Addio figli miei, vado ad ammazzare gli ebrei di Simonetta Robiony

Addio figli miei, vado ad ammazzare gli ebrei WERTMÙLLER PORTA IN SCENA AL PICCOLO ELISEO IL DRAMMA «LASCIAMI ANDARE, MADRE» CON LA VUKOTIC Addio figli miei, vado ad ammazzare gli ebrei Simonetta Robiony ROMA In principio era un pezzo di vita: la vita di una bambina abbandonata a quattro anni insieme al fratello più piccolo di lei da una madre che preferì andar a fare la guardiana nel lager di Birkenau, in odio agli ebrei, «razza inferiore». Poi quella vita l'ha trasformata in una testimone degli anni durissimi della guerra in Germania e nel mondo, andandone a parlare sempre più spesso in pubbhco. Infine, Helga Schneider, rimasta vedova del marito itahano, un figho solo adulto e lontano, senza radici in un paese che non era il suo, ha cominciato a scrivere libri che univano storia e narrativa. E ha avuto successo.. «Lasciami andare, madre», il più duro e il più autobiografico dei nove libri, racconta la sua vicenda di figlia di una donna che all'amore materno aveva preferito l'amore per Hitler, e i due incontri, due soli in più di cinquant'anni, avuti con la madre, indomita nazionalfascita, mai pentita né dubitosa delle sue scelte. Ora lina Wertmùller ha deciso di trasformare questo racconto in uno spettacolo teatrale con Milena Vukotic nei panni di Helga, un elfo-donna che non può staccarsi dalla sua infanzia, e Roberto Herlitzka in quelli della vecchissima madre, incapace di pentimento ma ancora avida di affetto. Debutto al Piccolo Eliseo il 24 febbraio. Scena di Job, bianca ed elegante com'era bianca ed elegante l'Austria dei primi novecento. In terra, su un orologio senza lancette, per non dare connotazione temporale al dramma, sta la madre, Roberto Herlitzka. Accanto la figlia, Milena Vukotic, alle cui spalle c'è un altro orologio, una pendola che va avanti e indietro. Musiche di Italo Greco e Lucio Gregoretti con l'intento di rifarsi più che ai musical americani o alle operette asburgiche, al cabaret tedesco e al teatro dì Brecht e Weill, tanto che per questo spettacolo la Wertmùller ha ideato un termine: music-drama. Una tragedia, quale questa è, che ha a che fare con il fanatismo ideologico e con l'infanzia negata, pare essere quanto di più lontano dai suoi interessi e dal suo cinema. «Vero e falso insieme. L'orrore in fondo mi ha sempre attratta. L'ho raccontato al cinema in "Pasqualino Settebellezze" con Giannini, e in teatro con "Nella cucina di mamma" con Isa Danieli. Solo che l'ho sempre fatto a modo mio, ricorrendo al grottesco». Anche in questo caso ha operato la stessa scelta? «Sì. Ho discusso a lungo con Helga Schneider. Lei era perplessa, ma il realismo mi pareva intollerabile. Affacciarsi sul baratro dell'animo umano ci ha sempre attratti. Il male assoluto e misterioso esercita su di noi fascino e repulsione. Portare, però, in teatro la vicenda così come è stata vissuta e raccontata mi sembrava sbaghato e riduttivo» In che senso? «Mah. C'è molto di più in questa storia. Non è solo un dramma familiare che ha pesanti risvolti psiconalitid. Né è solo la tragedia di una donna sedotta dal nazionalfascismo hitleriano. Può essere, e a mio avviso è, una analisi spietata del sentimento materno, ma soprattutto un monito contro tutti i fanatismi ideologici. Guai a quelli che agiscono per fare del bene all'umanità senza che l'umanità gliel'abbìa chiesto. Guai a chi non ha esitazioni, non si fa domande, non si pone dubbi. Megho un cattivo capace di discemere che un fanatico accecato dalla sua fede». Così come lo racconta sembra mi testo poUtico. «Il periodo che viviamo lo farebbe supporre visto che sono tanti gli integralismi che hanno rialzato il capo e si fanno violentemente sentire. Ma è piuttosto una favola nera con un cuore tenerissimo, il cuore di unabambina che vuole la mamma». La scelta di Milena Vukotic è chiara, assai meno quella di Herlitzkanei panni di una vecchia. «Intanto quando gh anni avanzano uomini e donne come alla nascita finiscono per somigliarsi: sono gli ormoni che marcano le differenze. E poi Herlitzka è un attore avventuroso, amante delle esplorazioni. Mi ripugna la moda del teatro "en travesti". Ma lui sa usare bène il suo talento drammatico volgendolo al comico e la Vukotic che è stata ballerina sa danzargli perfettamente intorno». E' la storia vera di Helga Schneider, abbandonata a soli 4 anni assieme al fratello più piccolo dalla mamma fanatica del nazismo che preferì fare la guardiana nel campo di Birkenau Milena Vukotic, e Roberto Herlitzka, un uomo, nei panni della madre nazista

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