente per risolvere i problemi della povertà, ma sia necessaria. Se non mi credete, pensate a una nazione che abbia prosperato chiudendo le frontiere. Non ce ne sono. L'altra cosa importante è che anche se si ferma la globalizzazione economica, non si fermano le altre forme di globalizzazione. Dopo il 1914 per esempio la globalizzazione militare ha accelerato. Lo stesso si può dire per la globalizzazione ambientale: basti pensare al riscaldamento terrestre o al virus dell'Aids. Insomma, c'è il rischio che una cattiva politica fermi i tipi buoni di globalizzazione e lasci prosperare quelli cattivi. Ecco perché la gente chiede un governo della globalizzazione: certo non può esserci un governo mondiale nel vero senso della parola, ma qualche forma di governabilità a livello sovranazionale esiste: un po' come il Borghese gentiluomo di Molière che parla in prosa senza saperlo. Non mi riferisco solo alle Nazioni Unite, ma a centinaia di organizzazioni sovranazionali nel campo del commercio, del traffico aereo, della metereologia, del sistema postale. Il problema è la legittimazione di queste organizzazioni, problema collegato alla democrazia. I no global sostengono che in questo campo c'è un «deficit di democrazia»: il termine è nato con riferimento al Parlamento europeo e non si trasferisce bene in un contesto mondiale. È già abbastanza difficile parlare di controllo parlamentare nell'Ile, è quasi impossìbile pensare a un parlamento mondiale. Il parlamento degli uomini di Tennyson era una grande poesia vittoriana ma una pessima analisi politica. Bisogna essere realisti: la democrazia esiste nelle nazioni, dove esiste un senso di comunità politica. Solo così la minoranza accetta il volere della maggioranza. A livello globale, pensate davvero che la gente accetterebbe di essere messa in minoranza in continuazione dal voto di due miliardi e mezzo di cinesi e indiani? Credo proprio di no e penso che bisognerebbe guardare il problema da un'altra prospettiva. La democrazia esiste negli Stati nazionali e le istituzioni internazionali sono strumenti dei governi nazionali. Qual è dunque il problema? Intanto che non tutte le nazioni sono democratiche. Poi che esiste una lunga catena di deleghe fra i rappresentanti democraticamente eletti e i capi di queste organizzazioni. Infine, e soprattutto, queste istituzioni sovranazionali non sono collegate agli Stati, ma solo a parte degli Stati. Per esempio il Wto è un club di ministri del commercio. Il Emi è un club di ministri delle Einanze. Sono persone che rappresentano gli stessi interessi in diversi paesi ma spesso non hanno sensibilità per i problemi a essi collegati. Sono molto efficienti nel commercio, ma non per quel che riguarda i temi del commercio e del lavoro, o del commercio e dell'ambiente. Insomma alcune perplessità sono più che giustificate. Io non ho le risposte ai molti problemi che oggi pone la globalizzazione. Non credo che le abbia nessuno di noi. Ma c'è un metodo che userei nell'affrontare questi problemi. 1. Innanzitutto dovremmo cercare di costruire organizzazioni intemazionah che minimizzino il conflitto con le democrazie nazionali. Dobbiamo proteggere la democrazia nazionale il meglio possibile perché è solo a questo livello che esiste veramente. A questo proposito mi pare che il Wto sia un buon esempio: se una maggioranza democratica in uno Stato membro del Wto vuole ritirarsi da un accordo intemazionale può, deve solo pagare una penalità: questo significa che le necessità democratiche inteme occasionalmente possono prevalere, senza distruggere il sistema di reciprocità del commercio intemazionale. 2. Se la democrazia vive a livello nazionale, una parte della soluzione deve incominciare proprio h, a livello degli Stati. Per esempio la Danimarca ha messo in atto procedure migliori di tutti gli altri Stati dell'Ue per informare il Parlamento di quel che succede a Bruxelles. Ricordando che nulla vieta che un governo decida di aggiungere alla sua delegazione commerciale un esperto di ambiente o di lavoro. 3. Bisogna fare più chiarezza su cosa intendiamo per rappresentanza democratica. Non significa che ognuno debba essere eletto direttamente, non c'è nulla nella teoria della democrazia che lo richieda. 4. Si possono anche usare strumenti non di rappresentanza democratica. Il mercato, per esempio. Non è democratico ma la sua insistenza sulla trasparenza e certezza legale può influenzare e aiutare a rafforzare la democrazia. 5. È molto importante aumentare la trasparenza. Un processo più aperto aiuta i legislatori e il pubblico a capire cosa succede. 6. Soprattutto dobbiamo sperimentare di più. Abbiamo tutta una serie di istituzioni che si sono sviluppate negli ultimi cinquant'anni. Adesso sono state messe in discussione. Non c'è nessuna ragione per cui non dobbiamo inventare altri modelli. Basta pensare all'Organizzazione intemazionale del lavoro, che è molto antica, risale al 1918, è l'unica organizzazione intergovernativa tripartita. D'altra parte un esperimento molto interessante è l'Intemational Corporation on Assigned Names and Numbers (Icann) che governa l'assegnazione degli indirizzi Internet. Alcuni degli organizzatori sono assunti, altri sono stati eletti direttamente dagli utenti di Internet. Questi sono solo suggerimenti. Non c'è mai un'unica risposta alle domande chiave. Ma il bisogno di sviluppare risposte è assolutamente essenziale. Negare il problema e non considerare le analogie di politica intema non è una buona strada. Abbiamo bisogno di cambiamenti nei processi che permettano più gioco alla politica e che traggano vantaggio dalle molte forme di rappresentatività che esistono nelle democrazie moderne. Se non sviluppiamo risposte, l'opinione pubbUca cadrà in preda ai demagoghi. E sarà peggio per tutti. Le istituzioni intemazionali sono troppo importanti per lasciarle in mano ai demagoghi. U n' immagine delle dimostrazioni no global al vertice del Wto del novembre 1999 a Seattle

Persone citate: Joseph S. Nye, Karl Polanyi, Lori Wallach, Wallach

Luoghi citati: Bruxelles, Danimarca, Seattle, Stati