Siamo peccatori irredimibili o possiamo salvarci? di Federico Vercellone
Siamo peccatori irredimibili o possiamo salvarci? Siamo peccatori irredimibili o possiamo salvarci? Federico Vercellone L cristianesimo è responsabile di un modello antropologico molto influente, di carattere non solo religioso ma potenzialmente universale, fondato sul senso di colpa e sul peccato. E' questa, mollo sinteticamente, la tesi argomentata in termini molti efficaci da Ugo Bonanate nel saggio La Cultura del male. Il cristianesimo, da questo punto di vista, riguarda non soltanto i credenti, i quah liberamente accolgono un modello antropologico pessimistico e negativo. Esso concerne più in generale tutti, in quanto ognuno di noi dipende storicamente, magari senza saperlo, da un'eredità mitica che pone l'accento di una colpa originaria della quale saremmo tuttavia responsabili e che ci porteremmo dietro. C'è da domandarsi chi sia il responsabile primo di questa disfatta dell'uomo e di questo talora subdolo trionfo dell'autorità religiosa. Il principale imputato è: San Paolo, il cui apostolato fu rivolto essenzialmente all'edificazione della Chiesa in quanto slabile istituzione terrena che doveva quindi garantirsi un orizzonte di guida e di comando in questo mondo. La Chiesa in questo quadro è il solo veicolo di salvezza di un'umanità che senza di essa è ineluttabilmente condannata al naufragio: sine Ecclesia nulla salus. E' bene sottolineare che ciò non coincide con l'insegnamento del Gesù storico quale si riflette nei Vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca). Nei Vangeli sinottici il peccalo compare infatti come un errore, come una redimibile infrazione della Legge del Signore che viene compiuta dall'uomo; non siamo invece posti dinanzi all'idea di una sorta di maestosa originarietà del peccalo quale viene sviluppata dall'insegnamento paolino. Il peccalo, la natura decaduta dell'uomo lo rendono, nell'ottica paolina, un essere deietto, incapace di collaborare alla propria salvezza, la quale può realizzarsi solo per iniziativa di Dio e senza che l'uomo abbia la possibilità di contribuirvi. Si tratta della famosa dottrina della salvezza che avviene esclusivamente per Grazia di Dio. "Infatti è per Grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio», rammenta Paolo nella Lettera agli Efesini. E non si tratta di una dottrina isolata ma di uno dei cardini fondamentali del cristianesimo. Alla lezione paolina si accompagna, in questo senso, al termine del quarto secolo, quella di S. Agostino il quale nella polemica con Pelagio riafferma con forza il significato della Grazia divina nei confronti di un possibile meri- lo umano nella conquista della salvezza. L'idea di colpa originaria costituisce così il principio di un dispositivo autoritario e forse rassicurante che si realizza nell' imposizione di regole morali e sociah che limitano e normano l'iniziativa umana di per sé sempre carente e irretita nell'orizzonte della colpa secondo quanto ci nrordann rum snln i Padri della Chiesa ma anche, criticamente, pensatori quali Nietzsche e Freud. L'antropologia paolina si dimostra così, nella ricostruzione di Bonanate, ben più polente di quanto non si possa ricavare dalla sola dogmatica rehgiosa tanto da determinare non solo le leggi del cielo ma anche, e forse soprattutto, queUe di questo mondo. A questa concezione si può persuasivamente opporre l'ideale di un'etica laica che rinunci alla sicurezze dei dogmi per confidare nel pluralismo e nell'ideale della finitezza e del limite. Ma si )uò anche chiedersi per contro se 'antropologia cristiana sia compiutamente racchiusa in questo quadro. L'uomo infatti cristianamente non è solo creatura caduta ma anche imago Dei. E l'uno e l'altro aspetto vanno paradossalmente insieme e forse anche insieme andrebbero interrogati. La cultura del male da San Paolo a Nietzsche, tra dogma cristiano e un'ideale etica laica Paolo di Tarso Ugo Bonanate La cultura del male Bollati Boringhieri pp.118,e 12 SAGGIO
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