Manca soltanto un leader per sconfiggere i mullah di Mimmo Candito

Manca soltanto un leader per sconfiggere i mullah LA POSTA IN GIOCO NELLE URNE DI TEHERAN Manca soltanto un leader per sconfiggere i mullah Il clero ha svolto un ruolo di mediazione sociale ma ha optato per l'immobilismo. Intellettuali e internet l'hanno messo in crisi analisi Mimmo Candito RISCHIAMO di non capire bene quanto sta avvenendo in questi giorni in Iran. L'avvitarsi brusco d'un processo politico che pareva destinato a cambiare il percorso della storia recente, dopo i lunghi anni bui della rivoluzione khomeinista, è seguito da ogni parte del mondo con qualche seria preoccupazione per il rilievo e l'influenza geopolitica che l'Iran ha nella regione che va dal Golfo al Medio Oriente; ma quella resistenza inattesa, quella spirale improvvisa, appaiono valutate con l'applicazione di strumenti d'analisi politica che solitamente vengono utilizzati nelle democrazie occidentali: lo scontro tra i due campi in lotta è classificato all'interno dello schema dialettico riformatoriconservatori, attribuendo ai riformatori un progetto d'incremento delle forme della democrazia, e ai conservatori una tenace opposizione ai progetti di apertura politica. C'è certamente anche questa dialettica, in quello scontro; ma c'è soprattutto dell'altro: la sorte di processi intensi di modernizzazione che, sebbene si manifestino oggi nelle forme della vita parlamentare e dell'azione politica, hanno però un prevalente valore sociale e culturale. Parlare oggi dell'Iran khomeinista come d'un Paese che stava avvicinandosi alla democrazia, ma ne è stato bruscamente respinto indietro dai conservatori, vuol semplicemente dire ridurre a una di¬ mensione di confronto tra partiti e movimenti politici una materia assai più complessa. Sono piuttosto le tradizioni d'una società antica, la sua cultura, le forme della religione, la relazione tra pratica di fede e vita pubblica, la stessa interazione tra rispetto dei ritualismi e innovazione dei rapporti sociali, sono tutte queste tensioni individuali e collettive che lo scontro politico ha messo in crisi. Contestare la centralità che il Consiglio dei Guardiani (della rivoluzione) ha nella struttura istituzionale della vita pubblica è sicuramente anche un atto politico, con profonde ricadute politiche. Tuttavia, l'apertura dello schema dei poteri che oggi disegna la Costituzione modificherebbe la gerarchia di quei poteri ma intaccherebbe solo parzialmente la relazione tra governo e società. Un antico motto iraniano dice: «Guai senza fine a te, povero imbecille, se lasci salire un mullah sul tuo asino. Ouello non scenderà dalla sella mai più, nemmeno quando l'asino sarà morto». L'Iran di oggi è l'istituzionalizzazione scientifica, metodica, applicata in ogni contesto nella vita nazionale, della «mullacrazia». Il potere dei mullah. Il clero sciita non ha mai avuto una funzione soltanto spirituale. I religiosi (i mullah) hanno sempre partecipato alla vita sociale, ne hanno guidato spesso le forme e i modi, anche con poteri forti d'intervento nella gestione dell'economia, la proprietà delle terre, imprese produttive; e nelle campagne hanno mantenuto costantemente un ruolo centrale di riferimento per le famiglie e per l'intera comunità, con un' attribuzione di poteri reali assai simili a quelli che i parroci avevano nella vecchia provincia italiana, soprattutto nell'Italia dominata dal papato o dal sanfedismo. Quando le forme della modernizzazione hanno investito aspramente gli equilibri consolidati del vecchio mondo rurale, e hanno spinto verso la «città» fiume dì emigranti intemi in cerca d'un benessere meno affidato al sole e alla pioggia, i mullah hanno avuto una funzione rilevante di stabilizzazione sociale, assorbendo nelle forme della pratica religiosa la perdita d'identità degli emigranti e il loro sconcerto di fronte a una modernità che gli appariva incomprensibile, quando non traumatica. L'accesso del clero al potere (sulla spinta d'una rivoluzione che catalizzava nell'ancoraggio alla religione la delusione del benessere non raggiunto e la crisi drammatica d'identità) ha dunque consolidato un co¬ stume già fortemente radicato nella cultura nazionale. E ha assegnato una centralità riconosciuta così anche nelle forme istituzionaU a quel potere di controllo che i mullah avevano sempre esercitato di fatto. I mullah diventavano la nuova elite dell'Iran, e la loro alleanza con i mercanti del Bazar - ai quali garantivano affari e traffici senza disturbo - cementava un potere che ha tenuto saldamente nelle proprie mani un paese chiamato all'obbligo della osservanza religiosa. Si diventa mullah con lo studio, frequentando le scuole religiose (fezyéh), e imparando il Corano e la dottrina a memoria, perché la verità non si discute, né si scopre, ma la si introietta. Lo studente, il talebéh, diventa mullah quando il suo apprendimento della dottrina appare sufficiente; la gerarchia dello studio può poi farlo diventare anche hojaloteslam, o infine ayatollah. In ultimo anche ayatollah azen, cioè Grande Ayatollah, come Khomeini (o, oggi, nell'Iraq sciita Ali al-Sistani). I mullah, il clero, sono dunque una casta - rarissimi sono i matrimoni tra figli di mullah e figli di laici - sono una classe, un potere politico, uno strumento anche di controllo sociale, dopo che la Costituzione disegnata da Khomeini ha imposto alle forme della politica la supremazia della religione. Ma la rehgione vissuta non come astratto sistema ideologico, piuttosto come struttura di tutela degli equilibri sociali esistenti, che dalla Costituzione venivano così ingessati in un immobilismo cui garantiva ogni continuità la separatezza dal resto del mondo, che l'ayatollah imponeva al suo Iran fideistico e medioevale attraverso il velayat-e faqih, in pratica la mullacrazia. La rottura di questo schema di controllo è partito dalle università, dagli intellettuali (il ruolo del professor Sorush è stato determinante) e dal movimento degli studenti. La rivendicazione d'una separazione tra religione e politica diventava di fatto la contestazione d'ima struttura di potere, che ha assunto però le forme della modernizzazione - internet e la tv satellitare hanno scardinato la chiusura delle frontiere - piuttosto che la costruzione d'una democrazia reale, sostanziale, ben al di là del diritto al voto. Non v'è dubbio che i processi di modernizzazione aprano la strada anche alla dialettica della democrazia. I Guardiani della Rivoluzione hanno voluto fermare, con le censure sul voto di ieri, un movimento che metteva in crisi il potere politico-religioso della mullacrazia; ma troveranno, prima o poi, che la società vorrà sperimentare forme nuove di partecipazione politica. Manca soltanto un nuovo leader. Ma l'asino sta ormai morendo.

Persone citate: Ali Al-sistani, Grande Ayatollah, Guardiani, Khomeini

Luoghi citati: Iran, Iraq, Italia, Medio Oriente, Teheran