L'autunno del femminismo di Francesca Sforza

L'autunno del femminismo IN GERMANIA E IN ITALIA IL MOVIMENTO DELLE DONNE SEGNA IL PASSO L'autunno del femminismo Francesca Sforza inviata a HANNOVER NON capisco se è una legge contro le donne o contro la scienza, mi sfugge la ratio»: Barbara Duden, femminista storica nel doppio senso di appartenere alla più pura tradizione femminista e di aver studiato la storia delle donne, ha letto con attenzione i principi alla base della nuova legge sulla fecondazione approvata in Italia. Le questioni bioetiche e la storia delle donne sono da sempre gli argomenti della sua ricerca (in Italia è stato ristampato da poco II corpo della donna come luogo pubblico e uscirà prossimamente H gene nella testa, entrambi per Bollati Boringhieri). La sua stanza, nelTUniversità di Hannover, all'interno del dipartimento di Scienze Politiche, è come uno si immagina la stanza di una studiosa: carte, fogli, libri, «le faccio leggere questa cosa, aspetti, Iho già data a una mia studentessa, adesso la ristampo». E lei, classe 1942, è come uno si immagina una femminista: occhi curiosi di ragazza, gonna lunga fino ai piedi, capelli lunghi raccolti sulla fronte, niente trucco, niente finta, una grande sciarpa etnica al collo. «È sorprendente - dice Barbara Duden - La Germania sta andando verso una progressiva liberalizzazione della ricerca sugli embrioni. Gran Bretagna, Francia e Spagna già sono più avanti. L'Italia, invece, sta prendendo una strada tutta sua». Come mai secondo lei? «Inutile negare che ci sia, nel caso italiano, una forte influenza della Chiesa, che da sempre difende la priorità degli embrioni. Strano però che né le lobby scientifiche, né il movimento delle donne abbiano saputo contrastare questa tendenza». La tendenza, secondo Barbara Duden, è quella di fare dell'embrione una «cosa sacra», e di introdurre nell'opinione pubbhca «uri atteggiamento sentimentale nei confronti di un materiale da laboratorio». Affare «pericoloso» - agjgiunge - «perché nel lungo termine la gente finirà per convincersi che la vita comincia in un laboratorio». E invece i piani andrebbero distinti: «Una cosa sono le persone, intese come uomini donne e bambini già nati, per cui bisogna utilizzare le categorie dell'etica, e un'al¬ daritUna manifest tra cosa sono i materiah di laboratorio, per cui bisogna invece ragionare politicamente. Qui i piani sono tutti confusi». Barbara Duden non è un'integralista della fecondazione artificiale. Pensa invece che a fianco delle tecniche di laboratorio bisognerebbe occuparsi di intensificare il lavoro sulle pohtiche sociah: «Tra le tante ragioni che spingono una donna a servirsi della fecondazione artificiale c'è il fatto che sempre più di frequente il momento della gravidanza viene rimandato. C'è da pensare agli studi, poi a trovarsi un lavoro, poi a mantenerlo. Non è un segreto che gravidanze e posti di lavoro, per lo più, si escludano a vicenda». Ma se la società civile e il dibattito politico hanno raccolto così poco il messaggio femminista non sarà arrivato il momento di fare un po' di autocritica? La Germania, proprio in questi giorni, ricorda i trent'anni del «Tomatenwurf», il lancio di pomodori con cui la giovane Sigrid Rueger interruppe la relazione del compagno Krabi al circolo degli studenti socialisti di Francoforte segnando l'inizio ideale del movimento femminista tedesco. Frau Duden, trent'anni dopo, cosa rimane delle battaghe femministe? «Questo per me è un tasto molto doloroso. Noi femministe, se guardiamo indietro, dobbiamo ammettere ^he le cose che volevamo hanno assunto, oggi, un volto inumano. E non era questo quello che volevamo». Un esempio? «Prendiamo l'aborto. Negli anni Settanta la nostra richiesta era: de-criminalizziamo l'aborto. Lo stato, però, non ha realizza¬ Scw^ov* ^hicke Sg to alcuna de-criminalizzazione nel senso di dire "va bene, l'aborto è un affare delle donne". Ha invece sospeso la sanzione, col risultato che oggi ima donna può abortire solo dopo aver sostenuto un colloquio che la informa su cos'è la vita che sta crescendo dentro di lei, sulla sofferenza del feto che viene ucciso e via dicendo. Ciò che avviene dunque nei fatti non è una de-criminalizzazione dell'aborto, ma un cambiamento forzato dell'auto percezione della donna tramite un colloquio di consulenza. Per di più con l'approvazione pubblica. Come direbbero gli americani: "So What?", che senso ha?». Ma c'è un altro aspetto del fallimento, che riguarda questa volta la generale accettazione delle donne e dei loro problemi nella società civile: «Prendiamo l'esempio delTUniversità - dice Barbara Duden - Siamo più donne a insegnare negli atenei, studentesse e studenti si distribuiscono in modo più equo, in tanti curriculum accademici troviamo riferimenti agli studi sul genere, ma l'istituzione non è cambiata neanche un po'. Al contrario. Marianne Weber (moghe del so^ax e antesignana del femminismo in Germania, ndr) diceva: "Le cose cambieranno quando ci faranno partecipare". Invece non era affatto vero! Il prezzo è troppo alto, e nei fatti coincide con un'automutilazione! Io funziono come i colleghi maschi». Innegabile, però, che ci sia stata una maggiore uguaglianza tra i sessi. «H problema è che noi chiedevamo di avere stessi diritti - dice ancora Duden -ma oggi ci ritroviamo con un concetto di emancipazione che si è ridotto, a .un fatto statistico. Pensavo ohe in Italia fosse diverso, che il tentativo di dar vita a una politica femminile più intelligente e più "estetica" fosse riuscito megho che altrove. Certo, poi ci sono leggi come questa che mandano indietro tutto». Eppure in Italia le femministe ci sono, parlano, si incontrano, scrivono sui giornali e pubblicano libri. Ma è come se tante intelligenze, al contatto con la realtà del dibattito pubblico, perdessero improvvisamente la voce. «Sì - osserva ancora Barbara Duden - forse c'è bisogno di altre voci, di intellettualità più frizzanti e forse di un po'più di cuore». Scw^ov* daritatmitden S^hicke Una manifestazione di femministe tedesche