La lunga storia di Ernest i Ritratto di famiglia in una caverna

La lunga storia di Ernest i Ritratto di famiglia in una caverna L BRl&C «il più grande uomo scimmia del Pleistocene» di Roy Lewis (Adeiphi) Un monito per chi è convinto che cambiare I e cose sia sempre troppo pericoloso wp|o»w p^ La lunga storia di Ernest i Ritratto di famiglia in una caverna Savina Neirotti COME le grandi storie che affondano le radici nella tradizione orale, questo libro inizia maestosamente, trasportandoci subito in un mondo pericoloso e avventuroso, dove la natura svela la sua forza: «Quando i venti soffiavano forte da nord, spifferando gelidi che la grande cappa di ghiaccio continuava la sua avanzata, noi ammucchiavamo tutte le nostre riserve di legna...». Dopo poche pagine, scopriamo che a raccontare la storia non è una voce qualsiasi, ma quella di un uomo scimmia, che però, nella migliore tradizione inglese, si chiama Ernest. Ma non preoccupatevi, non c'è solo lui, ma la sua intera famiglia, completa di zie (Aggie, Nellie e Pam) e di un simpaticissimo Zio Vanja che spesso se ne toma nella foresta, terrorizzato dai pericoli ai quali va incontro suo fratello Edward cercando di far evolvere la specie. Per tutto il libro Ernest ci racconta, parlando come un perfetto gentleman, le difficoltà e le conquiste della sua famiglia nei vari passaggi che portano gli uomini scimmia a superare le altre razze animali e a progredire. Il problema numero uno, naturalmente, è la sopravvivenza. E questo, per una specie che non ha particolari caratteristiche fisiche, diventa un vero problema di intelligenza, come spiega benissimo il padre di Ernest, vera guida di questo gruppo di cavernicoli: «Ab- biamo abbandonato gli alberi e siamo diventati predatori; eppure ci mancano i denti e la rapidità dei felini. Tuttavia, la nostra forza consiste proprio nella mancanza di specializzazione. Sarebbe retrogrado rimetterci a quattro zampe e farci crescere i canini. Felini e lupi sanno cacciare: ma che altro sanno fare? Niente di niente». Per sopravvivere innanzitutto il corpo si deve irrobvtire, per resistere agb sbalzi climatici, alle scorrerie dei predatori e per poter infine procurarsi il cibo. Questo significa cambiare alimentazione, non accontentarsi più delle piante della foresta, ma incominciare a mangiare carne, e non solo quella di lombrichi o piccoli roditori, ma anche quella di mammut, antilopi, elefanti. Ecco perché «se un animale in evoluzione ha un chiodo fisso, è lo stato della propria dentatura». insieme allo stato del suo stomaco, perché «una colite cronica è capace di minare il buonumore più radioso». Il cambio di alimentazione comporta infatti problemi di indigestione. Ma come fare a procurarsi la carne, senza essere mangiati? A loro spese gli uomini scimmia imparano il valore dell'osservazione e della conoscenza (quali sono le abitudini dei predatori?), il valore della tecnologia (utensili e manufatti), e il valore del rischio (imparare a usare il fuoco). La scoperta del fuoco segna il vero punto si svolta: è per loro la più grande salvezza, perché tiene lontano i predatori, ma il più grande pericolo, perché si «attacca» facilmente e brucia intere foreste. Imparare a convivere con la sicurezza e il pericolo diventa la sfida più alta da affrontare. Il segreto del libro sta nella sua molteplicità di registri; in modo divertente e leggero ma sufficientemente dettagliato, Lewis ci accompagna nel percorso descrivendo contemporaneamente quali sono i conflitti interni all'idea di progresso. Sono tre i piani di lettura che si intersecano: informazione e riflessione, come nella migliore saggistica, ma il più potente è forse il terzo, quello narrativo, che riesce a comunicarci il doppio livello attraverso personaggi e dialoghi e descrizioni. Così Edward, il padre, impersona la spinta evolutiva, e suo fratello Vanja la forza della natura. I figli di Edward sono a loro volta il coraggio, l'ispirazione creativa e il ragionamento e le donne rappresentano il desiderio di stabilità. Questi personaggi dialogano tra loro in modo arguto e vivace, e le loro azioni sono descritte, a volte, addirittura in tono epico: «Da lontano, vidi arrivare una bestia sconosciuta, con un occhio solo; mezzo addormentato, me la figurai come una grossa lucertola con un vulcano acceso sulla fronte, inesorabilmente diretta verso di noi: un enorme leviatano corazzato di scaglie che ci avrebbe inghiottiti nel modo più amichevole, ponendo fine all'intollerabile prova...Era mio padre, con imbraccio alzato: nella sua mano, prigioniero d'un ramo che fiammeggiava e fumava minaccioso, ricacciando indietro nella giungla di un tratto ben superiore al balzo del leone, c'era il fuoco». 5avina.neirotti@h0ldenlab.it ^^■h Bisognerebbe wlP potersi togliere e rimettere la pelliccia quando si vuole Ehi, questa sì che è una bella idea, anche se ardua A A da realizzare! Jy ^^ Vabé,vabé ™^ antilope, babbuino, gazzella... Tutta roba buona da mettere sotto i denti certo, ma che cosa avete fatto di nuovo? 55 L'attore Michael Clarke Duncan nel film «Il pianeta delle scimmie» L'attore Michael Clarke Duncan nel film «Il pianeta delle scimmie»

Persone citate: Michael Clarke Duncan, Roy Lewis, Savina Neirotti