PARTITA FINALE
PARTITA FINALE PARTITA FINALE Luigi La Spina , FINITA la verifica come era previsto che finisse, cioè con un nulla di fatto, pensavamo cominciasse una lunga campagna elettorale, fino alle elezioni di metà giugno. Ma la politica italiana, confermando il suo alto tasso di creatività, ne ha deciso addirittura due. La prima è quella, comune in tutt'Europa, per il Parlamento di Strasburgo. La seconda, peculiarmente italiana e forse più interessante, è quella che si svolgerà all'interno dei due schieramenti di casa nostra. Il risultato del voto europeo, infatti, non provocherà, molto probabilmente, conseguenze clamorose sul governo: anche nel caso di una sconfitta della maggioranza nei confronti dell'opposizione, Berlusconi non si dimetterà, come ha recentemente confermato lo stesso premier. Il contraccolpo psicologico e politico sarebbe certo notevole, ma, per il centrodestra, ci sarebbero due anni di tempo, fino alla fine della legislatura, per sperare in un recupero elettorale. La partita che è cominciata, invece, sia nel centrosinistra sia nella Casa delle Libertà, avrà, a metà giugno, un verdetto senza appello. A sinistra, la lista unitaria riformista spera in un successo che ridimensioni il potere di condizionamento dei vari partiti e partitini «radicali». Una situazione che l'ha condannata a una sostanziale impotenza decisionale. A destra, le ultime esternazioni di Berlusconi dimostrano che ormai la sua strategia di combattimento nei confronti dell'ala moderata della maggioranza prevede un durissimo scontro frontale e chiede agli elettori del centrodestra un giudizio chiaro. Fra i partiti di governo ci sono ormai due linee inconciliabili e solo il verdetto delle urne può decidere quale debba prevalere. Pollini e Pini pensano di poter intercettare il malessere degli elettori moderati delusi dall'«estremismo» di Berlusconi, sulla giustizia, sull'assetto dell'informazione tv, sul rapporto con autorità istituzionali e di garanzia. Il presidente del Consiglio, che, nel profondo della sua mentalità, è molto più vicino a Bossi che non a Pini e a Pollini, ritiene, invece, che i motivi essenziali del suo primo successo, dieci anni fa, nel '94, siano ancora validi per poterlo replicare oggi. Anzi, che proprio il rischio maggiore per la sua leadership derivi dall'omologazione di un Berlusconi che non rappresenti più «il nuovo», con la sua carica rivoluzionaria rispetto a quelli definiti come «politici di professione». Al di là del folklore politico, le reazioni alle parole del premier dentro all'ala moderata del suo schieramento dimostrano la consapevolezza di una partita finale nella maggioranza. Ma anche i tentativi di far cambiare idea ai leader della lista riformista, in occasione del dibattito alla Camera sulla politica estera, segnalano la durezza di uno scontro decisivo pure per le sorti del centrosinistra. Con un paradosso: Berlusconi e i riformisti, in contrasto su tutto, hanno un obiettivo comune, quello di una radicalizzazione delle forze nei rispettivi campi. Alla vigilia dell'estate ci saranno, dunque, due verdetti. Chissà se i vincitori in Europa saranno gli stessi anche in Italia. E se gli sconfitti a Strasburgo potranno magari consolarsi per l'esito delle loro «primarie» a Roma.
Persone citate: Berlusconi, Luigi La Spina, Pini, Pollini
Luoghi citati: Europa, Italia, Roma, Strasburgo
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