YACHTSMEN all'italiana

YACHTSMEN all'italiana TALIANO YACHTSMEN all'italiana la storia Fiorella Mìnewino IN Italia fu il primo, nella Genova «anglomane» del 1879, anche se Napoli nel 1873 vantò una Società di Regate, presieduta dal principe di Moliterno, con 35 velieri, ma dissoltasi nel giro di sei anni. Cento recalcitranti velisti, dopo immani discussioni, infiniti dinieghi, molteplici ritrattazioni, incaUiti scontri, accettarono di istituire il Regio Club Italiano, oggi Yacht Club Italiano. Ora compie 125 anni e martedì lo celebreranno, annunciando le regate dell' anno, a Milano, a Palazzo Clerici, il presidente Carlo Croce, nipote d'un fondatore e figlio del «Signore della vela» Beppe Croce (per decenni presidente del club e nel 1969 primo europeo non anglosassone eletto dell' IYRU, 1'«International Yacht Racing Union»), Marco Tronchetti Provera, velista appassionato, proprietario del «Kauris HI», Paolo Zegna, sponsor per le Regate di Portofino, e tante altre celebrità. Sarà l'occasione per sfogliare la storia della vela italiana, avventura in ritardo nei tempi, ma che ha saputo imporsi nel mondo. Perchè proprio a Genova il primo Club? Per il Dna che lega i liguri al mare e appunto per le smanie di anglofilia tipiche dei genovesi. Così sostiene Carlo Croce, il quale rammenta come esistesse pure un club per il cricket. Nulla, allora, di più inglese della parola «club», che pare nascere dal bastone per giocare a golf, si dilatò agh altri giochi e infine divenne 3 luogo d'incontro dei giocatori. Ebbene, i genovesi, buoni ultimi rispetto ai venerati inglesi (il primo Club, «Water of Cork Harbour», risabva al 1720), ebbero come promotore, oltre al tenace cavalier Enrico Peirano con l'elegante «Atalanta» quale barca da diporto, e Beppe Croce, soprattutto Vittorio Augusto Vecchi, giomahsta che scriveva di mare sul «Fanfulla» a Roma, con lo pseudonimo di Jack La Bolina, il quale non si risparmiò in articoli e determinò la nascita del gruppo. Vecchi compare nel!' elenco dei soci fondatori nell'Annuario del Regio Club d'Italia, anno 1912, accanto a conti, principi, marchesi, al 99"posto, come «Vecchi signor Vittorio Augusto (Jack la Bolina)». Dapprima presidente, ma ritenuto di serie B, venne praticamente scaricato e se ne andò a fondare la Lega Navale Italiana. Terrorizzati dalle spese, i genovesi fecero entrare la torinese Società Canottieri Cerea, che sborsò le lire dovute, a patto - si legge nei verbali di un loro consiglio - di ottenere una sezione per il remo. Proposta accettata con promessa solenne. Poi, avuti i soldi, il remo sparì. Il Club si impose regole ferree all'inglese: nessun armatore poteva toccare scotta, cima o altro, il tutto era affidato a professionisti e allorché cominciarono le regate (il nome nasce dalla veneziana «Rigada», allineamento in riga delle barche prima della partenza) talune prevedevano premi in denaro. Tra i gentlemen era gara incessante nel portarsi via i mighori timonieri, come per i fantini. «Non è cambiato nulla - aggiunge Croce -. Il nostro mondo attuale diprofessionsti, da molti criticato, fu sempre lo stesso. Il Duca degh Abruzzi, Luigi di Savoia, velista accanito, nel 1902 per vincere la Coppa di Francia con lo splendido "Artica" di 12 tonellate aveva preso il timoniere a Voltri, strapagandolo per l'epoca». NelTSOO la Liguria possedeva cantieri che costruivano gozzi, non barche da diporto (il termine «yacht» affiorò la prima volta nel 1551 in «L'Histoire de la Marine Francaise», di derivazione nordeuropea: «yaga» danese e tedesco, «yagt» svedese e olandese e «yat» in lappone, dal significato di «cacciare veloce»). Comparve a Livorno Byron con il suo «Bolivar» mentre il poeta Shelley, tra nebbie improvvise, scomparve su un minuscolo yacht al largo delle Cinque Terre. A Genova approdò nel 1869 un elegante «stream-yacht»: il proprietario, Fred Bronn, l'aveva acquistato dal Principe di GaUes. Poi, il console britannico a Genova, Yeats Brown, volle che fosse l'italiano Oneto a costruirgli un «cutter», il «Black Tulip». Questi i precedenti, poi vennero personaggi quali il temerario capitano Enrico D'Albertis, che doppiò Capo Nord. Verso il 1870 a bordo del «Violante» e poi «Corsaro», su disegni di Luigi Oneto, si avventurò in imprese eccezionali. Scrisse nel diario di bordo che all'isola di Salina, gli abitanti, «ritenendoli Figli d'Albione, h salutavano nell'idioma inglese». Non solo fu uno tra i più convinti dei 100 fondatori, ma, avendo militato nella Regia Marina, a lui si deve «Regio» davanti a Club. Le prime regate furono a La Spezia e vennero immortalate da «L'Illustrazione Italiana». Nel 1896 cominciò la GenovaPortofino, nel 1897 la «Settimana delle Regate Intemazionali di Genova», dal 1898 divenute «Coppa Italia», con il trofeo donato da Re Umberto I per soUecitazione del Duca degli Abruzzi, il quale, dopo il trionfo di «Artica», riuscì a richiamare importanti barche francesi. Miglioravano i cantieri Paglietto, Oneto, Bava, Costaguta, tanto che molti venivano dall'estero per farsi costruire le barche, mentre si aggiungevano nuove sezioni, tra cui La Spezia, Trieste, Napoli. Con la Prima guerra mondiale tutto si interruppe. Ma subito dopo le regate