«Nessuna polemica ma no al Direttorio Il patto di stabilità resta fuori discussione» di Enrico Singer
«Nessuna polemica ma no al Direttorio Il patto di stabilità resta fuori discussione» IL DOCUMENTO «Nessuna polemica ma no al Direttorio Il patto di stabilità resta fuori discussione» Enrico Singer corrispondente da BRUXELLES Alla vigilia del vertice a tre di Berlino, spunta una lettera a sei. Un documento, dal titolo «Contributo congiunto al Consiglio di primavera 2004», che Italia, Spagna, Portogallo, Olanda, Estonia e Polonia hanno inviato alla presidenza di turno irlandese della Uè e all'esecutivo di Bruxelles. Se è vero che l'Europa dei summit a due, a tre o a quattro non è una novità, come non lo è r«Europa epistolare» - di lettere dei dieci, dei sei o dei nove è piena la storia anche degli ultimi mesi - questa volta l'intreccio non è davvero casuale. Chi non sarà al tavolo con Schroeder, Chirac e Blair ha voluto battere un colpo. Silvio Berlusconi, José Maria Aznar, Jan-Peter Balkenende, José Durao Barroso, Juhan Parts e Leszek Miller hanno firmato un lungo testo che raccoglie quattro vecchi e due nuovi Paesi dell'Unione attorno ai grandi problemi dell'economia: la ripresa, l'occupazione, l'innovazione, il Patto di stabilità. Tutte le fonti ufficiali assicurano che non ci sono contrapposizioni. Che i contributi - se sono costruttivi - sono sempre benvenuti. Ma è proprio per non lasciare che i «contributi» arrivino domani soltanto da Germania, Francia e Inghilterra che si sono mossi i sei. E se da una parte ci sono i «tre grandi», dall'altra c'è l'Italia - che è il quarto dei «grandi» - in compagnia di Spagna e Polonia - che sono le seconde forze della Uè - più tre «piccoli» in un'alleanza che si sarebbe cementata durante il congresso del ppe a Bruxelles. Non sarà una contrapposizione, come giurano i portavoce, ma è un segnale chiaro: nessuno è disposto a rimanere fuori dalla stanza dei bottoni. Così, in attesa di sapere quale ricetta uscirà dall'incontro di Berlino, Italia, Spagna, Polonia, Olanda, Estonia e Porto- «La ricerca e i fondi di sdevono coiil settore prEvitare oneeccessivi al pubblica viluppo nvolgere vato i e imprese» gallo indicano le loro cinque priorità. Il Consiglio europeo che si terrà a metà marzo a Bruxelles dovrà, secondo i sei, «mandare un messaggio di fiducia nella ripresa economica». Con questi obiettivi: creare più posti di lavoro, promuovere innovazione, ricerca e sviluppo, conciliare competitività e regolamentazione dei mercati, rilanciare la strategia di Lisbona per il rinnovamento dell' economia europea, riaffermare l'importanza del Patto di stabilità e di crescita che «va applicato in modo non discriminatorio». Su ogni punto la lettera si sofferma con osservazioni e suggerimenti. Come l'uso «più efficace della ricerca pubblica e dei fondi di sviluppo coinvolgendo il settore privato». O come la semplificazione delle norme dell'Unione che «devono cercare il necessario equilibrio tra gli obiettivi legittimi di regolamentazione e il loro impatto sulla competitività, cercando di evitare oneri eccessivi alle imprese». Sul Patto di stabilità, che è al centro di tante turbolenze, la posizione dei sei è che «l'impegno per politiche di bilancio sane non deve essere messo in questione» perché è un elemento essenziale della governance economica. Il Patto, insomma, va applicato. Ma «senza discriminazioni»: senza favoritismi per i grandi nei confronti degli altri. Anche questo è un segnale inviato a Berlino, Parigi e Londra. All'obiezione che la lettera sarebbe in contraddizione con l'atteggiamento assunto dalla presidenza italiana quando l'Ecofin bloccò le procedure di deficit eccessivo contro Germania e Francia, fonti di Bruxelles fanno notare che il paragrafo sul Patto di stabilità è ricalcato sulle conclusioni di quell'Ecofin quasi parola per parola. E che l'Italia ha sempre detto che il Patto non si tocca, anche se l'accento va messo «più sulla crescita che sulla stabilità». «La ricerca pubblica e i fondi di sviluppo devono coinvolgere il settore privato Evitare oneri eccessivi alle imprese»
Persone citate: Barroso, Chirac, José Maria Aznar, Juhan Parts, Leszek Miller, Schroeder, Silvio Berlusconi
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