Solidarietà all'istituzione ma il governatore è isolato

Solidarietà all'istituzione ma il governatore è isolato L'INIZIATIVA DELLA PROCURA DI TRANI ED IL PRECEDENTE DI BAFFI E SARCINELLI DEL 1979 Solidarietà all'istituzione ma il governatore è isolato «ruha"5òllà~di'sapone»; si continuava a ripetere ièntft i corridoi dell'istituto e nelle tante telefonate che viaggiavano tra le varie sedi retroscena Stefano Lepri ROMA QUESTA è una bolla di sapone» è la frase che più gira tra i corridoi della Banca d'Italia, che viaggia nelle telefonate tra le sue diverse sedi. I nemici quanto gli amici del governatore Antonio Fazio dentro l'istituto ritengono assurdo che gli possano essere addebitate responsabilità nell'imbroglio dei titoli «My Way». Si ironizza anche sul fatto che l'avvocato denunciante sia un ex politico condannato per lo scandalo delle «carceri d'oro». Ma l'iscrizione nel registro degli indagati di Trani coglie Fazio in un momento di isolamento, di diffuse recriminazioni contro il suo modo di gestire la Banca, da molti giudicato troppo unilaterale e accentratore. Non era così al tempo dell'unico precedente che si registri di coinvolgimento giudiziario, quando nel 1979 l'allora vicedirettore generale Mario Sarcinelli venne sbattuto nel carcere di Regina Coeli, per poi essere prosciolto nel più limpido dei modi. C'era anche allora una battaglia politica in atto, ma occulta, mai dichiarata; e c'era come governatore Paolo Baffi, che nessuno osava attaccare apertamente. Baffi poi si dimise, non potendo sopportare nemmeno l'ombra di un sospetto, e uscì a testa alta. Nel 1979, parlando con dirigenti e dipendenti della Banca, si avvertiva una solidarietà orgogliosa e piena con il vertice messo sotto accusa dalla Procura di Roma. Oggi tutti difendono l'istituzione, ritenendola ingiustamente sospettata allo stesso modo di 25 anni fa; ma si ascoltano anche critiche al modo scelto da Fazio per rispondere agli attacchi. Certe sue frasi il cui senso è stato facilmente esagerato o frainteso, sulla scarsa rilevanza dimensionale dei crack nell'economia italiana, sui «quattro soldi» perduti, paiono a più d'imo dei boomerang. Sul caso «My Way», il 24 luglio in Parlamento il governatore si era detto certo che «non era stata violata la legge, ma l'etica». Ossia, i promotori della Banca 121 avrebbero venduto un prodotto finanziario legittimo senza spiegare le sue vere, e rischiose, caratteristiche. «Avevamo avviato indagini sul caso già dall'estate 2002» fanno sa'pere i collaboratori di Fazio. Questo è agli atti, nella lettera che Fazio scrisse in risposta alla lettera inviatagli dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti il 5 maggio 2003 dove appunto si faceva cenno a «My Way». Già prima di essere sollecitato dal ministro, il governatore aveva espresso in pubblico delle preoccupazioni: il 25 marzo 2003, a un convegno dell'Associazione bancaria, aveva ammonito «in modo fortissimo» a «evitare il ripetersi di errori» ossia di mancanza di etica professionale nei rapporti con i risparmiatori. ((Abbiamo rispetto per l'autorità giudiziaria, tutto sarà chiaro in poco tempo» si dice ora in Banca d'Italia, rivendicando «assoluta linearità e correttezza»; dall'indagine di Trani sembra emergere che il Monte dei Paschi, acquirente nel febbraio 2000 della Banca del Salento, divenuta poi «Banca 121», fu indotto da bilanci falsi a pagare un prezzo troppo alto. Il Mps ha poi rimosso l'allora direttore generale Vincenzo De Bustis, responsabile dell'acquisto, e ha esaminato finora un po' più di metà dei reclami giunti dai risparmiatori, respingendone circa un terzo e indennizzando tutti gli altri. Poteva fare di più la vigilanza della Banca d'Italia sulle aziende di credito? Magari nell'ispezione al Montepaschi che fu avviata nel maggio 2001? Tutti, in via Nazionale, sono convinti di no. Diversi, però, ammettono che per assicurare una migliore tutela dei risparmiatori le leggi attuali si sono mostrate lacunose e possono essere cambiate. Proprio per questo qualcuno teme che sia controproducente per la Banca l'ostinazione con cui Fazio cerca di mantenere al suo posto, nonostante ima sentenza del tribunale del lavoro ne imponga il pensionamento per limiti di età, il direttore della Vigilanza bancaria Bruno Bianchi. Due sigle sindacali autonome, la Falbi-Confsal e il Sibc-Cisal, hanno già avviato le procedure per uno sciopero contro la decisione di non sostituire ancora i tre dirigenti superiori. Bianchi e altri due, che hanno raggiunto l'età della pensione. Non pensano che la questione sia grave al punto di scioperare gli altri sindacati, ma il loro linguaggio è duro. Le nomine inteme non possono «dipendere dagli umori e dalle simpatie personali» dice Omero Papi, segretario del sindacato interno dei dirigenti aderente alla Cida, perché «nominando nuovi dirigenti non può succedere proprio nulla». Al centro delle critiche una gestione della banca «troppo unilaterale» Scontro coi sindacati per le nomine dei dirigenti SSÉsàsS^S^^SSSSi La sede della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma

Luoghi citati: Roma, Trani