Il morbo di Gehrig uccide un altro calciatore
Il morbo di Gehrig uccide un altro calciatore Il morbo di Gehrig uccide un altro calciatore Minghelli, ex Torino ed Arezzo, la vittima numero 34. Aveva svelato ai pm alcuni «segreti Giorgio Ballarlo TORINO Uno degli ultimi a vederlo in vita è stato Serse Cosmi, amico sincero e suo allenatore ai tempi gloriosi della doppia promozione dell'Arezzo. Sabato sera, poche ore dopo aver perso la partita con il Chievo, il tecnico del Perugia s'è messo in auto e ha raggiunto Maranello per accorrere al capezzale del suo ex giocatore, ormai moribondo. Lauro Minghelli, 31 anni, ex capitano della «primavera» del Torino di più di 10 anni fa (giocò con Bobo Vieri) e dell'Arezzo dei miracoli di fine anni '90, se n'è andato poche ore più tardi. Annientato dal morbo di Lou Gehrig, la terribile malattia che aggredisce il sistema nervoso e sta mietendo vittime fra gli ex calciatori professionisti. Sono già 34 gli atleti colpiti dal morbo, che in termini medici è definito «sclerosi laterale amiotrofica» (Sia). Da circa tre anni se ne sta occupando il procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello, che ha pure ordinato la prima indagine epidemiologica sui professionisti italiani che hanno calcato i campi di calcio dagli anni '60 ad oggi. Gli ultimi aggiornamenti, relativi al periodo 1996-2002, non sono ancora stati resi noti, ma il magistrato anticipa che «l'incidenza della Sia in quest'ultima tranche e stata maggiore rispetto a quanto ci si aspettasse». Per ora non è ancora stata provata una correlazione scientifica tra il morbo di Lou Gehrig e l'assunzione di farmaci dopanti. Sotto accusa ci sono anche gli eccessivi carichi di lavoro in allenamento e i frequenti traumi che molti atleti sopportano nel corso dell'attività agonistica. Ma dalle decine e decine di interrogatori condotti da Guariniello viene a galla un quadro desolante- il calcio era già entrato in farmacia ben prima della famosa denuncia pubblica di Zeman. L'ultimo a confermarlo è stato Ferruccio Mazzola, fratello di Sandro e figlio del grande Valentino. Nei giorni scorsi è stato ascoltato dai collaboratori di Guariniello ed ha raccontato con dovizia di particolari tutte le sostanze che gli venivano somministrate quando militava nella Grande Inter di Helenio Herrera. Come al solito il magistrato non vuole far filtrare nessun particolare, ma si lascia sfuggire una frase illuminante: «Anche in materia di doping sta cambiando il vento. Molti ex calciatori stanno incominciando a parlare, speriamo che ora si decidano a farlo anche gli atleti ancora in attività». Lauro Minghelli il suo dovere l'ha fatto. Interrogato dal magistrato torinese nell'aprile del 2001, l'ex giocatore di Torino e Arezzo ha elencato agli inquirenti le sostanze e i medicinali presi nel corso della sua breve carriera, svelando anche episodi considerati di grande interesse sui metodi di prepara¬ zione e di allenamento. Anche se in un'intervista di qualche mese fa escludeva che la malattia fosse da mettere in relazione con l'uso - imposto di farmaci dopanti: «In Italia ci sono 5 mila ammalati di Sia e solo pochi di questi sono stati calciatori. E poi se dipendesse in qualche modo dal doping ci sarebbero anche altre categorie di sportivi insieme ai calciatori. Ma soprattutto: io non ho mai fatto uso di doping». Ora il nome di Lauro Minghelli è andato ad aggiungersi a una lista già fin troppo lunga. Una formazione idealmente guidata dall'ex capitano di Genoa e Pisa, Gianluca Signorini, e composta da vecchi idoli degli stadi italiani come Giorgio Rognoni (ex Milan e Pistoiese), Guido Vincenzi (Sampdoria), Armando Segato (Fiorentina), Ernst Ocwirk (Sampdoria) e Attilio Tassi (Cremonese). Più altri, magari meno noti, di cui la Procura di Torino non ha ancora rivelato l'identità. Aveva escluso che la sua malattia potesse dipendere dall'uso imposto di farmaci dopanti Lauro Minghelli
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