ripresero. Le barche erano caratterizzate da nuove tecniche e materiali: il duralluminio, l'uso del genoa al posto dei tre fiocchi a prua dell'albero, l'introduzione del winch (il verricello per regolare le vele). Notevole fu la diffusio¬ ne della vela tra le due guerre mondiah, con il marchese Paolo Pallavicino, in seguito presidente del Club dal '49 al '58, per il quale nacque il porticciolo alla presenza del principe Umberto di Savoia, e con la sola donna celebre della vela, Virginio Hériot: nel 1924 partecipò alle Regate di Genova e la si scorge in una preziosa foto al timone del suo «Ailée». «Durante la guerra - rammenta Croce - molti tra i famosi "Maiali", i battelli-siluro che venivano utilizzati per affondare le navi nemiche, erano dello Yacht Club». Il dopoguerra registrò, specie negh Anni '50, un momento d'oro con progettisti come Franco Giovannelli e cantieri come Baghetto e Sangermani. «Genova - spiega Croce - era come Maranello oggi. Tutti, compreso Bernardo d'Olanda, venivano a farsi costruire le barche, con un indotto incredibile». Erano arrivate le classi «Star» e «Flying Dutchman» e si moltiplicarono le regate, con esponenti delle famiglie reah, tra cui Costantino di Grecia e Juan Carlos di Borbone. Beppe Croce divenne presidente nel '58, mentre le barche in plastica, meno costose, cominciarono a correre per mare. Nacque nel '63 «La Giraglia» e «Il Pazienza» di Giacomo Bruzo la vinse due volte, ma il giro di boa intemazionale lo si deve a un altro socio, Italo Monzino, con il «Mait II», che partecipò nel 1955, con la prima barca italiana, alla «Fastnet». Nacque lo Yacht Club Costa Smeralda che ebbe soci in comune con Genova. Tra i veri appassionati, va ricordato Giorgio Falck, che sul «Guia» fece il giro del mondo, Giovanni Agnelli e il fratello Umberto, entrambi soci a Genova (e l'Avvocato anche in Costa Smeralda). Carlo Croce ricorda un episodio straordinario che la dice lunga sulle smanie dei segreti nella vela. Giovanni Agnelli, Beppe Croce e lui, appena ragazzino, si recarono a Newport, negh Usa, durante le regate, perchè Agnelli volle andare dagli amici Kennedy a lanciare una nuova sfida, la Regata New York-Genova. I Kennedy h invitarono, più Carcano, abilissimo e timidissimo progettista di barche e famoso per la Motoguzzi. A tavola Agnelli chiese all' amico John Kennedy se era possibile vedere i progetti della nuova barca che stava vincendo tutte le regate. Kennedy si alzò, fece una telefonata e arrivarono due poliziotti su enormi motociclette con i progetti della splendida barca. Carcano aprì il tubocontenitore. Fu una delusione: si trattava dei primissimi quanto inutili schizzi, non certo dei disegni finali. Più tardi Jackie Kennedy, per allietare la serata, fece scendere dalle scale John John e Caroline vestiti da ballerini di tarantella in onore degh amici italiani. Trascorsi 15 giorni, giunse una gentile lettera da Newport, che in pratica consighava alla vela italiana di ripresentarsi quando fosse maturata. «Azzurra» diede la svolta, con Luca di Montezemolo che si occupò della comunicazione in modo eccellente. L'Italia si scoprì Paese di vehsti, attaccati alla tv per notti intere, come per il calcio. Per strada e nei bar si parlava di «cazzare», di rande, fiocchi e di «scarrocciare», come inveterati lupi di mare. Giovanni Agnelli, l'Aga Khan, Cino Ricci furono sotto gli occhi di tutti e il mondo si accorse dell'Italia della vela, anche se poi «Azzurra» fu sconfitta. Oggi ci sono i Wally dai colori grigi-verdi, i nuovi scafi simili a sottomarini, innovativi al massimo. «Parecchi armatori - sostiene Croce - usano la vela anche come forma di comunicazione per le proprie aziende. Di base c'è un grande amore, come fu per Cardini, che prima del "Moro di Venezia" se ne andava in giro con una piccola barca. Il ritomo è grande, perchè è un messaggio di sport pulito ed ecologico e trasmette qualità. Tuttavia, essenziale resta sempre l'amore, fortissimo, per il mare, come in Tronchetti Provera, in Bertelli con "Rolly Go", in Zegna, in Gismondi. Ci sono poi appassionati come Dario Ferrari, che con "Madina" ha fatto due volte V'Admirars Cup". Della Valle ha una bella barca d'epoca, "Candida", mentre Bassani con Wally ha introdotto una moda diversa. Il design italiano è apprezzatissimo nel mondo e cantieri come Perini vantano successi incredibili. Perfino gli americani vengono da loro per farsi le barche». Croce conclude: «Noi, romanticamente, pensiamo alla vela come l'ha vissuta Leopoldo Pirelli, che arriva quatto quatto nei weekend a Portofino, sguscia sul suo "Swan" e si gode in pace il suo mare». Una lunga storia di passione per il mare nata a Genova grazie alla preveggenza di 100 velisti anglofili «La città era come Maranello oggi Tutti, compresi i reali come Bernardo d'Olanda, venivano qui a farsi costruire le imbarcazioni» Il racconto del presidente Croce «Un incontro a Newport tra l'Avvocato Agnelli e John Kennedy rivelò le manie di segretezza che circondano il mondo della vela» Giovanni e Marella Agnelli in barca con John Fitzgerald Kennedy Marco Tronchetti Provera, grande appassionato di vela, con la moglie Afef. Nella foto a destra un momento della «Giraglia»