Parmalat a casa chi collabora di Susanna Marzolla

Parmalat a casa chi collabora Parmalat a casa chi collabora Lasciano il carcere i contabili Bocchi e Bonici Susanna Marzolla MILANO «Mio marito sta bene, anche se in carcere ha perso 12 chili. E io? Sono felice, se così si può dire. E' difficile in questo momento esprimere le emozioni. Diciamo che va bene così, che siamo di nuovo insieme. Spero che la giustizia faccio il suo corso fino in fondo, fino a dimostrare la sua innocenza». Chi parla è Ilaria Bocchi, moglie di Gianfranco, il contabile della Parmalat che da quasi un mese sta collaborando con gli inquirenti. Ieri è tornato a casa: il gip Pietro Rogato gli ha concesso gli arresti domiciliari, visto anche il parere favorevole della procura. Rovesciando così il precedente verdetto che, alcuni giorni fa, aveva messo in forse il proseguimento della collaborazione: Bocchi, infatti, aveva minacciato di non tornare più a Collecchio nella sede dell'azienda. Dove, assieme all'ex direttore finanziario Fausto Tonna, sta aiutando la Guardia di Finanza e i revisori della PriceWaterhouseCoopers a decifrare la «fantasiosa» contabilità che ha permesso un crack da 14 miliardi di euro. E dove tornerà anche oggi: riprendendo l'abituale trantran di un impiegato casa-lavoro-casa, anche se in forme piuttosto inusuali. E' tornato a casa anche Giovanni Bonici, l'ex presi¬ dente di Parmalat Venezuela: anche per lui l'uscita dal carcere è stata motivata dall'atteggiamento collaborativo; nonché dal fatto che è tornato spontaneamente dal Sud America ben sapendo che ad attenderlo ci sarebbero state le manette. La decisione degli arresti domiciliari, la prima finora, arriva il giorno in cui alla procura di Parma si fa il nuovo punto sull'inchiesta. Si è saputo che gli indagati sono trentasei: se ne sono aggiunti quindi otto rispetto a quelli finora conosciuti. Tutti però nell'ambito della «galassia Parmalat»: funzionari e dirigenti dell'azienda, quindi, nessun banchiere e tantomeno politici. I reati ipotizzati sono rimasti quelli noti: bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e truffa; per qualcuno c'è pure l'associazione a deliquere. Si è fatto anche il conto di quanto finora si è riusciti a recuperare: 25 milioni di euro, tutti frutto di distrazione dai bilanci della Parmalat. Tutti recuperati grazie al lavoro della GdF e dell'ufficio italiano cambi, che hanno controllato una miriade contf correnti degli uomini Parmalat e dei loro familiari (per questi ultimi l'accusa è riciclaggio). Venticinque milioni sarebbe anche la cifra incassata da Paola Visconti come «liquidazione», secondo quanto aveva dichiarato lo zio, Calisto Tanzi. Falso, replica la donna, tramite il suo legale: «Quella era la cifra pattuita per la vendita della sua quota, il 30Zo, nella Coloniale. Ma ha ricevuto solo la prima rata, 3 milioni, e poi più nulla. La liquidazione per le sue attività in Parmalat è stata di un milione di euro, mezzo milione in meno di quanto pattuito». Una bella lite sui soldi incassati era proprio quanto mancava alla saga della famiglia Tanzi... Da Milano, intanto, arriva la definitiva smentita sul presunto tesoro in Svizzera da cento milioni di euro: «Non esiste - dicono in procura - e noi non possiamo inseguire le fantasie di alcuni giornali». Quello che preme ai magistrati è invece preparare con una certa urgenza il nuovo capo di imputazione, che deve essere piuttosto preciso e dettagliato: servirà infatti, assieme ad altre carte, a convincere la procura generale della Cassazione a mantenere a Milano l'indagine sull'aggiotaggio. Preparato il documento, partiranno gli inviti a comparire verso tutti quegli indaga^ ti che la procura intende portare a processo con rito immediato. Saranno solo Tanzi, i manager della Parmalat, i revisori dei conti o ci saranno anche i banchieri? Il dubbio deriva da indiscrezioni circolate in procura sul testo del nuovo capo di imputazione. Nel documento, lungo 5 o 6 pagine, vi sarebbe infatti scritto a chiare lettere che alcune banche - o meglio alcuni alti dirigenti di queste banche erano a conoscenza del grave stato finanziario di Parmalat: non le dimensioni reali della bancarotta, inimmaginabili all'esterno, ma sicuramente la posizione di dissesto del gruppo; piazzarono quindi sul mercato, ingannandolo coscientemente, dei bond che erano carta straccia. Calisto Tanzi (a sin.) con l'uomo della finanza di Parmalat, Fausto Tonna, in una foto d'archivio GLI INQUIRENTI: FINORA ABBIAMO RECUPERATO 25 MILIONI, NON ESISTONO QUEI 100 MILIONI IN SVIZZERA

Luoghi citati: Collecchio, Milano, Parma, Sud America, Svizzera