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«Riprodurre gli uomini? Non lo faremo mai» di Paolo Mastrolilli
«Riprodurre gli uomini? Non lo faremo mai» WOO SUK HWANG, IL PROFESSORE COREANO AUTORE DELLA SCOPERTA «Riprodurre gli uomini? Non lo faremo mai» Lo scienziato: tutti i Paesi devono vietarlo per legge, ok solo all'uso terapeutico intervista Paolo Mastrolilli NEW YORK mala DESTA scoperta apre la porta alla sconfìtta di molte [attie finora incurabili. Però c'è un pericolo autentico: la nostra tecnica può essere usata anche per la clonazione riproduttiva degli esseri umani. Noi siamo assolutamente contrari a questo sviluppo, e perciò sollecitiamo tutti gli stati ad adottare al più presto delle leggi per vietarlo». Il professore Woo Suk Hwang, parlando con i giornalisti durante un'audioconferenza organizzata da Seattle dall'American Association for the Advancement of Science, non nasconde né i vantaggi, né i rischi del suo risultato. Lui, insieme al collega Moon Shin-yong della Seoul National University, è l'autore prin¬ cipale dello studio pubblicato dalla rivista Science. Come ci siete riusciti e quali vantaggi medici potrebbe portare il vostro esperimento? «Questi sono gli embrioni umani più avanzati prodotti finora con la clonazione. Il nostro approccio apre la porta all'uso delle cellule staminah speciali che abbiamo creato per i trapianti. Possono essere indirizzate alla formazione di vari tessuti, e siccome contengono il genoma nucleare dell'individuo interessato, dopo la differenziazione è lecito aspettarsi che vengano trapiantate senza generare reazioni immunitarie, allo scopo di curare malattie degenerative». La vostra è una tecnica di clonazione terapeutica, ma non potrebbe essere utilizzata anche a scopo di riproduzione? «Sì, senza dubbio. Noi siamo assolutamente contrari e non proveremo mai a farlo. Durante gli esperimenti con gli animali abbiamo incontrato così tante difficoltà e pericoli per le deformità, soprattutto negli organi intemi, che cercare di usare la clonazione per far nascere bambini sarebbe una cosa da pazzi. L'unico rimedio sicuro per prevenire questo sviluppo è che tutti i Paesi adottino subito leggi per vietarlo». La vostra tecnica, però, comporta comunque la distruzione degli embrioni creati, che secondo alcuni sono già vite umane. Come rispondete a queste obiezioni? «Come prima cosa noi abbiamo isolato gli embrioni, e non è neppure certo che se li avessimo impiantati nell'utero di ima donna e lasciati crescere, sarebbero diventati esseri umani. Comunque abbiamo discusso a lungo sulle imphcazioni etiche del no¬ stro lavoro, e ci siamo chiesti se esisteva una via alternativa per condurre la stessa ricerca. Alla fine abbiamo deciso di procedere, per dare speranza ai pazienti che soffrono». Siete disposti ad offrire le vostre cellule ad altri scienziati stranieri, ed insegnare loro la vostra tecnica? «Sì, e in realtà lo stiamo già facendo. Diversi colleghi hanno visitato il nostro laboratorio e sono rimasti impressionati dai risultati. Abbiamo già un numero sufficiente di cellule per metterle a disposizione di chiunque voglia unirsi a noi e vorremmo confrontarle con quelle già esistenti negli Stati Uniti». Avete dei progetti commerciali? «No. Naturalmente abbiamo fatto la domanda per brevettare la nostra scoperta e abbiamo chiesto al governo la licenza per proseguire gli studi. Ma il nostro scopo è solo la ricerca di base: non abbiamo alcun obiettivo commerciale». Qual è la percentuale di successo della vostra tecnica? «Per ora il 2307o. Abbiamo tentato l'esperimento con entrambi i sessi, ma è riuscito solo con le donatrici donne. Non sappiamo ancora il perché, ma cercheremo di scoprirlo». Avete già provato ad usare le cellule staminali prodotte per curare alcune pazienti? «No, perchè finora l'esperimento è stato completamente anonimo, e quindi non sapevamo a chi appartenevano le cellule. Però le abbiamo iniettate nei topi, e abbiamo visto che si sviluppavano in muscoli, ossa, ed altri tessuti che un domani potrebbero essere preziosi per fare i trapianti». Quanto tempo ci vorrà prima di arrivare all'uso terapeutico sugli esseri umani? «E' difficile dirlo, ma c'è ancora molto lavoro da fare». ÉLÉL Diversi colleghi "" hanno visitato il nostro laboratorio Abbiamo già un numero sufficiente di cellule Siamo pronti a metterle a disposizione di chiunque 99 Il professore Woo Suk Hwang
Persone citate: Hwang, Moon Shin-yong
Luoghi citati: New York, Seattle, Stati Uniti
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