Trent'anni di Castoro una lunga fedeltà ai maestri del cinema di Mirella Appiotti

Trent'anni di Castoro una lunga fedeltà ai maestri del cinema PROSSIMAMENTE, Trent'anni di Castoro una lunga fedeltà ai maestri del cinema 1 NCANTEVOLE rudezza. Quella ben nota di Fernaldo Di Giammatteo, uomo I di cinema principe in Italia, inventore nel 74 del Castoro, «una bestiola mite e disponibile...» dapprima collana per la Nuova Italia, poi dal '93 editrice autonoma, alla cui guida è rimasto sino al 2000 (ottimamente passandola a Renata Gorgani). Le due date, e un catalogo da 400 titoli, 213 dei quali «castori», praticamente la vita della settima arte attraverso monografie celebri, a cominciare da quel Castoro n.l dedicato da Tinazzi ad Antonioni nel 74 e più volte aggiornato, vengono ora festeggiate (oltre che domani allo spazio Oberdan di Milano in chiusura della «Settimana del cinema itahano» alla seconda edizione che ha premiato quest'anno Pater familias» di Francesco Patiemo, film meritevole quanto negletto) con un altrettanto incantevole piccolo volume intitolato Dieci.Trenta, composto da «Frammenti di corrispondenza 1974-2004», cura e presentazione di Silvia Pareti, introduzione della Gorgani e saluto del Gran Fernaldo che questa volta però sbaglia (estrema civetteria?) scrivendo: «Uno preferisce dimenticare, perché ricordare è comunque un pasticcio». Se di pasticcio si tratta, DieciTrenta è eccezionalmente saporito perché raggruppati sotto titolini tematici e giocosamente provocatori, da ((Alta fedeltà» a ((Animai House», da «Chi lavora è perduto» a «Crimini e misfatti» ecc, questi stralci di lettere formano ima specie di psicodramma, protagonisti Di Giammatteo, il burberobenefico, ossessionato dalle ((brutte» parole («odio i cinefili, chi scrive oscuro, chi usa gerghi») e i suoi collaboratori, sempre in ritardo, eternamente tallonati dal patron: «Se vuoi sgridarmi potrai farlo presso di Department of Italian, University of California» scrive disperato Guido Fink nell'84; a Sauro Borrelh, 1981 «...taci, perfido. Non lavori. Troppi festival, lo sai, fanno male. Il castoro, invece fa bene»; da Morando Morandini, 1977 «...non so più che cosa sei diventato per me: l'ombra di Banco, lo spettro-padre di Amleto, un ispettore gogoliano». Ma ci sono anche le lodi, una per tutte a Ghezzi per il suo Kubrick, 1977: «...ti ho maledetto meno del previsto (...), ti ringrazio per aver disciplinato la follia senza ucciderla...». Fermo restando per il Castoro il tema fondamentale, (non è la sola editrice specializzata del genere in Italia, parleremo presto delle altre), tra poco in libreria Mnnuario dei Cinema Italiano 2004 di Stefano della Casa, un Gianni Amelio di Emanuela Martini e un Gus Van Sant di Alberto Morsiani mentre per la collana «Le dighe» diretta da Leonardo Quaresima dedicata alle «parole chiave del cinema» arrivano il Cinema delle orìgini di André Gaudreault e Avanguardie di Francois Albera, l'editrice si allarga: 20 titoli nuovi nel 2004 per «Il castoro bambini», nato nel 99 e tra poco arricchito con i ((tascabilini»; partenza della collana filosofica diretta da EUo Franzini «Discorso Figura», i rapporti tra l'immagine e la parola. Nulla di più attuale (La retorica di Olivier Reboul e Verità dell'immagine di Franzini i due primi volumi), ma testi difficili, lontani anni luce dal ((tono piano e modesto che si addice al castoro...». Chissà se, anche all'autore più illustre, non potrebbe far bene un po' di «filosofia» femaldiana...? Antonioni, il prim Quattrocento titoli, da Antonioni ai prossimi Amelio e Gus Van Sant, un cammino ripercorso in «Dieci. Trenta», dialoghi epistolari del fondatore Fernaldo Di Giammatteo. Altre novità: i «tascabilini» del «castoro bambini» e una collana di filosofia Antonioni, il primo «Castoro» uscito nel '74 di Mirella Appiotti

Luoghi citati: California, Italia, Milano