Armi proibite in Iraq, Blair sulla scìa di Bush di Paolo Mastrolilli

Armi proibite in Iraq, Blair sulla scìa di Bush DOPO LA CASA BIANCA ANCHE IL PREMIER BRITANNICO APRIRÀ' UN'INCHIESTA Armi proibite in Iraq, Blair sulla scìa di Bush Rientra rallarme per i voli in America, non vi saranno altre cancellazioni Paolo Mastrolilli NEW YORK Dopo il presidente americano Bush, anche il premier britannico Blair si prepara ad aprire la sua inchiesta sulle armi di distruzione di massa mai trovate in Iraq. E sul terreno i curdi accusano la Turchia di aver organizzato il doppio attentato di domenica ad Erbil, mentre negli Stati Uniti è rientrato l'allarme per nuovi attentati usando aerei di linea. Ieri mattina il capo della Casa Bianca ha confermato così la sua intenzione di avviare un'indagine indipendente: «Noi sappiamo che Saddam Hussein aveva l'intenzione e le capacità di causare grandi danni. Sappiamo che era un pericolo, non solo per le persone del mondo libero, ma anche per la sua stessa gente, che aveva ucciso e imprigionato a migliaia. Quello che non sappiamo è come riconciliare ciò che pensavamo (sulle armi di distruzione di massa ndr.), con quello che poi l'Iraqi Survey Group ha trovato, e intendiamo verificarlo. Ma vogliamo anche guardare alla nostra guerra contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, in un contesto più ampio. Perciò, sto mettendo insieme una commisione indipendente e bipartitica per analizzare a che punto siamo, e cosa possiamo fare di meglio per combattere questa guerra contro il terrore». Quindi Bush ha pranzato con David Kay, l'ex capo dell' Iraqi Survey Group, che con le sue dimissioni e la testimonianza al Senato aveva innescato la crisi, negando l'esistenza delle armi prima della guerra. Kay potrebbe essere uno dei nove membri della Commissione, che il Presidente dovrebbe annunciare in settimana. Dalle parole di Bush si capisce la sua linea. Come prima cosa, il Presidente continua a difendere la guerra, sostenendo che era giusta anche se non si trovano le armi, indicate inizialmente come la causa principale del conflitto. Poi non ammette il fallimento delle ricerche, per non dare munizioni ai suoi avversari politici, e si limita a dire che la Commissione dovrà confrontare le informazioni originarie di intelligence con quelle che gli ispettori stanno ancora vagliando in Iraq. Infine allarga lo scopo dell'inchiesta all'intero problema dell'intelligence nella guerra al terrorismo, guardando anche all'Iran e alla Corea del Nord. Questo potrebbe servire a diluire i risultati dell'indagine, e magari addossare la responsabilità sulla Cia. Il motivo della concessione di Bush si può leggere in un sondaggio pubblicato ieri dalla Gallup. Per la prima volta la sua popolarità è scesa sotto il 500Zo, e solo il 490Zo degli americani pensa che sia valsa la pena di fare la guerra in Iraq. Secondo lo stesso rilevamento, se le elezioni si tenessero oggi, il probabile condidato democratico Kerry batterebbe il Presidente 530Zo a 460Zo. Quindi Bush ha reagito dando via libera all'inchiesta, ma l'ha avviata lui, in modo da conservare qualche potere di controllo. La scadenza per presentare i risultati, ad esempio, sarà nel 2005, dopo le elezioni, anche se Washington è la capitale delle soffiate in queste situazioni. Il senatore democratico Jon Corzine, infatti, ha già avvertito che «la Commissione dovrà indagare pure su eventuali distorsioni o esagerazioni delle informazioni, perché i soldati americani stanno ancora morendo in Iraq a causa di ciò che l'amministrazione ci ha detto riguardo l'intelligence». Il portavoce di Blair ha dichiarato ieri che «la domanda riguardo dove si trovano le armi è valida, e il primo ministro crede che a questo punto sia giusto affrontarla». Da una parte, infatti, la sentenza di Lord Hutton sul caso Kelly ha scagionato Blair dall' accusa di aver manipolato l'intelligence, e questo ora gli consente di andare a verificare perché le informazioni usate in buona fede erano sbagliate. Dall'altra, il premier deve mettersi al riparo dal rischio di risultati imbarazzanti nell' inchiesta americana. Sul terreno, intanto, il bilancio dell'attentato di domenica ad Erbil è salito a 67 morti e Jalal Talabani, capo di uno dei due partiti curdi colpiti, ha detto che sospetta un coinvolgimento della Turchia, rivale storica del suo popolo. Sul fronte intemo americano, invece, il dipartimento della Sicurezza Nazionale ha detto che per il momento non ha intenzione di cancellare altri voli: l'allarme specifico dei giorni scorsi è passato. Dirigenti dei due partiti curdi iracheni partecipano insieme a una commemorazione delle vittime dell'attentato di Irbil